LibriSottoL'ombrellone - Giugno

#Stintino, 16 giugno 2013

Carissimi,
ecco che come ogni anno in estate la rubrica di #RileggiamoConVoi diventa #LibriSottoL'Ombrellone. Quel che vi consigliamo durante le vostre vacanze o nel caldo cittadino, tra bestseller, nuove uscite, libri di nicchia, classici. Insomma, un tocco di "CriticaLetteraria" nella vostra estate.

Buona lettura!
La Redazione

CriticaLibera - EroticaMente


STEREOTIPI DELL'ECCITAZIONE FACILE

Con il rapido, rapidissimo cambiamento editoriale e la apparente caduta dell'idea di canone letterario, per cosa saranno ricordati gli anni Dieci? Poco tempo fa scrivevo della presenza inquietante della morte nei romanzi contemporanei. Fin dai poemi omerici, la morte va di pari passo con l'erotismo. E la spiegazione è piuttosto semplice: nel superamento del principio di piacere freudiano, l'eros spinge il soggetto alla ricerca di un godimento che intacca l'omeostasi fisica e mentale. E si esce dai confini della ragione, sperimentando ansanti l'oltrepassamento dei nostri limiti: i limiti della vita (con la morte) e i limiti del piacere (con l'erotismo). Che dire, dunque, della tendenza attuale? 

Mary Shelley, “Frankenstein”




Frankenstein
di Mary Shelley

1^edizione: 1818
2^ edizione (riveduta): 1831

C’è una storia d’amore che lega un poeta e una scrittrice entrambi inglesi: Percy Bysshe Shelley (1792 – 1822) e Mary Shelley (1797 – 1851)
Mary è figlia della femminista Mary Wollstonecraft, ed è cresciuta secondo i libertari principi dell’ideologia materna, Percy è sposato con Harriet, dalla quale ha dei bambini che gli verranno poi sottratti. Quando s’incontrano, Mary ha diciassette anni, s’innamorano, fuggono insieme e riescono a sposarsi solo dopo l’improvvisa vedovanza di lui. Mettono al mondo molti figli di cui solo pochi sopravvivono ai genitori. Trovano rifugio alle loro peregrinazioni in Italia, dove Percy muore tragicamente in barca a largo di Lerici. Lo bruciano sulla spiaggia di Viareggio, in puro stile romantico, lei torna in patria giurando che curerà le edizioni delle opere del marito e porterà il suo nome fino alla fine dei suoi giorni.
Lui è uno degli esponenti di spicco fra i Lake Poets, insieme a Wordsworth, Keats, Coleridge. Scrive “Ode to a Skylark” e la tragedia “the Cenci”, ma quella che lascia un graffio, una zampata, un’orma nell’argilla dell’immaginario collettivo e nella storia del fantastico è lei, Mary.

Mitteleuropa e spy-story: "Aspettando l'alba"


Aspettando l’alba
(Waiting for Sunrise)
di William Boyd

Neri Pozza, 2012
pp. 411


È appurato come il punto di svolta della storia europea sia stata la prima guerra mondiale. Le nazioni del vecchio continente, cariche di storia e cultura, decisero di dissanguarsi e alla fine nulla fu più identico a prima. Basta guardare una cartina geografica del 1919, compararla con una del 1914 e chiunque può accorgersi di un autentico terremoto. Era scomparso un mondo: l’impero austro-ungarico, la mitteleuropa. L’autentica mitteleuropa. A dettare il passo e i destini del pianeta cominciarono a essere giovani nazioni emergenti, soprattutto gli Stati Uniti d’America. Sì, perché è famoso il loro intervento nella seconda guerra mondiale, scandito dal mito di uno sbarco nelle spiagge normanne che è nell’immaginario di ciascuno grazie soprattutto al cinema. Ma non dimentichiamo che senza gli Usa, dal 1917 a fianco di Francia e Gran Bretagna, gli imperi centrali probabilmente avrebbero vinto.

Da costa a costa: una crociera tutta da ridere

Da costa a costa
di Lorenzo Bracco e Dario Voltolini
BookSprint Edizioni, 2012


Da costa a costa è un libro molto piacevole che racconta l’esilarante viaggio in crociera di due amici, lo psicoterapeuta L e il paziente D. Si tratta di un divertentissimo diario di bordo, scritto a quattro mani da Dario Voltolini (D), uno dei migliori narratori italiani contemporanei, già autore del piccolo capolavoro Forme d’onda, e da Lorenzo Bracco (L), medico di chiara fama.

Per cercare di “leccare le loro ferite” e svagarsi un po’, D e L decidono di fare assieme una settimana di vacanza scacciapensieri e, approfittando della promozione di una crociera a prezzi stracciati, finalmente partono, portandosi nel viaggio i loro modi d’essere, le loro manie e fissazioni, e i loro piccoli problemini.
D, essere sventurato e camaleontico, si trasforma in conseguenza del contesto in cui si trova: è santo quando la gente si aspetta di lui che sia santo, ubriacone quando la gente vuole che lui sia un ubriacone. E se mangia latte o latticini di mucca emette un odore di topo morto.
Il lagnoso e sfortunato L, invece, può mangiare solo cibi senza glutine e ha una gamba rotta, causa di una serie di disavventure che solo a raccontarle ci vorrebbe un altro libro.

#PagineCritiche : Caterina Corner secondo Antonio Colbertaldo

CANONE FEMMINILE CINQUECENTESCO A CONFRONTO

Storia di Caterina Corner Regina di Cipro. La prima biografia
di Antonio Colbertaldo
a cura di Daria Perocco
Il Poligrafo, 2012

pp. 218
€ 28

Il volume Antonio Colbertaldo Storia di Caterina Corner Regina di Cipro La prima biografia a cura di Daria Perocco è ricco di spunti che riguardano la concezione del canone sulla bellezza femminile del Cinquecento.
Il ritratto, assai romanzato, della vita della regina di Cipro, della donna di corte a Venezia e ad Asolo presentato da Colbertaldo invita a riflessioni che partono dalla considerazione che i giudizi espressi dall’autore risentono della sua personale volontà di attribuire alla regina qualità caratteriali esclusivamente positive, che si accompagnano a giudizi sulla bellezza estetica che appaiono in alcuni punti del racconto forzati, ma che risentono dello stile declamatorio encomiastico tipico della tradizione cinquecentesca. Caterina, infatti, viene introdotta nel racconto in modo favolistico: descritta come una fanciulla bellissima, Colbertaldo utilizza tutti gli elementi retorico stilistici per presentare la regina equiparandola al canone della bellezza femminile del Cinquecento.

Cormac il feroce

Non è un paese per vecchi
(No Country for Old Men)

Einaudi 2006 (2005)
pp. 251


Un ragazzo di diciannove anni giustiziato nella camera a gas di Huntsville per l’omicidio di una ragazzina: è una voce a raccontarcelo. Poi c’è un vicesceriffo che ha appena arrestato un tipo che se ne andava a zonzo con «un aggeggio tipo bombola di ossigeno per i malati di enfisema o qualcosa del genere». Subito dopo arriva una strage tra narcotrafficanti al confine tra Texas e Messico. Signori: benvenuti. Se lo avete visto al cinema va bene fino a un certo punto. Perché Cormac McCarthty va letto. Chi conosce la trilogia della frontiera coglierà le differenze: lì la violenza era un rumore di fondo che a volte detonava. Qui è un gigantesco e ininterrotto rombo di tuono.

#1963: Rien va - il secondo diario di Tommaso Landolfi



Rien va

di Tommaso Landolfi
Adelphi, Milano 1998

Prima edizione: Vallecchi, Firenze 1963



10 [giugno 1958]

Non energia mattinale: quotidiana. Si può giurare che io non avrei, in primo luogo messo penna in carta, e comunque cominciato a scrivere questo diario, non fosse stato per necessità (igienica). Codesto aggettivino tra parentesi è in senso letterale; non di igiene dello spirito si tratta, ma del corpo; queste qualunque pagine son quelle che mi permettono in questi giorni di sopravvivere fisicamente.
I diari letterari, nel Novecento, assumono forme e declinazioni singolari, autonome: spesso, nel misurarsi con la tradizione, scelgono la via della parodia. E Landolfi, in questo suo secondo diario dopo il ben giocoso BIERE DU PECHEUR (1953), riprende la vena del diarista, che si concluderà anni dopo con Des mois (1967). 
Il "diario" (o presunto tale) si concentra sull'estate de 1958 e prosegue, tra battute d'arresto e riprese più o meno convinte, fino al 1960. Si tratta di un diario di occasione: accompagna la nascita e la primissima infanzia della figlia Idolina, chiamata affettuosamente e ironicamente "la Minor", ma tratteggia anche il  rapporto con la moglie ("la Major") e con la paternità. Si tratta di una lotta combattuta sul campo degli affetti:  la Minor sfodera le armi della dolcezza per abbattere le difese e le riserve di papà Landolfi. Ogni piccolo progresso viene registrato dallo scrittore-diarista con incredulità: il legame genitore-figlio si sviluppa quasi suo malgrado, e non vale a nulla cercare di radiografare il rapporto. Al contrario, si stabilisce un filo strettissimo, innato e innegabile, tra i due.

"In territorio nemico". Un'intervista a Gregorio Magini

In territorio nemico può essere senza dubbio considerata una delle prove letterarie più interessanti di quest'anno.
Edito da Minimum Fax lo scorso aprile, il romanzo è frutto di una complessa operazione di scrittura collettiva (più precisamente si parla di metodo SIC, sigla che sta per "Scrittura Industriale Collettiva").
Abbiamo intervistato Gregorio Magini, fondatore e coordinatore insieme a Vanni Santoni di SIC e gli abbiamo chiesto di raccontarci il senso del metodo che hanno studiato e messo a punto per questo libro.
Dalle domande trapela tutto il mio entusiasmo nei confronti del romanzo e la curiosità verso un esperimento letterario - e anche di indagine storica - che può considerarsi perfettamente riuscito.

Per avere altre informazioni sul progetto visitate il sito di SIC o quello di Minimum Fax dove potete trovare una nutrita rassegna stampa con articoli e recensioni sul romanzo. Ai twitter addicted consiglio anche di seguire l'account @sictwit!


Non si può che cominciare con una domanda sul metodo. La differenza di SIC (Scrittura Industriale Collettiva) rispetto agli esperimenti analoghi sta nell’industrialità? Puoi raccontarlo ai nostri lettori?

#CriticCOMICS e #CritiCINEMA: Iron Man, dal fumetto al film

Iron Man: Extremis
storia: Warren Ellis
disegni: Adi Granov
prima ed it.: 100% Marvel n°79, 2011



Extremis è una storia in sei parti pubblicata per la prima volta negli USA da gennaio 2005 a maggio 2006 all'interno della testata The Invincible Iron Man, e arrivata in Italia all'interno della collana 100% Marvel raccolta in un prestigioso volume unico. La storia, molto apprezzata dai fan, ha anche ispirato la realizzazione dei tre film di Iron Man comparsi sul grande schermo a partire dal 2008 e che vedono un eccellente Robert Downey Jr. nei panni del genio miliardario playboy filantropo più famoso dell'universo Marvel.

#ScrittorInAscolto - Marco Cubeddu a Sassari




SCRITTORI A PIEDE LìBEROS  -  Incontro con Marco Cubeddu

organizzato dalla Libreria Azuni di Sassari
incontro a cura di Emiliano Longobardi
Sala Rossa della Facoltà di Scienze Politiche
21 giugno 2013, h. 18.30


Marco Cubeddu, che vive a Genova ma viene dalla sarda Ploaghe, è stato l'ultimo autore in tour per Scrittori a piede liberos, la bella iniziativa di Lìberos, che sta portando per la Sardegna autori che hanno fatto molto parlare di sé e dei propri libri più o latamente noir. Cubeddu, che è alla sua prima opera, è uscito da pochi mesi per Mondadori con il romanzo Con una bomba a mano sul cuore, più noto con l'acronimo C.U.B.A.M.S.C.
Il libro ha per protagonista uno scrittore di successo, Alessandro Spera, che scompare per dieci anni dopo aver trucidato l'amata e il compagno; la sua confessione, consegnata tra le mani di un avvocato, racchiude pensieri, avventure e un cammino intricatissimo, fino alla verità.

Invito alla lettura: Maria Candelaria Romero



Poesie di fine mondo
di Maria Candelaria Romero
Como, Lietocolle, 2010

pp. 82
€ 13


      Maria Candelaria Romero è una scrittrice argentina, la cui vita è connotata da una grande passione per il teatro. Lasciato il paese natio ancora fanciulla e dopo aver vissuto un primo esilio in Bolivia, approda in Europa nel 1979 in Svezia dove ha modo di frequentare una prestigiosa scuola d’arte drammatica, il Ginnasio d’Arte di Stoccolma. Dopo l’esperienza svedese, Candelaria Romero arriva in Spagna e qui ha modo di dedicarsi a corsi formativi di teatro e di danza e successivamente si forma presso l’Odin Teatret in Danimarca. Giunge in Italia nel 1992: fin dall’infanzia la poesia ha un profondo peso, ma è a partire dalla sua residenza in Italia che la poetica inizia ad rappresentare per lei un’importante occasione di riscatto, un mondo a cui riesce a dare un’impronta creativa e assolutamente personale. I versi inseriti nella raccolta Poesie di fine mondo esprimono un nuovo modo di raccontare l’arte, una poetica innovativa che trae linfa vitale dal vasto universo teatrale che è parte integrante della vita della protagonista. Una poesia che coniuga più linguaggi, in cui la gestualità teatrale è accompagnata all’oralità e dove il corpo e le arti  visive si compenetrano vicendevolmente.
    Anche se il testo poetico è di sua natura polisemico, il titolo della raccolta Poesie di fine mondo anticipa un leit-motiv ricorrente nei componimenti proposti: i temi affrontano le difficoltà dell’esistenza umana quando si giunge al capolinea dei propri desideri e non sempre si riesce ad andare oltre, rintracciando riposte adeguate agli avvenimenti che costellano la vita di ognuno.
Poesie quindi intrise di realtà, anche cruda a volte e che spesso terminano con questioni irrisolte; poesie che, a partire da un assunto tematico, assumono ulteriori significati simbolici o ideologici perché proiettano il lettore su itinerari di risposta assai differenti tra di loro:

Stanotte ho parlato con Dio

ci siamo guardati negli occhi

senza preghiere, né gocce di battesimo

ci siamo scambiati idee, parole

ho chiesto del suo corpo

non sempre ha risposto:

solo l’aria cambiava dei sospiri direzione.

Abbiamo parlato di te, dei sospiri del vuoto

del peso della fame che non è fame

e poi nel momento del saluto

è tornato il silenzio.

Stanotte ho parlato con Dio

senza chiamarlo per nome

è bastata la notte

un buon bicchiere di vino

il suo rosso sanguedentro.[1]

     Come si evince dalla poesia scelta, Candelaria Romero ci parla di un sogno che è allo stesso tempo un dialogo cercato con Dio: è la vicinanza tra il mondo terreno e l’irrealtà, tra gli occhi razionali e in cerca di risposte della donna e quelli di Dio che si incontrano per cercare risposte ai dubbi che attanagliano l’esistenza della protagonista. «Senza preghiere, né gocce di battesimo» l’incontro  avviene senza predisposizioni religiose o assunzioni di posizioni di antagonismo. Dal significato denotativo del testo in senso oggettivo e referenziale, l’autrice riesce a dare un senso più soggettivo ed emotivo che risale alla sfera personale dei ricordi dell’autrice e in particolare del suo inconscio.
        Si tratta di uno scambio comunicativo che cerca di riempire un vuoto e un’assenza che la scrittrice non fa intendere, ma che non risulta nemmeno importante per il significato complessivo della poesia: «una fame che non è fame», è la sete di giustizia, è il desiderio di veder realizzati i propri obiettivi, è la voglia di afferrare la felicità, sono i sogni e le speranze che spesso la notte consigliera ci permette di esternare.
     Anche Fernando Pessoa, in una sua raccolta di sonetti inglesi, offre al lettore una poetica innovativa non imperniata sulle disamine amorose, ma invece intelligentemente costruita, calibrata e orientata verso un’espressività che riesce a dare un immagine efficace della dissonanza tra l’apparire e la vera natura dell’uomo, una raccolta poetica definita «la poetica della maschera» [2].

[…] Così un pensiero fa capolino alla porta del Dubbio   
Se noi, appetto (di fronte) alla concretezza di questo mondo
Non siamo che Meri Intervalli, Assenza del Dio e
Vacuità nella reale Coscienza e nel Pensiero. 
Ma se al Pensiero è possibile tollerar tal frutto 
Perché alla Verità è reso impossibile?[3]

    Cogliamo anche in questi versi una proiezione che avvicina l’essere umano ad una porta, ad una immaginaria barriera che in questo caso sembra non aprirsi, tra il mondo terreno e l’oltre; un incontro mancato e in questo caso non cercato, in contrasto tra il corpo e il pensiero, tra la concretezza dell’essere umano legata alla concretezza del mondo che rappresenta la Verità, e l’irrealtà della coscienza e del pensiero vacuo,  una situazione umana che, pur iniziando dallo stesso punto, il mondo, sembra allontanarsi senza dare risposte credibili al senso della vita.
 La vita di Candelaria Romero viene rappresentata in poesia anche come una fiaba moderna, crudele ma al tempo stesso, il ripudio della violenza, diventa un inno alla solidarietà umana e alla pace. Le poesie non rappresentano una vera e propria denuncia diretta, ma nascono perché effettivamente sono realmente esistite.

LE ANDE – AMAICHA DEL VALLE
Triangolare il silenzio 
Cime di sabbia uniscono vento e terra.
Nel centro i sentieri
tace il corpo
la sete lascia tutto immobile.
Non corriamo più.
           Siamo sotto il tetto del Mondo[4]

    In questa poesia ambientata in una zona deserta e forse dimenticata nelle Ande in una valle argentina, si staglia l’immagine di un corpo solitario attorniato dalla sabbia che da sola è osservata come simbolo di dissolvenza, a cui invece in questi versi, viene affidato il compito di unire altri due elementi della natura: vento e terra. L’immagine della triangolatura del silenzio crea un curioso accostamento tra vento, terra e sabbia, una triade connotata dal silenzio, elementi legati quindi da un particolare rapporto. Il corpo tace perché è immobile come immobili sono gli esseri umani che non corrono più. La pluralità del verbo siamo designa una condizione che accomuna quella singola agli altri uomini della Terra;  il tetto del Mondo è anche la traduzione del nome iraniano che designa il Pamir. Interessante davvero questa lirica, e il panismo interpretativo-sintattico che vi cogliamo integra bene la stesura alle forme tematiche di natura concreta e tangibile. Una poesia che rinvia all’etnologia antropologica degli antichi riti andini. La triangolazione sugli elementi naturali rievoca  antiche formule esoteriche per l’escatologia nelle tribù sudamericane. Il silenzio può essere inteso come formula unificante degli elementi disposti sotto di esso, quasi fosse il legame del resto. Un silenzio quindi osservato come parte integrante nella natura e che ben si coniuga con quello che trapela dal corpo.
     La raccolta di Poesie di fine mondo racchiude versi scritti con un’intensa passione. Si potrebbe collocare la poetica di Candelaria  nella vasta produzione  post-moderna, una scrittura che si rivela  interessante per la nitidezza, il linguaggio scarno, non aggettivato, descrittivo, in una forma completamente «sciolta, narrante, antilirica e antiletteraria, insomma la poesia dei minimi termini». L’autrice trasmette i cambiamenti repentini dei mutamenti sociologici e psicologici dell’essere umano,  in cui può accadere, come nella poesia seguente, che i ruoli nella vita s’invertano, cambino direzione, in cui l’inverosimile negativo del passato si trasformi in una odiernità positiva.
La poesia, come afferma Novalis, è «la realtà vera, assoluta, è il nocciolo della filosofia. Là dove maggiore è la poesia, maggiore è la verità»[5].
Come nell’antico carnevale  
oggi le parti s’invertono
ciò che ieri usciva sconnesso
oggi danza composto.
La matta del panificio sorride prontamente
sa cosa voglio
sicura mi augura  buon pomeriggio
ringrazio perplessa e felice
          oggi è il nostro giorno.[6]





[1] M. CANDELARIA ROMERO, Poesie di fine mondo, Como, Lieto Colle, p. 11.
[2] F. PESSOA, Trentacinque sonetti,  Testi scelti da Mario Luzi, a cura di Ugo Serani,Firenze,  Passigli Poesia, 1999.
[3] Ivi, p. 57.
[4] MARIA CANDELARIA ROMERO, Poesie di fine mondo, cit., p. 35.
[5] NOVALIS, Frammenti di letteratura  a cura di Giuseppina Calzecchi Onesti, Firenze, Sansoni, 1950,  p.85.
[6] M. CANDELAIRA ROMERO, Poesie di fine mondo, cit., p. 21.

#IlSalotto: “Ecco le mie cinquanta sfumature d’amore”. In conversazione con Luca Bianchini


Io che amo solo te
di Luca Bianchini
Mondadori
264pp
16 €


Un matrimonio, un fratello gay, un truccatore isterico, una zia che viene dal Nord Italia, la cornice di Polignano a Mare (BA) : questi gli ingredienti del romanzo di Luca Bianchini Io che amo solo te. Una storia frizzante e leggera, perfettamente estiva. Alla trama molto lineare che si svolge in tre giorni, , la cronaca di una festa, sono i personaggi che danno colore. La vera protagonista, sorprendentemente per un matrimonio, non è la sposa, ma sua madre, Ninella. Che vede la figlia sposarsi col figlio di Don Mimì, l’uomo che ha amato da giovane e con cui non ha potuto coronare il suo sogno d’amore: ora Ninella vive una sorta di rivincita, e lo fa a testa alta, sensuale e decisa nel suo vestito rosso.
Luca Bianchini – conduttore radiofonico su Radio2 e blogger per Vanity Fair – giunge alla sua quinta prova da romanziere con Io che amo solo te. Noi l’abbiamo conosciuto a Londra, dove è arrivato per presentare il suo libro all’Italian Bookshop, in occasione della notte bianca delle librerie (leggi qui le cronache da “Lettidinotte”). Una conversazione intensa - Luca è molto richiesto e in libreria la sala inizia già a riempirsi - ma che non ci impedisce di bere un bicchiere di vino e di saperne di più su questo matrimonio.

Prima di parlare del libro parliamo di te, Luca. Come riesci a conciliare le tue varie attività e, di conseguenza, le tue personalità?

La notte bianca delle librerie: cronache da "Lettidinotte"

Per gli appassionati lettori di Italia (e non solo), la notte del 21 giugno s'è festeggiato l'inizio dell'estate con un buon libro: molte librerie indipendenti hanno fatto un'apertura straordinaria con incontri, presentazioni, letture ad alta voce, fino a originali sit-in in sacco a pelo e sette dei "poeti estinti". O ancora, gite in bicicletta da una libreria all'altra, per appuntamenti itineranti: la parola d'ordine, ovunque, è stata "leggere". Molti grandi nomi del panorama contemporaneo hanno partecipato con entusiasmo; per farne alcuni: Daniele Benati, Gianni Biondillo, Luca Bianchini, Donato Carrisi, Cristiano Cavina, Francesco Cataluccio, Giuseppe Cederna, Laura Curino, Paolo Di Stefano, Franco La Cecla, Gino e Michele, Andrea Molesini, Fabrizio Gifuni, Paolo Nori, Roberto Piumini, Rosella Postorino, Marco Rossari, Alba Rohrwacher, Sergio Rubini, Giuliano Scabia, Filippo Tuena,... 

Spazio alla fantasia per declinare in tutte le sue forme quanto leggere sia un'esperienza arricchente e divertente! 

Critica Libera: Blade Runner in salsa thai. Poi solo tempo in dissolvenza

Foto di Marco Caneschi

 Il viaggio assume aspetti destabilizzanti quando non ti lascia vivere il presente ma soltanto futuro e passato. La dimensione mezzana, tangibile, è superata da uno slancio metafisico. Uno strappo violento nel gorgo dell’attesa. La prima volta che ho visto “Blade Runner”, non avrei creduto di diventare io stesso il protagonista di una situazione riconducibile alla pellicola.

"Balcani", il felice esordio di Alessio Parretti

Balcani
di Alessio Parretti

formato cartaceo 176 pp., 10 Euro
formato elettronico 89 pp., 3 Euro

acquistabile solo online




Mostar, Srebrenica, Tuzla, Sarajevo. Nomi di città che oggi dicono poco o niente, ma che nei primi anni Novanta risuonavano quotidianamente nei telegiornali al pari di Kabul, Herat o Aleppo ai giorni nostri. Come oggi, anche allora un'Italia indifferente e distratta ascoltava i racconti degli inviati, che descrivevano la carneficina che si consumava a poche centinaia di chilometri da casa nostra.

La guerra, anzi le guerre combattute nelle ex Repubbliche Jugoslave furono in realtà una serie infinita di massacri ai danni delle popolazioni civili soprattutto in Bosnia, dove maggiore era la convivenza (forzata) fra popoli di etnie e religioni diverse. Una sequela di stragi, torture e altri orrori perpetrati nel cuore di un'Europa le cui istituzioni rimasero a osservare passivamente - talvolta forse di proposito - nell'assoluta incapacità di fermare scontri violentissimi ed episodi di sconcertante ferocia (stupri di massa, uccisioni di bambini, deportazioni) in cui ebbero un ruolo preponderante le milizie irregolari appartenenti alle diverse fazioni in lotta, costituite da elementi reclutati nelle bande criminali o addirittura tra gli ultras delle tifoserie calcistiche organizzate.
Quello che né l'Europa né l'ONU riuscirono a impedire - ma non ci fu peraltro un impegno particolarmente degno di nota - fu lo smercio nei territori bellici di tonnellate di armi e di droga, vero e proprio business miliardario che permise il mantenimento ben oltre l'attivo dei bilanci delle industrie, legali o meno, di entrambi i settori.

Schiumevolezza: che non è arrendevolezza


Gli Sfiorati
di Sandro Veronesi

Fandango, 1990
pp. 308


Volevo andare a vedere il film e mi sono ritrovato il libro fra le mani. Meglio, direi. Perché le pagine mi hanno suggerito un pizzico di sana depravazione. Mi ha affascinato indagare la schiumevolezza di cui parla Veronesi, che non è cosa da poco. Il protagonista, un giovane grafologo di nome Mete, s’intestardisce su questo concetto che la sua passione prima fa emergere poi gli fa sviscerare. Già la grafologia non è scienza per tutti, è depositato su di essa il manto occulto di certe scienze che tuttavia non scoraggia Mete. Nella Praga del Seicento gli orafi stavano con i loro alambicchi a mescolare, separare, ricomporre materiali e a distillarne il prezioso metallo. Gli alambicchi di Mete sono mentali ma il lavoro è ugualmente paziente: miscela significati e fonemi per giungere alla consacrazione universale dei segni.

#IlSalotto: un incontro siciliano con Massimiliano Scuriatti



Mico è tornato coi baffi
di Massimiliano Scuriatti
Bietti editore
130 pp.
15 €

“Curri, Micu, curri”. Così inizia la storia – semplice e delicata – di un’amicizia tra due ragazzi. Il luogo è la Sicilia, il siracusano per la precisione, e il tempo è quello della prima guerra mondiale. Una Sicilia immobile che viene raccontata in prima persona da un personaggio immobile, un ragazzo disabile che non può camminare.
Incuriositi dalla storia abbiamo deciso di parlarne direttamente con l’autore: Massimiliano Scuriatti. Originario di Augusta (SR) e residente a Milano, Scuriatti è sceneggiatore per il teatro, per il cinema e la televisione. Mico è tornato coi baffi, pubblicato da Bietti nel 2011, è il suo primo romanzo.
L’abbiamo incontrato al lungomare di Catania, in un soleggiato pomeriggio di maggio che ci ha riscaldati come se fosse già estate. E, dato che i siciliani emigrati hanno degli stereotipi da rispettare, abbiamo ordinato granite e brioches e ci siamo messi a chiacchierare:

Massimiliano parlaci di te, raccontati ai lettori di CriticaLetteraria.

Ho sempre avuto una forte passione per il teatro che è diventata lavoro. Mi sono laureato al DAMS di Bologna, fin da allora mi interessava raccontare storie attraverso il teatro e, allo stesso tempo, capire il teatro nella sua praticità. Compito difficile a volte, quando si parte da mille input. Ho lavorato molto col cabaret , poi negli anni duemila sono approdato in televisione. Ho scritto programmi per reti pubbliche, private e satellitari. Sono un narratore, e sempre di scrittura mi occupo perché questo sono le sceneggiature. Mico è tornato coi baffi l’ho scritto dieci anni fa, anche se è stato pubblicato nel 2011. Sono incredibilente contento che ci sia già una seconda edizione, e molto soddisfatto del lavoro della mia casa editrice.
Ora è un momento in cui mi sto spingendo oltre. Sto collaborando a una commedia cinematografica, ma ho anche altri progetti in mente. 

Insegnare a scuola l'amore per la lettura con Khaled Hosseini



Ci si lamenta spesso del fatto che, sui banchi di scuola, la lettura diventi un obbligo e non un piacere. Ma, dati alla mano, si tratta di un pregiudizio: la scuola resta uno tra i luoghi privilegiati per la scoperta della letteratura. Abbiamo incontrato Maria Galletta, docente di materie letterarie in una scuola secondaria di primo grado, per parlare proprio del rapporto tra libri, scuola e ragazzi.

Si può insegnare l'amore per la lettura?
Sarebbe facile rispondere di sì, ma in realtà il percorso è molto tortuoso. Al di là dell'assegnazione di determinate letture, il compito di un docente è quello di porre delle domande, stimolare la discussione su questioni irrisolte, e cercare di guidare i ragazzi affinché comincino a scavare dentro se stessi attraverso le pagine di un libro. Come potete ben immaginare, ogni ragazzo risponde a quest'invito in tempi e modi diversi.

Come funziona?
I contesti più canonici sono i laboratori di lettura e le letture "obbligatorie"; ma ritengo che i momenti più importanti siano altri, quelli che in un certo senso completano l'attività didattica, fuori da ogni obbligo. Dopo aver spiegato un determinato argomento, consiglio sempre un libro che può approfondirlo: si tratta di semplici consigli a margine, in cui si cerca sempre di non rivelare troppo, di stimolare la curiosità e il desiderio di saperne di più. L'invito rimane in sospeso, ma è sempre una bellissima sorpresa scoprire che qualche ragazzo l'ha colto e ha cominciato a leggere - o ha già divorato in un giorno! - il libro che hai consigliato.

Diceva poc'anzi che ogni ragazzo risponde in modo diverso: esiste un identikit del lettore forte già dai tempi della scuola?

La gente che sta bene: illusione ed arroganza di un antieroe

La gente che sta bene
di Federico Baccomo Duchesne
Marsilio, 2011



Due anni dopo il successo di “Studio illegale”, Federico Baccomo (meglio conosciuto come Duchesne) nel 2011 ha pubblicato un altro romanzo che richiama per ambientazione e personaggi il suo primo successo editoriale, riportando il lettore nel mondo degli studi legali internazionali di una Milano caotica, cinica e arrivista, pur sempre con quell’ironia che è il tratto distintivo dell’autore.
Abbiamo avuto il piacere di chiacchierare con Baccomo al recente festival “Tre quarti di weekend” a Pavia, ripercorrendo la strada che dal blog lo ha portato alla pubblicazione con Marsilio del primo romanzo a cui è seguito “La gente che sta bene” dal quale sarà tratto come per il libro d’esordio l’adattamento cinematografico, questa volta protagonista Claudio Bisio. Baccomo torna quindi a quel mondo da cui non solo è partita l’avventura editoriale ma anche la vicenda biografica, eleggendo questa volta a protagonista un personaggio già apparso in “Studio illegale”, Giuseppe Sobreroni (l’allora capo del giovane Andrea Campi), avvocato quarantenne sposato e con due figli; personaggio arrogante, inspiegabilmente sicuro di sé nonostante l’ombra del fallimento si faccia via via sempre più concreta, volgare, narcisista e sprezzante: eppure quasi impossibile da odiare. Nelle sue frasi fatte riempite di proverbi e massime improbabili, nella sua cieca sicurezza di sé e della propria fortuna, non proviamo neanche per un momento la tenerezza e il desiderio di protezione suscitati da un Andrea Campi, ma pur sentendo una lieve antipatia per la volgare arroganza di Giuseppe è difficile in fondo non patteggiare per lui, eroe negativo incapace di ammettere i propri limiti, le proprie colpe, eppure in grado di volgere a suo favore anche la situazione più disperata e tragica o quanto meno trovare il modo di giustificarsi, nel nome di un’appartenenza ad un gruppo eletto di “gente che non si arrende, la gente che guarda al futuro, la gente che sta bene”.

"Mi riconosci" di Andrea Bajani

Mi riconosci
di Andrea Bajani
I Narratori Feltrinelli, 2013

pp. 144
cartaceo € 12
ebook € 8,99


La tua morte ci guardava appesa alle pareti, da dentro foto incorniciate o lasciate libere sugli scaffali delle librerie. C'erano molte delle tue età disposte per la casa, i trenta, i quarant'anni, l'altro ieri. E ci tenevano d'occhio da sopra i tavolini, con le copertine dei libri che portavano il tuo nome. Dentro una copia di una tua raccolta di racconti era rimasta una matita, più o meno a metà. Sembrava ci fosse qualcuno acquattato lì in mezzo, a guardarci dal buio, la tua morte impertinente che ci teneva tutti quanti nel mirino.
Quando mi sono accostata a Mi riconosci di Andrea Bajani, reduce dalla lettura del bellissimo Ogni promessa (presto su CriticaLetteraria), avevo grandi aspettative, difficili da colmare. Perché, diciamocelo, quando un autore si presenta bene, poi ha un compito doppiamente arduo: riconfermarsi bravo e, anzi, stupire ancor più i lettori. E Bajani ce l'ha fatta, con questo libro che è al tempo stesso un commosso ricordo di Antonio Tabucchi e una grande prova metaletteraria. Già, perché al tessuto romanzesco del soliloquio-confessione di Bajani, sempre rivolto all'artista toscano, si aggiunge una riflessione più ampia sulla letteratura e sulla scrittura. Letteratura e scrittura di Tabucchi e, insieme, la propria, con le preoccupazioni, i crismi, le piccole ossessioni che ogni autore conserva più o meno intatte. 

"Gli anni belli" di Marco Proietti Mancini



Gli anni belli - Una storia d'amore a Roma tra le due guerre
di Marco Proietti Mancini
Edizioni della Sera!, 2013
pp. 418
Il cielo sopra il terrazzo, che si affaccia sulla vita che anima il quartiere San Lorenzo, è un manto infinito tappezzato di stelle scintillanti, una sorta di ponte che abbraccia passato e presente, restituendo l'antico nitore anche ai ricordi resi più tenui dall'incedere del tempo. Forse è proprio questo il pensiero che solca con maggior insistenza la mente di Benedetto, mentre il suo sguardo cattura l'essenza della vita di un rione che alla fine ha deciso di "adottarlo", lui che è un forestiero di Subiaco. Su quel terrazzo, metaforica platea della vita, che scorre sotto i suoi occhi palesando la sua vocazione popolana in un sottofondo di chiacchiere di quartiere, sulle ombre che si allungano verso la notte che verrà, Benedetto si lascia accarezzare dai ricordi di un'altra anima, quella degli abitanti di Subiaco, intrisa di quel candore tipicamente paesano, che affiorava dirompente nelle feste di piazza che si celebravano negli anni della sua infanzia, specie durante quelle rappresentazioni teatrali in cui la gente si identificava, ravvisandovi una sorta di momentaneo riscatto alle ingiustizie della vita. In quelle occasioni, l'atavico risentimento, che covava nelle masse, veniva proiettato sull'attore chiamato ad interpretare il malvagio di turno sotto una pioggia di frasi irriverenti che si sollevavano da ogni angolo della piazza, in un inconsapevole tentativo di vendicarsi, attraverso quel personaggio di fantasia, delle malefatte e dei torti subiti.

Gordiano Lupi, "Yoani Sànchez in attesa della primavera"

Yoani Sànchez in attesa della primavera
di Gordiano Lupi
Edizioni Anordest, 2013
pp 225
12, 90

Per chi è abituato a vivere in un paese libero senza nemmeno rendersene conto, leggere “In attesa della primavera”, il libro che Gordiano Lupi dedica alla blogger cubana Yoani Sànchez, è come prendere un pugno nello stomaco, un pugno che non si ritira dopo l’affondo, ma rimane conficcato a darti un sapore di fiele e di bile in bocca. Ma andiamo con ordine.
Gordiano Lupi è il traduttore ufficiale di Yoani Sànchez, da anni ne segue il blog e cura i rapporti con la dissidente attraverso contatti continui. Yoani è una filologa cubana, che, dopo un passato da piccola castrista qualsiasi, comincia a porsi delle domande. È giovane, inquieta, intelligente. Cresce in lei il dubbio, il contrasto, “l’eresia”. Perché è così che il regime castrista di Fidel prima, e di suo fratello Raùl poi, interpretano il desiderio di libertà di Yoani.
Yoani è costretta a subire le violenze di un regime affamante e liberticida, di un’autorità cieca e brutale, e soffre per Cuba, l’isola amata, la patria ferita, dove il dengue è endemico, dove le tessere del razionamento alimentare non concedono abbastanza calorie per la sussistenza eppure, una volta abolite, vengono rimpiante. Yoani studia in una “scuola di campagna”, sorta di lager dove subisce soprusi, fame e pidocchi, s’immerge nelle lettere per evadere da un presente che non le piace, sogna di viaggiare. Sarà proprio questo, il desiderio frustrato di viaggiare, ancor più dei due arresti subiti, a costituire la vera privazione di libertà, la più penosa. Per chi sa cosa si prova salendo su un aereo con l’emozione nel cuore, questa specie di arresti insulari sono un tormento.

Sogno di poter vivere in un’isola dove non si debba più chiedere il permesso per entrare e uscire. Mi illudo che in un prossimo futuro vivrò in un paese normale, che non impedirà un viaggio all’estero per motivi politici. Per il momento posso solo usare Twitter – la mia unica arma – e gridare forte: Internet e libertà di movimento per i cubani!”(pag 79)

Un addio, una sfida

Un bosco nel muro
di Alessio Brandolini
Edizioni Empiria

Leggo Un bosco nel muro di Alessio Brandolini, edito quest'anno nella collana Euforbia delle Edizioni Empiria, e subito mi vengono alla mente certi echi della ben nota école du regard francese.
Questo è un libro costruito quasi esclusivamente per visioni, composto da una miriade di micro racconti, frammentati e disarmonici, che non concorrono ad alcun reale svelamento, invero, non hanno valore, a mio dire, di semini gettati appositamente dietro le spalle allo scopo di orientarsi lungo un sentiero organico e predefinito, ma piuttosto assumono un valore pressoché assoluto, proprio come spari nel buio di un'estrema lucidità e precisione.
Dunque non simboli, non pretesti ma testi, composti tutti da polifoniche immagini nude e crude, sguardi e dettagli di puro senso, etico e estetico, tout court.
C'è il professore di fisica e l'uomo dalla lingua enorme, ci sono i viaggi e i ricordi, gli angeli e le trote, e c'è, ad aleggiare su tutti, un continuo, imperterrito sentore di finitudine, che, a ben guardare, non è proprio solo un sentore: è più una certezza, lampante e fulminea, ossessiva e ricorsiva, battente fino al punto estremo di esplosione, sia per i personaggi che per gli stessi lettori.

Povero Ricardito che è in noi


Avventure della ragazza cattiva
(Travesuras de la niña mala)
di Mario Vargas Llosa

Einaudi, 2006
pp. 362

Huachaferias. Parola chiave di questo che non è il tipico romanzo sudamericano da realismo magico seppur non manchino del tutto certe atmosfere come il capitolo su Arquimedes, il costruttore di frangiflutti. Ma non chiedetemi cosa significa visto che è espressione peruviana intraducibile. O quasi. Scrive Vargas Llosa: 
«uno dei contributi del Perù all’esperienza universale. È una visione del mondo e allo stesso tempo un’estetica, un modo di sentire, pensare, godere, esprimersi e giudicare gli altri». 
Uno dei contributi del Perù alla civiltà, niente meno. Scordiamoci per un attimo che l’autore è… peruviano e, dunque, arbitro parziale.

CriticaLibera: il silenzio di una terra verticale



Foto di Marco Caneschi

Un isolato punto di osservazione come San Biagio della Cima, a pochi chilometri da Ventimiglia e dal confine, Mediterraneo a portata di mano ma senza farsi prendere dall’ansia. Forse il sogno vero resta l’oceano. Una civitas letteraria che va da Genova - «città che volge le spalle al mare, i genovesi vogliono imitare le metropoli come Milano, si vergognano della pirateria» - a Marsiglia che non si vergogna - «e il mare entra dappertutto» - passando per la Provenza. Francesco Biamonti è uno scrittore ligure scomparso 12 anni fa. Stava lavorando al suo nuovo romanzo. Fece in tempo a scrivere un incipit che qualcuno intitolò “Silenzio” e che Einaudi pubblicò nel 2003.

CritiCINEMA: Il grande Gatsby: gli anni ruggenti ritornano al cinema



Jay Gatsby è tornato sul grande schermo ed è di nuovo Twenties mania.
Sono passati ben 39 anni (il lontano 1974) dalla più celebre trasposizione cinematografica del capolavoro di F.S. Fitzgerald che vedeva Robert Redford perfetta incarnazione di Gatsby, completi impeccabili ed eleganza innata, ed ora il mito degli anni ruggenti è di nuovo nelle sale per la regia del visionario Buz Luhrmann. A prestare anima e volto a Gatsby è questa volta Leonardo Di Caprio, ennesima prova dello straordinario talento di cui è dotato – ma misteriosamente snobbato dall’Academy awards che non lo ha mai considerato per un premio Oscar che appare invece sempre più meritato- , capace di confrontarsi con un mostro sacro come Redford e una trama notissima e inaspettatamente restituire al pubblico un personaggio dalle sfumature nuove, meno posato e misterioso del precedente ma forse più magnetico e vero.

#PagineCritiche - Vladimir Nabokov, Lezioni di letteratura




Lezioni di letteratura 
di Vladimir Nabokov, 
a cura di Fredson Bowers, 
introduzione di John Updike
Garzanti, Milano 1982 [1980]

Edizione di riferimento:  “Gli elefanti” Garzanti, 1992


         Le Lezioni di letteratura di Nabokov, finissimo letterato e autore dell’indimenticabile Lolita, sono quelle che egli tenne nelle università americane tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio dei Cinquanta del Novecento cui seguirono quelle sulla letteratura russa e sul Don Chisciotte (anch’esse pubblicate da Garzanti rispettivamente nel 1987 e nel 1989). Si tratta di pubblicazioni postume, non riviste dall’autore e tratte dai minuziosi appunti preparatori che coscienziosamente redigeva prima di presentarsi ai suoi studenti. Le circostanze che le hanno originate e la natura postuma della pubblicazione vanno tenute ben a mente, perché si rischierebbe di leggerle e giudicarle secondo criteri estranei alle intenzioni dell’autore. Le lezioni non sono saggi critici, hanno una destinazione determinata (un auditorio di giovani studenti) e si prefiggono uno scopo preciso: aiutare gli allievi a diventare o scoprirsi buoni lettori. Cionondimeno non solo qua e là fa capolino il Nabokov migliore, l’uomo sensibile, intelligente, eccentrico, affascinante, spiritoso e sorprendente, ma alla fine se ne ricava, soprattutto dalla lezione introduttiva e da quella finale, un’originale e compiuta idea di letteratura che, seppur non del tutto convincente, non manca di essere istruttiva e sommamente stimolante. Insomma se gli specialisti delle singole opere prese in esame non troveranno memorabili intuizioni interpretative, nel complesso il libro offre al lettore non specialista di quelle opere una rilettura attenta e più che soddisfacente. Parlo di opere e non di autori perché l’idea di letteratura di Nabokov privilegia di gran lunga, se non esclusivamente, l’opera su tutto quanto il resto gira intorno ad essa, a partire proprio dall’autore.

E improvvisamente comparve il signor B


Nelle mani giuste
di Giancarlo De Cataldo

Einaudi, 2007
pp. 340


Nel raccontare “I traditori” ho detto che dall’epopea risorgimentale ci portiamo dietro un tarlo che continua a divorare la nostra vita pubblica: i misteri, le trame, gli eterni problemi irrisolvibili. Giancarlo De Cataldo è indubbiamente a suo agio in questo tipo di romanzi. Non ne faccio un difetto, anzi. De Cataldo è un magistrato-scrittore che ha trovato la sua giusta dimensione letteraria. Se da grande avrà modo e voglia di dare una sterzata alla sua produzione ne vedremo gli effetti, altrimenti godiamoci queste pagine serrate e per nulla retoriche. Il salto da “I traditori” è ampio: dalla Venezia appena tornata all’Italia della fine degli anni Sessanta dell’Ottocento, al 1992 con Falcone e Borsellino e l’inchiesta Mani Pulite. Il crollo del muro di Berlino ha nel frattempo sdoganato il partito comunista, il crollo della DC toglie alla mafia il partito di riferimento in Sicilia (e non solo). Fin qui è la cronaca.

#Anteprime13 - La cronaca della terza giornata

9 giugno 2013


La terza e ultima giornata di Anteprime si è aperta con un cielo minaccioso su Pietrasanta, ma mai tanto bellicoso quanto il desiderio di cogliere al massimo i racconti dell’ultima straordinaria giornata. Anche perché, a dirla tutta, proprio in questo terzo giorno c’è stato uno dei gli incontri più belli che ha preparato un libro che metterò certamente tra i miei desiderata. Sono le 18.30 appena passate quando iniziano le battute tra Antonio Pascale e la sua editor: dopo dieci minuti, ho una curiosità accesissima per questo nuovo romanzo. D'altra parte se da Passa la bellezza il successo di critica e di pubblico è unanime, ci sarà un motivo, e basta sentirlo parlare, tra ironia logorroica e fenomenale giri di pensiero per capire che non è certo sbagliato nutrire alte aspettative per il nuovo romanzo. Sono passati sei anni dall'ultima pubblicazione, perché improvvisamente Pascale si è sentito "incerto ma non impaziente" e ha iniziato a chiedersi cosa ci fa, lui, nell'universo. 
Il nuovo romanzo, dall'efficace titolo Le attenuanti sentimentali, è molto probabilmente un primo tentativo di autofiction in Pascale (che commenta, ironicamente: "quando mi dicevano all'inglese 'autofiction' mi dicevo di no, ma poi me l'hanno pronunciata alla francese, e non ho resistito). Il protagonista è uno scrittore che cerca di fare ordine nella propria vita portando disordine in quella degli altri. Vede la vita con uno sguardo preciso, quasi scientificamente nevrotico, ma anche poetico e curioso sulle nevrosi contemporanee e sull'uso spinto della tecnologia. E poi, soprattutto, sull'amore. Pascale fa ridere tutti spiegando che la coppia monogama non nasce da chissà quali motivazioni, ma dal bipedismo; il romanticismo è cosa successiva, creata perché l'uomo vuole darsi ragioni più nobili rispetto alla biologia! 
Quindi, passa a darci un esempio della scrittura del romanzo nuovo, leggendoci come la città può essere vista dalla bicicletta: dà nuovo ritmo alla narrazione.
Una frase da ricordare:
L'amore romantico è una stupida dolcissima invenzione recente.