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CriticaLibera - Un cimitero per i tweet?

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AVVERTENZA!!! Contrariamente alle cattive abitudini della qui presente autrice, il pezzo è un po' gotico, inquietante e apocalittico. Si sconsiglia la lettura sui vagoni dei regionali Trenitalia, nelle sale d'aspetto dell'ASL, negli atri semibui delle biblioteche del Miur, e in altri luoghi che concorrono al logoramento del buonumore. Per non rinunciare del tutto allo spirito da rapanello d'autore, si è pensato di limitare la logorrea alle note a piè di pagina (smisurate, invadenti e, dramma!, pure un po' autobiografiche).
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Capita che me lo chieda. Non so se è uno sfogo di horror vacui contemporaneo o solo lo spirito nostalgico che di tanto in tanto fa di me una portatrice (in)sana di spleen. O forse sono le ultime incrostazioni di romanticismo che faticano a staccarsi. E comunque mi chiedo: ma tutti questi Tweet che leggo, che scrivo, che retweetto e commento, ma dove diavolo andranno a finire? Informazione breve, rapida, ma anche effimera?  
Bella scoperta, direte. Ci sono fior di sociologi che si sono spesi a rifletterci, e ora non ho la pretesa di portare qualcosa di nuovo. Solo aggiungere la mia opinione non richiesta. Perché, non so voi, ma io sono combattuta: questa dimensione di informazione-lampo, a volte vorrei che sopravvivesse (e già vedo con un po' di terrore tesisti del futuro che andranno a scavare negli archivi digitali dei social network di scrittori, eminenze grigie, premi Nobel...) (1), a volte preferirei che se ne andasse per sempre, dopo un ragionevole tempo di ribollimenti, riletture e ripiegamenti sul proprio ombelico da bravi nostalgici (2).

La domanda, in ogni caso, al di là dei singoli esempi di tweet, è la seguente: preferiamo pensare a un cimitero dove non potremo portare ai nostri tweet neanche i fiori (3) della mancanza, o a zombie-tweet che si aggirano in lande desolate della dimenticanza? Ecco, qualche volta mi piacerebbe struggermi per il fatto di non avere neanche una tomba su cui piangere le parole e gli hashtag passati, ma altre volte preferirei avere bit in bottiglia da regalare al mare della rete - ché tanto tutti surfano o navigano, e anche ai più scapestrati Cook può capitare di incappare nei resti del naufragio... 

Forse, in realtà, quel che mi dà immediata tristezza dopo ogni tweet inviato, è ignorare il suo destino. Se sapessi che ha vita breve, okay, me ne farei una ragione; al contrario, se esistesse per certo un caveau di parole, forse starei un po' più attenta a quel che andrei a mandare in rete, sorveglierei il testo e le informazioni... (4) Invece, ogni volta si va verso l'incertezza: il tempo schiaccerà ridendo il carapace esilissimo del nostro account? E subiranno la stessa sorte gli account di tutti o, anche lì, la Fama passerà con tutta la sua velocità (5) a salvare dall'oblio i tweet di Jovanotti e di Vendola? 

Una possibile forma di fuga dall'oblio, parziale e forse solo placebo per gli animi nostalgici, è salvare un po' di tweet in un libro. In questi giorni, è uscito 2012 cose da fare prima della fine del mondo, un esperimento ideato da Mafe De Baggis su Twitter: davvero non si può evitare la fine del mondo? E allora cosa vogliamo fare prima che finisca? 
Ecco, questi quesiti hanno salvato dalla dimenticanza tweet fortunati - tra cui qualcosa di mio (6) -, almeno fino alla resistenza della carta, fino alla diffusione di questi formati ebook, o almeno fino alla fine del mondo, appunto.

Che poi, chissà, forse nascerà una civiltà nuova di amanuensi che troveranno sotto le macerie di un centro commerciale una copia di 2012 cose da fare e cominceranno a copiare i tweet miniando ogni @, e la notizia non morirà lì, ma si chiederanno se quel cancelletto a fine tweet non sia poi un cancello aperto verso il futuro... (7)

Gloria M. Ghioni


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(1) solitamente la premonizione è seguita dalla più distopica trasformazione degli aspiranti ricercatori in tute spaziali (alcune fascianti in modo imbarazzante), che litigano con i relatori (leggasi immortali figure dal potere cosmico immutato) perché vogliono basare la loro tesi sul regesto informatico di quanti tag amorosi ha fatto PincoPallino, o sulla psicopatologia metanarrativa dello scrittore che tweettava e cancellava in modo compulsivo... Filologia del social, insomma. 
(2) E qui si permetta il fuoritema di quei tweet da umore nero che seminano il mio account personale, che fanno di me una normale preda dell'allusione spinta, dell'aforisma da due soldi che vorrebbe stornarsi qualche volta in haiku, e invece resta un aborto di qualche pensiero messo lì per un tracollo emotivo... 
(3) secchi, rigidamente, se no vengono rubati dai venditori abusivi di rose... 
(4) corsivo non dovuto a simpatico richiamo casuale della combinazione ctrl+i per mettere alla prova la coordinazione delle falangi, ma riferimento occulto a una polemica che da un po' mi porto dentro. Come segnalare che informazioni date, retweettate potentemente sono errate? A volte sono solo refusi, ma a volte ci sono tweet informativi, teoricamente oggettivi, che sono delle boiate vergognose... Avete idee?
(5)  È questa Fama un mal, di cui null'altro 
è piú veloce; e com' piú va, piú cresce;
e maggior forza acquista. È da principio
picciola e debil cosa, e non s'arrischia
di palesarsi; poi di mano in mano
si discopre e s'avanza, e sopra terra
sen va movendo e sormontando a l'aura,
tanto che 'l capo infra le nubi asconde...
... ok, scusate... 
(6) è andata così: ignoravo l'esperimento, ma l'hashtag era decisamente invitante per una giornata da taglio-vene almeno ipotetico. Avete presente? Quelle date che a calendario hanno un sovrassenso che vorreste cancellare con la trielina, o almeno sterilizzare con l'amuchina? Ecco, ho partecipato con questo spirito, e dunque viene da chiedersi spontaneamente se questo non sia proprio un esempio di quel contrasto tra desiderio di cimitero o tweet redivivi... 
(7) 7 note perché 7 è il mio numero fortunato. No, la 7ima nota ha la funzione rassicurante per il lettore: l'autrice alterna stati farneticanti imprevedibili a riflessioni estemporanee. Non cercate una consequenzialità logica quissopra. D'altra parte, si sa, quando l'ansia e l'angoscia la fanno da padrone, si fa finta di scrivere monologhi interiori. A qualche adoratore di San Patrizio ha portato bene...