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Pillole d'Autore: Lewis Carroll e Pietro Citati

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Per questo appuntamento con le Pillole d'autore abbiamo tratto dei brani da due libri che dialogano tra loro. A Pietro Citati, (straordinario critico letterario, nonché autore di grande talento), nel 1969 veniva chiesto di riflettere sulla letteratura italiana dell'anno precedente, quindi di poter fare una sorta di previsione letteraria delle tendenze a venire. Per dare un'immagine precisa della sua visione della letteratura, Citati ricorre ad un episodio molto amato della storia di Alice nel paese delle meraviglie, il tè in compagnia del Cappellaio matto e della Lepre Marzolina. È in mezzo a quegli strambi discorsi che i due interlocutori principali parlano del tempo: l'una come unità di misura musicale, l'altro come di una persona vera, dal momento che nelle sue frasi il tempo viene sempre nominato in maiuscolo, come nome proprio. Poiché ha discusso col Tempo, spiega il Cappellaio, esso si è fermato alle sei di pomeriggio, l'ora del tè all'infinito. Per farvi gustare al meglio le riflessioni di Pietro Citati sulla storia della letteratura, riportiamo prima il dialogo di Alice col Cappellaio, quindi il brano del critico letterario, che non lesina anche un giudizio sull'eroina di Carroll. Il dialogo tra gli autori di tutti i tempi, secondo Citati, è qualcosa che sfida il tempo.

Dal capitolo VII di Le Avventure di Alice nel paese delle meraviglie, di Lewis Carroll
(si cita la traduzione di Bianca Tarozzi)
Il Cappellaio fu il primo a rompere il silenzio:
“Quanti ne abbiamo oggi?” chiese, rivolgendosi ad Alice: aveva estratto l’orologio dal taschino, lo stava guardando con aria preoccupata, e ogni tanto lo scuoteva, accostandolo all’orecchio.
Alice ci pensò un momento poi disse “Quattro”.
“È indietro di due giorni!” sospirò il Cappellaio. “Te l’avevo detto che il burro non andava bene per le rotelle dell’orologio!” aggiunse infuriato, guardando la Lepre Marzolina.
“È un burro di prima qualità”, rispose con aria mite la Lepre Marzolina.
“Sì, ma devono esserci infinite dentro anche delle briciole”, borbottò il Cappellaio; “non avresti dovuto spalmarlo con il coltello del pane”.
La Lepre Marzolina prese l’orologio e lo guardò cupamente: poi lo fece scivolare nella sua tazza di tè e lo guardò di nuovo: ma non gli venne in mente niente di meglio da dire e ripetè la prima osservazione: “Era un burro di prima qualità, lo sai bene”.
Alice lo aveva guardato di sottecchi con una certa curiosità. “Che buffo orologio!” osservò, “Segna il giorno del mese e non segna le ore!”
“E perché dovrebbe segnare le ore?” mormorò il Cappellaio. “Il tuo orologio ti dice che anno è?”
“Certo che no”, rispose Alice con grande prontezza; “ma questo è dovuto al fatto che un anno ci mette tanto tempo prima di cambiare”.
“È proprio quel che succede anche al mio”, disse il Cappellaio.
Alice si sentiva spaventosamente confusa. Le osservazioni del Cappellaio sembravano insensate, eppure parlavano la stessa lingua. “Non capisco”, disse più educatamente che poté.
“Il Ghiro si è riaddormentato”, disse il Cappellaio, e gli versò un poco di tè caldo sul naso.
Il Ghiro scosse la testa con impazienza, e disse senza aprire gli occhi: “Naturalmente, naturalmente; proprio quel che stavo per dire anch’io”.
“Hai risolto l’indovinello?” chiese il Cappellaio, rivolgendosi nuovamente ad Alice.
“No, ci rinuncio”, rispose Alice, “qual è la soluzione?”.
“Non ne ho la più pallida idea”, disse il Cappellaio.
“Neanch’io”, disse la Lepre Marzolina.
Alice sospirò stancamente. “Penso che potreste impiegare meglio il vostro tempo”, disse, “invece di sprecarlo con indovinelli senza soluzione”.
“Se tu conoscessi il Tempo come lo conosco io”, disse il Cappellaio, “non parleresti di lui così senza riguardo. È una persona”.
“Non so cosa vuoi dire”, disse Alice.
“Lo credo bene!” disse il Cappellaio, scuotendo la testa con disprezzo. “Ho l’impressione che tu con il Tempo non ci abbia mai nemmeno parlato!”
“Forse non gli ho mai parlato” rispose Alice con una certa cautela, “ma so di dover battere il tempo quando studio musica”.
“Ah, questo spiega tutto”, disse il Cappellaio.
“Non sopporta di essere battuto. Ma vedi, se tu ci andassi d’accordo, lui farebbe quasi tutto quel che vuoi con l’orologio. Per esempio, mettiamo che siano le nove di mattina, proprio l’ora di cominciare le lezioni: basterebbe soltanto che tu gli dicessi una parolina sottovoce, e il Tempo farebbe correre la lancetta dell’orologio in un batter d’occhio! L’una e mezza, ora di pranzo!”
(“Fosse vero!”, mormorò tra sé la Lepre Marzolina.)
“Sarebbe davvero magnifico”, disse Alice pensosamente; “ma sai, allora non avrei fame”.
“Non subito, forse”, disse il Cappellaio, “ma potresti tenerlo fermo fino all’una e mezza finché ti pare”.
“È così che fai tu?” chiese Alice.
Il Cappellaio scosse la testa tristemente. “No, io no!” rispose. “Abbiamo litigato lo scorso marzo…sai, poco prima che lei impazzisse” (e puntò il cucchiaio verso la Lepre Marzolina) “è successo al gran concerto offerto dalla Regina di Cuori, e io dovevo cantare.
Luccica, luccica, pipistrello!
Cosa combini ora di bello?
Forse tu conosci questa canzone?”
“Ho sentito qualcosa che ci assomiglia”, disse Alice.
“Poi fa così, sai”, continuò il Cappellaio, “così:
Voli in alto nel cielo lassù
Come un vassoio che non cade giù.
Brilla, brilla…”
Qui il Ghiro si scosse, e cominciò a cantare nel sonno “Luccica, luccica, luccica, luccica…”; non la finiva più, dovettero dargli un pizzicotto per farlo smettere.
“Insomma, avevo appena detto il primo verso”, disse il Cappellaio, “quando la Regina saltò su e si mise a strillare: “Lo fa per ammazzare il Tempo! Tagliategli la testa!””
“Una cosa da selvaggi!” esclamò Alice.
“E, da allora” continuò il Cappellaio in tono tetro “non vuole far più niente di quel che gli chiedo! Ora fa sempre le sei”.
Dalla raccolta di saggi Il tè del Cappellaio matto di Pietro Citati:
Quanto a me, non riesco ad immaginare la storia della letteratura come una salita o un viaggio. Credo che essa, invece, assomigli al tè del Cappellaio matto, come lo racconta il più squisito filosofo dei nostri tempi: Alice nel paese delle meraviglie. Anche in questo caso il tempo si è fermato alle sei di un pomeriggio di mezza estate: il tè è eternamente caldo nelle chicchere; e sul lunghissimo tavolo, attorno al quale stanno seduti gli invitati, qualcuno ha posato del burro freschissimo e della marmellata inconsumabile.
Gli invitati sono giunti da tutte le epoche. C'è chi è morto da migliaia di anni: chi è stato appena accompagnato al cimitero: qualche raro vivente insieme alla larva di uno scrittore ancora da nascere. Gli invitati stanno eternamente insieme: bevono lo stesso tè, imburrano le stesse tartine: qualche volta, intorno al tavolo, si formano dei gruppi, nascono delle amicizie e delle inimicizie profonde: si aprono ostilità feroci, le voci si alzano. Poi torna la tranquillità; e forse qualcuno potrebbe ascoltare il vecchio Eraclito discorrere amabilmente intorno a ciò che "si separa e di nuovo si aduna", intorno a ciò "che sorge e vien meno": intorno all'intero e al non intero, al convergente divergente, al consonante dissonante", con uno scrittore ancora da nascere: il bestseller dell'anno 1998.
Cosa stanno dicendo tutti gli altri? Canticchiano delle strofe senza senso, come il Cappellaio matto? Affrontano i massimi problemi della Metafisica o le minime questiooni dell'Abbigliamento? Confrontano le loro idee e le loro immagini, parlano di ritmi, di rime, di difficili costruzioni prosastiche, meditano, tutti insieme, una nuova moda letteraria, identica a quella che regnava a Tebe, nell'anno 1200 avanti Cristo? Per mia sventura non sono Alice: non posseggo la sua leggerezza, il suo candore, la sua meravigliosa sapienza, la sua incredibile ubiquità. Vittima del tempo e degli orologi, non ho mai assistito come lei al tè del Cappellaio matto; e non posso scrivere bilanci, previsioni, anticipazioni di nessuna specie.