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Se John Biguenet elogia il silenzio: un invito alla fuga consapevole dal chiasso che ci circonda

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Elogio del silenzio.
Come sfuggire al rumore del mondo
di John Biguenet
Traduzione di Naike Agata La Biunda
Il Saggiatore, 2017

pp. 176
Euro 11,00

Il gesto del bellissimo bambino che ci guarda dalla copertina dell’edizione italiana dell’Elogio del silenzio di John Biguenet è inequivocabile: con il ditino indice poggiato dritto e perpendicolare sulle labbra appena dischiuse ci sta inviando un messaggio muto, che proprio nell’assenza di parole, suoni e rumori concilia nel contempo il suo contenuto e il suo obiettivo: fare piano, abbassare la voce, meglio ancora tacere. Non resta che obbedire, prendere tra le mani il volumetto e cominciare a sfogliarlo, possibilmente in condizioni atmosferiche e acustiche tali da farci percepire esclusivamente il fruscio della carta. Impossibile, direte voi. Eppure proprio di questo si tratta e si va a parlare: del silenzio inteso come fuga dal chiasso circostante, della sua importanza, del suo valore e della necessità di salvaguardare la sua delicatissima dimensione.


Suddiviso in cinque parti – con la prima, Cos’è il silenzio?, e l’ultima, Il futuro del silenzio, a fare da prologo ed epilogo – il lavoro di Biguenet non si pone l’obiettivo dell’esaustività: nessuna trattazione scientifica seguita da una storia culturale, sociale e simbolica del fenomeno a completare il quadro. Al contrario, i contenuti del volumetto esplicitano e confermano senza ambiguità quanto annunciato nel titolo e nel sottotitolo: al silenzio, anche quando esso assume sfumature affatto rassicuranti o non del tutto positive, l’autore riserva quasi esclusivamente lodi, mentre la sua ricerca – o perlomeno la moderazione del livello di chiasso costante e continuo nel quale viviamo – è posta come necessaria e salvifica per l’umanità (e non solo); pena la riduzione di noi tutti alla stregua di «balene sole», che non riescono più a comunicare con i propri simili per colpa del disturbo sonoro prevaricante tra i flutti nei quali sono costrette a menare l’esistenza.

Il silenzio, inteso come entità complessa e sfaccettata, sembra nutrirsi di contraddizioni al limite del paradosso: nella sua accezione più esclusiva e lussuosa, per esempio, è venduto a caro prezzo dagli stessi artefici dei rumori più molesti o assordanti – una circostanza che appare evidentissima se si pensa al mercato immobiliare o al sistema dei trasporti. Affascinanti e allo stesso tempo inquietanti sono le pagine che Biguenet dedica al rapporto tra le arti e il silenzio: dal problema della sua resa e rappresentazione – nella musica, nel teatro, nelle arti visive… – al dilemma su ciò che l’arte stessa sceglie di volta in volta di omettere, di non dire o di non dire più. E come non pensare, poi, al silenzio implicito nel medium fotografico, o a quello, estremamente perturbante, delle bambole? Biguenet si muove con maestria tra vari settori disciplinari, spaziando dalla filosofia all’economia, dalle serie televisive ai classici della letteratura, il tutto senza risparmiare il racconto di episodi di vita privata (il silenzio angosciante durante un problematico viaggio in aereo, l’impossibilità di «mettere a tacere il proprio io» dopo l’esperienza dell’uragano Katrina…), nella ferma convinzione della centralità del tema: sia che si taccia per scelta o per condizione, e sia che il silenzio venga vissuto come forma di libertà o di schiavitù, di potenza massima o di debolezza estrema.

A dispetto delle 176 pagine, Elogio del silenzio si legge comodamente anche in un solo pomeriggio: il formato è piccolo, l’impaginazione è ariosa, e la prosa è talmente piacevole e scorrevole che quasi senza accorgersene ci si può ritrovare alla fine del volume (tanto più che la trattazione vera e propria termina a pagina 147; seguono poi note, bibliografia e indice analitico). Tuttavia, nell’opinione di chi scrive questo commento, l’articolazione per brevi capitoletti e l’argomento stesso del saggio ne fanno il perfetto libro da tenere sul comodino e da sfogliare con cura proprio nel momento in cui cerchiamo di resettare il caos della giornata; lo stesso frangente in cui tutti – parlatori nel sonno esclusi – ci prepariamo a nostra volta (e giocoforza) a tacere.

Cecilia Mariani


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