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Giovanna Tamà, La memoria bucata: la coscienza di essere “me”

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La Memoria Bucata
di Giovanna Tamà

Albatros, ottobre 2010
pp. 175
€ 13.90

La memoria bucata non è un problema per Anya, non quando decide di appuntare ciò che ha vissuto su quattro importantissimi pezzi di carta. La scrittura, in questo come in molti altri casi, è terapeutica: non è soltanto una scoperta interiore, come dire, uno “scavo in profondità”. Scrivere permette a un anti-eroe di tracciare il suo percorso verso l’eroismo. Si badi bene: non è quello degli antichi romani e greci. È un eroismo tutto “quotidiano”, che nasce dall’accettazione di sé e del mondo, e cresce con la sfida a sé stessi e al mondo.

Sin dalle prime pagine del romanzo di Giovanna Tamà, scopriamo l’esistenza di una ragazzina fragile, timida, incapace di relazionarsi e persino di soffrire per la perdita dei genitori in un incidente d’auto. Viene affidata alla zia; della sua vecchia vita restano soltanto un gatto e una donna, Celeste, emblema indiscusso di un passato che, all’improvviso, diventa presente e ti aiuta a scrivere, ora dopo ora, giorno dopo giorno, un futuro che non avresti mai immaginato. 

Ed ecco che l’anti-eroe – questa ragazza invisibile, un fantasma, a voler essere più diretti – diventa un’altra persona: tocca il fondo, si vede costretta a risalire, e lo fa. Merita un applauso, non c’è dubbio:  capisce che c’è una sfida da accettare; la accetta e, contro tutto e tutti, anche contro la volontà della stessa cugina Flora,  vola senza esitazione verso la vittoria; una vittoria che poi è la vita stessa. 

Questa ragazzina scopre chi è realmente, capisce che neanche il suo nome corrisponde a verità. La sua vita è stata un susseguirsi di bugie che sono esplose all’improvviso, insieme. E non ha potuto farci nulla. Scriveva Richard Bach nel suo bellissimo Nessun luogo è lontano: “L'essere ignota non impedisce alla verità d'essere vera". E così è stato: tutti hanno cercato di impedire che Anya venisse a conoscenza della realtà dei fatti; eppure, nessuno ci è riuscito. 

Cambiano le situazioni, insomma; cambia anche lei, povera, piccola e indifesa. Sovverte l’ordine, si ribella al ruolo di anti-eroe alla continua ricerca di punti di riferimento e diventa lei stessa, inconsapevolmente, importante; anche per Flora, la sua cugina dalle forme prorompenti, dalle ambizioni altissime e, soprattutto, dalle voglie facili. Lei è tutto ciò che Anya non ha il coraggio di essere, almeno agli inizi: la ragazzina, sradicata dal suo mondo, è costretta a fare a cazzotti con una realtà completamente diversa, con un ragazzino che si dà piacere in bagno, il suo cuginetto Saro, e questa Flora che riesce in tutto: ha dei sogni, delle aspettative; è in grado di fare breccia nel cuore di ogni uomo, anche in quello di un pazzo ingegnere pronto a tutto pur di farla sua. 

Ma non sono solo le situazioni a cambiare: tutto può partire anche da dentro. Anya arriva a un punto in cui, dando uno sguardo al passato, capisce che ciò che ha sempre e maledettamente inseguito è ciò che proprio non sopporta: “Ci stavo comoda nella mia nuova determinazione. Io ero fatta così, lo scoprivo, lo accettavo e non mi criticavo. Non avrei mai più voluto essere diversa, non avrei mai più pensato di essere sbagliata, non mi sarei mai più preoccupata di come altri avrebbero voluto che fossi. Gli altri che avrei accettato, di cui mi sarei preoccupata, sarebbero stati quelli in grado di amarmi per ciò che ero”. 

Il manifesto dell’eroismo quotidiano non può che partire proprio da questa dichiarazione: so chi sono, ho il coraggio di esserlo e nessuno, neanche le persone a me più care, riusciranno a fermarmi.  È la coscienza di essere “me”. E nessun altro. Ad Anya hanno sbattuto in faccia verità che fanno male e sconvolgono la vita; piange e si dispera; poi, però, non c'è tempo: accetta e va avanti.

Il mondo è suo, e questa memoria bucata non può far altro che riempirsi di esperienze, tradimenti, conoscenze e incontri; questa memoria bucata non può far altro che riempirsi di vita. 

Michele Rainone