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Chéri

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Chéri
di Gabrielle Colette
Newton Compton, 2009

€6.00
pp. 139

Prima edizione: 1920
 
C’è qualcosa di irrimediabilmente ironico nei cambiamenti che investono la morale comune nel corso degli anni: ciò che tempo addietro scandalizzava terribilmente, causando accesi dibattiti sulla corruzione dell’anima per una vita segnata dalla dissolutezza e dal vizio, con il tempo in molti casi non fa più arrossire. Tranne qualche raro tabù rimasto tale infatti, oggi è davvero sorprendente pensare che tra quei grandi classici della letteratura oggi universalmente riconosciuti per il loro valore ci siano stati all’epoca della pubblicazione voci di condanna per l’oscenità dei contenuti. 
Gabrielle Colette ha di certo saputo dare una scossa alle anime morigerate del primo Novecento, non solo per i suoi romanzi (quasi sempre ben accolti da pubblico e critica) ma soprattutto per quel suo stile di vita anticonformista, libero e spregiudicato, che inevitabilmente si scontrava con i tabù e la morigeratezza dell’epoca. E’ quindi in primo luogo la donna -scrittrice, giornalista, attrice- ad essere già di per sé un ottimo spunto per quei personaggi femminili disinibiti e totalmente liberi che le procureranno la fama. Nata nel 1873 in un piccolo villaggio della Borgogna e presto abbandonato a causa dei dissesti finanziari della famiglia, la giovane Gabrielle coltiva questo suo spirito selvaggio ed indipendente che già precocemente si presenta insieme al talento letterario. Sposatasi una prima volta a soli vent’anni, viene introdotta dal marito scrittore e giornalista nell’ambiente intellettuale della capitale francese, in piena Belle epoque dove presto conosce la fama grazie al ciclo di romanzi su Claudine da molti considerati il suo capolavoro. Ribelle, spregiudicata, sensuale e disinibita, le vicende di Claudine scandalizzano notevolmente una società che dietro la facciata moderna della belle epoque è ancora pesantemente legata ad una morale rigida e a tratti maschilista.
Lo stesso ambiente fervido e stimolante che spinge Colette a soddisfare la personale bramosia di vita e di amore, sposandosi altre due volte e vivendo amori spesso scandalosi come quello chiacchieratissimo con la marchesa Mathilde de Morny, l’amata Missy. Oltre alla sfera privata dei sentimenti, anche sul fronte pubblico non si risparmia niente, appagando ogni desiderio dall’esperienza diretta nel teatro (molte opere di Colette saranno rappresentate con successo), al lavoro di critica e fino alla gestione di un centro estetico. Inevitabile quindi che Colette stessa diventi personaggio, cui molto spesso le sue eroine vengono paragonate per ritrovarvi atteggiamenti, stile di vita, pensieri.

Se Claudine quindi è il primo personaggio di Colette totalmente unico ed originale (il cui intero ciclo è purtroppo oggi praticamente introvabile), a parer mio quello più riuscito e sfaccettato rimane la splendida Léa apparsa nel romanzo Chéri pubblicato nel 1920. Una donna non più giovane ma ancora bella ed attraente, nubile ma sempre accompagnata da uomini capaci di accontentare ogni sua ambizione, vive fiera ed indipendente concentrata sui piaceri dell’esistenza libera dai tormenti del cuore.
Già questa sua indipendenza ed egoismo basterebbero a farne una donna piuttosto anticonformista per l’epoca, troppo elegante e raffinata per essere etichettata come cortigiana, semplicemente astuta ed abile amministratrice di sé stessa e delle proprie finanze. Ma è l’amore ancora una volta a sconvolgere la società e i canoni morali che questa ha imposto: la relazione tra Léa e il giovane, viziato ed indolente Chéri. Nata senza troppe illusioni ed aspettative, inevitabilmente si trasforma in un sentimento vero ed appassionato che sconvolge per intensità la stessa Léa, ma che tuttavia non può essere vissuto liberamente per l’enorme differenza d’età tra i due amanti. E non è solo il mondo fuori a condannare il loro amore, ma la stessa Nounoune, come ama chiamarla l’amante, consapevole di quanto fuggevole, immaturo e scostante sia il suo giovane Chéri e di come inesorabile il tempo si specchi sul suo volto non più giovane e perfetto allontanandola sempre più dall’amante. E’ questa sua triste consapevolezza la vera forza del romanzo, velato di solitudine, sconfitta ed ansia per la vecchiaia che inesorabile getta il suo velo sulla bellezza di Léa e che allontana il giovane da lei, verso una vita da godere, magari insieme alla giovane moglie. Le attese, gli spasimi del cuore, le risate, le carezze, i capricci di Chéri sono un corollario perfetto di quell’intima sofferenza contro cui la donna combatte ed alla quale infine si abbandona.
Léa splendida nonostante le rughe e il velo di tristezza nello sguardo, è stata degnamente interpretata sullo schermo da Michelle Pfeiffer nella trasposizione cinematografica del 2009. Un film che non è forse all’altezza del romanzo, ma in cui l’attrice californiana spicca per la passione e il sentimento che ha saputo infondere a Nounoune.
“Chéri” è quindi un romanzo che con il tempo immancabilmente ha perso la sua anima provocatoria e scandalosa (come può oggi far arrossire la differenza d’età?), ma che
rimane attuale nella triste paura dello scorrere inesorabile del tempo, che offusca la bellezza della gioventù, gli slanci del cuore, la scoperta del domani.
 
Debora Labruschini

P.S. CITAZIONE DAL FILM: 
“Mi sento ridicola ma in fondo che importa, la vita è breve” Léa.