Il libro nel mondo antico
di Horst Blanck (titolo originale Das Buch in der Antike)
Edizioni Dedalo (Memorabili), aprile 2025
Nuova edizione a cura di Rosa Otranto
Prefazione
di Luciano Canfora
pp.
384
€
20,90 (cartaceo)
Per gli appassionati filologi, bibliofili, archeologi
ma anche semplicemente per tutti coloro
che fossero curiosi di approcciarsi per la prima volta alla storia della
scrittura e del libro nel mondo antico, si segnala, per le stampe di Dedalo
la nuova edizione di Il libro nel mondo antico di Horst Blanck, con
traduzione e revisione a cura di Rosa Otranto, docente ordinaria di Filologia
Classica presso l’Università di Bari.
Das Buck in der Antike, titolo originario dell’opera del noto archeologo tedesco Horst Blanck, pubblicata nella sua prima edizione del 1992 nella collana “Beck’s Archäologische Bibliothek”«è ancora oggi un manuale di riferimento, che si segnala per la sua ricchezza e per l’impostazione interdisciplinare», come sottolinea nella sua nota introduttiva al testo la curatrice, che individua nell’indisponibilità di un’opera analoga in lingua italiana le ragioni della propria scelta. La studiosa fornisce poi, ai suoi lettori, delucidazioni sulle modalità con cui è stato condotto il lavoro: non si tratta di una semplice attività di traduzione, ma di una vera e propria operazione filologica di revisione e integrazione dell’originale.
Nel corso del lavoro ho discusso ogni modifica con l’autore, che qui ringrazio. Sono stati rettificati (e talvolta eliminati) riferimenti a fonti antiche e indicazioni bibliografiche. È stato talvolta necessario integrare riferimenti a testimonianze e fonti: le integrazioni sono segnalate fra parentesi quadre. In questa edizione figurano, in aggiunta, un indice dei luoghi citati e un indice delle testimonianze scritte (papiri, epigrafi e manoscritti). Inoltre, aggiornamenti e complementi ai temi trattati nel libro sono registrati nel Supplemento bibliografico. […] (Nota della curatrice, p. 11)
Il lavoro di Rosa Otranto, impreziosito dalle illustrazioni a cura di Maria Martinelli, è introdotto da una Prefazione che porta la firma di una delle penne più autorevoli e conosciute dagli studiosi del mondo classico, Luciano Canfora, al quale la curatrice riconosce anche un’importante funzione di supporto e incoraggiamento, nei suoi riguardi. Nella Prefazione Nel regno dei libri, ricca di spunti di riflessione sulla cultura nel mondo antico, il noto grecista si sofferma, inoltre, sull’importanza delle biblioteche personali di personaggi autorevoli, come strumenti per indagare e conoscere più in profondità l’indole e la forma mentis non solo degli autori del passato, ma anche di quegli uomini politici che, con le loro idee e le loro azioni, hanno cambiato il corso della storia.
Conoscere il più possibile le letture di un autore – come ormai si può grazie ad importantissimi libri e repertorii (Lo scrittoio del Petrarca; La biblioteca di un umanista, per Leon Battista Alberti; e poi Tartarotti, Leopardi, Foscolo etc.) – significa capirli più in profondità. Quando si tratti poi di un personaggio politico, la sua biblioteca aiuta, almeno in parte, a comprendere la sua forma mentis. (L. Canfora p. 5)
In sintesi, il manuale rappresenta un
percorso sulla scrittura, sul libro e sulle biblioteche nel mondo antico,
che si sviluppa in dieci capitoli, seguiti da un Supplemento bibliografico, un
elenco delle fonti e delle illustrazioni e dai seguenti indici: Indice dei
luoghi citati; Indice delle testimonianze scritte; Indice dei nomi antichi e
moderni; Indice del luoghi geografici; Indice analitico.
Il viaggio verso la scoperta del libro nel mondo antico non poteva che prendere avvio da un’introduzione sulla scrittura: all’argomento, sono dedicati i primi due capitoli del manuale, nei quali l’attenzione si focalizza inizialmente sulla scrittura alfabetica greca e latina, un’invenzione che, per i Greci, rappresentava come un'espressione della volontà divina, qualcosa di superiore alla sfera umana e attinente al mondo del mito: «Anche la scrittura, il mezzo per fissare il pensiero e trasmettere nello spazio e nel tempo, non poteva essere stata ideata da semplici uomini: ne furono ritenuti inventori il dio Ermes, i mitici Prometeo e Palamede, le Muse e molti altri personaggi della mitologia (Eschilo, Prom, vinc.460; Diodoro V, 74.1; Tacito, Ann. XI,14)» (pp. 13-14). A seguire (capitolo II) vengono offerti degli interessanti spunti di riflessione sulla conoscenza della scrittura e della lettura nel mondo greco-latino; in questa sezione è, inoltre, inserito un paragrafo che, da docente, ho apprezzato particolarmente poiché incentrato sulla scuola nel mondo antico e, nello specifico, sulle letture scolastiche.
In questo capitolo si è voluto sottolineare che nell’antichità greco-romana, perlomeno fino al tardo III secolo d.C., tutti potevano imparare a leggere e scrivere. Esistevano infatti apposite scuole, che, in linea di massima, potevano essere frequentate da chiunque: la durata del corso di studi dipendeva dalla volontà e dalle possibilità (anche economiche) di ciascuno. Diversamente che nell’antico Oriente o in Egitto, nell’antichità greco e romana non esistono caste o professioni (sacerdoti, scribi) depositarie di quest’ “arte segreta”. Alle scuole dei Greci e dei Romani i giovani familiarizzavano con la poesia, con il teatro, e con la prosa, per cui la selezione di “classici” operata nella scuola ha finito col condizionare in modo determinante il gusto letterario: fenomeno che ha influito, ancora una volta, sulla traduzione e sulla conservazione dei testi greci e latini. (pp. 54-55)
I capitoli centrali (III-VI) sono dedicati
alla conoscenza degli antichi materiali
e strumenti per la scrittura con un approfondimento, nel
capitolo V, sulla fase di passaggio dal rotolo (volumen) al codice (codex),
il più diretto “archetipo” del libro: «La diffusione del codice accanto al rotolo,
in uso da secoli, e la definitiva sostituzione di quest’ultimo con la nuova
forma di libro furono eventi importanti e gravidi di conseguenze, tanto quanto
l’invenzione della stampa rispetto a quello manoscritto» (p. 134).
Ampio spazio è riservato anche alle miniature
librarie nel mondo antico, una pratica strettamente connessa alla nascita
del formato “codice”: ai Libri illustrati, è infatti, integralmente
dedicato il capitolo VI, che trascina e coinvolge il lettore anche grazie alle
riproduzioni, in bianco e nero, di miniature di preziosi codici, come il
Virgilio Vaticano Vat. Lat. 3225 e il Terenzio Vaticano Vat. Lat. 3868.
Dalla storia del libro,
si passa, infine, a quella delle biblioteche, attraverso una sezione (cap. VII)
dedicata al commercio librario, che
funge un po’ da “cerniera”, considerato che nell’antichità greco-romana «l’esistenza
di un commercio librario ben avviato favorì innanzi tutto la nascita di
biblioteche private, menzionate sempre più di frequente dalle fonti dell’epoca
[…]» (p. 158). Il commercio librario non rappresentava, comunque, l’unica
opportunità per procurarsi dei libri, poiché nel mondo antico era ampiamente
diffusa anche la pratica di realizzarne con mezzi propri, soprattutto in
riferimento a quei testi che destavano l’interesse di una
cerchia più ristretta di lettori. Esisteva, dunque, una seconda forma di
produzione libraria, che si realizzava al di fuori del commercio “ufficiale”.
Vengono, infine, prese in
esame le biblioteche pubbliche e private del mondo greco-romano (cap.
VIII), non soltanto dal punto di vista della portata storico-culturale, ma anche
sotto il profilo artistico, aspetto sviluppato nel capitolo IX: Architettura
e arredamento delle biblioteche.
L’ultima sezione, corrispondente ai capitoli VIII-X,
prende avvio proprio dalla definizione di “Biblioteca” nel mondo
antico; la nostra fonte è, in questo caso, il grammatico latino Festo (II
sec.d.C., De significato verborum, s.v. bibliotheca): «Bibliothecae
et apud Graecos et apud nos tam librorum magnus per se numerus, quam locus
ipse, in quo libri collocati sunt appellantur»: «Presso i Greci, e presso di
noi, con il termine biblioteca si indica sia un gran numero di libri, sia il
luogo in cui essi sono conservati» (p. 181).
Il “viaggio” del lettore, prosegue poi attraverso i
secoli mentre, davanti ai suoi occhi, si materializzano i principali luoghi di
cultura dell’antichità; per fare solo qualche esempio: dalla prima biblioteca
pubblica della Grecia, secondo la tradizione fondata dal tiranno Pisistrato,
alla biblioteca del “Museo” di Alessandria, fondata dai Tolomei, che mirava a
raccogliere, e catalogare, tutta la letteratura allora esistente, e che divenne
modello di riferimento per la creazione di altre importanti biblioteche d’età
ellenistica. Nel mondo romano spetta, invece, a Giulio Cesare il merito di aver
progettato la fondazione della prima biblioteca pubblica, mentre il primo vero
e proprio fondatore fu considerato Gaio Asinio Pollione, che rientrava fra i collaboratori
più stretti di Cesare (fonti: Plinio, Nat Hist. VII, 115; Isidoro, Etym.
VI, 5,2).
La storia delle biblioteche prosegue fino all’età
tardoantica: l’ultimo riferimento del capitolo è, infatti, relativo alla biblioteca che l’imperatore
Giuliano avrebbe allestito nel tempio del divinizzato Traiano, ad Antiochia,
successivamente bruciata dal suo successore Gioviano. (p. 243). Il percorso,
come già accennato, si conclude con un apprezzabile approfondimento sugli
aspetti architettonici e sul funzionamento delle biblioteche stesse.
Da docente e studiosa del mondo classico, ho apprezzato particolarmente il lavoro di traduzione e revisione realizzato da Rosa Otranto, che facilita la diffusione e consultazione del testo di Horst Blanck, un manuale che, ancora oggi, viene considerato un valido e autorevole punto di riferimento per la storia del libro e delle biblioteche nel mondo antico, tanto da meritarsi la collocazione in una collana di Memorabili.
Federica Malara
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