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Alice nel paese delle meraviglie

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Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie
(Titolo originale: Alice's Adventures in Wonderland)
di Lewis Carrol 
traduzione Alessandro Serpieri
Letteratura universale Marsilio

Non credo di sbagliare affermando che almeno l’80% dell’attuale popolazione a nord dell’Equatore sia cresciuta o abbia visto con i proprio figli/ nipoti i cartoni animati della Disney. Mi riferisco ai tempi in cui usciva un solo lungometraggio all’anno, sempre nel periodo di Natale, e le famiglie, ancora non provviste di Emule e sistemi peer-to-peer, facevano la fila per andare a vederlo. Per me, non era Natale senza una videocassetta Disney.
Li ho amati tutti. La spada nella roccia è ancora adesso uno dei miei film preferiti; La bella addormentata mi incantava e spaventava così tanto da dover vedere la scena del fuso seduta sulle ginocchia di mio padre; Lilli e il Vagabondo ha influenzato il mio desiderio di avere uno schnauzer come Whiskey.
Uno solo non ha mai incontrato i miei favori: Alice nel paese delle meraviglie. Da piccola non riuscivo a seguire la trama, non capivo metà dei dialoghi e il bosco scuro in cui la protagonista si perde mi inquietava troppo. Riguardandolo da “adulta” mi sono convinta di una cosa: si trattava di un cartone troppo difficile per una bambina e troppo surreale e bambinesco per i grandi. Una via di mezzo, un limbo che mi ha sempre fatto guardare alla versione letteraria con grande sospetto.
Dato che sto dedicando questo periodo alla lettura dei grandi classici, l’opera di Lewis Carrol è finito in elenco ed ora ve lo propongo come una piacevole scoperta.
L’opera venne scritta e dedicata ad Alice Liddle, bambina-musa dell’autore sia dal punto di vista letterario che fotografico (famosissima la fotografia “Alice nei panni di mendicante” che fa anche da copertina all’edizione Marsilio).
Pare che la trama sia nata durante una gita in barca tra Carrol, Alice e le sue due sorelline
Tutti insieme nel pomeriggio dorato
Sull’acqua con agio scivoliamo…
Imperiosa, Prima fa fulminare
Il suo editto di “Cominciare!”
Secunda, più gentile, soltanto spera
Che “Ci siano tanti nonsensi”
E Tertia poi sempre c’interrompe,
ogni volta in men che non si pensi
Non mi soffermo sullo strano rapporto che Lewis Carrol manifestò sempre
nei confronti delle bambine e che già venne mal visto dai suoi contemporanei, prima tra tutte la mamma di Alice. Non sono sufficientemente preparata e rischierei di lasciar cadere dall’alto facili giudizi o di lanciarmi in psicologia spicciola.
Alice, nei prati con la sorella maggiore, vede passare un Coniglio Bianco dagli occhi rosa con orologio e panciotto. La bambina decide di seguirlo e…
Sapete tutti cosa succede dopo: i cibi e le bevande che fanno crescere o rimpicciolire, il Bruco che fuma il narghilè, lo Stregatto, il Cappellaio Matto e la Regina di Cuore si incontrano in questo mondo dove nessuna cosa va per il verso “giusto”. La stessa protagonista ha difficoltà ha rapportarsi con i personaggi che incontra: non a caso, all’inizio, non riesce nemmeno ad avere la statura giusta e fino all’intervento del Brucaliffo si aggirerà sempre disperatamente troppo piccola o troppo grande. Si giunge addirittura al limite dell’incomprensione linguistica
E’ veramente spaventoso il modo di argomentare di queste creature
e dell’incomprensione di se stessi. Alla domanda del Bruco “Chi sei tu?” Alice può solo rispondere “ Io… non so se lo so signore, in questo momento… so soltanto chi ero quando mi sono alzata questa mattina, ma credo di essere cambiata diverse volte da allora”.
Non si tratta di una favola per bambini: si tratta di una storia dove si ritorna bambini, dove si scopre la mutevolezza, l’incertezza e si impara ad accettare l’impossibile.
Consiglio di leggerlo di mattina, con una tazza di caffè forte: almeno, grazie alla concretezza della bevanda, non correrete il rischio di perdervi in un mondo a metà tra l’immaginario e il sogno.