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Morena Pedriali Errani con Lisa Ginzburg, Maura Gancitano e Giulio Perrone a Più Libri più liberi 2023

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Questo del 2023 è stato il mio primo “Più libri più liberi” e devo dire di essere tornata a casa sorpresa dall’affluenza e dall’interesse delle persone per la piccola e media editoria. Per chi vi si approccia per la prima volta può essere un’esperienza intensa, faticosa, ma anche estremamente stimolante: sono tutti riuniti in un unico luogo e si ha la possibilità di catturare conoscenze ed eventi in una manciata di ore. Per quanto mi riguarda, mi sono intrattenuta nella giornata di sabato 9 dicembre e l’evento che ho seguito è stato quello della presentazione del libro di Morena Pedriali Errani Prima che chiudiate gli occhi, pubblicato da Giulio Perrone Editore lo scorso ottobre e di cui avevo già fatto una recensione.

Per l’occasione l’autrice è stata accompagnata da Giulio Perrone, Lisa Ginzburg e Maura Gancitano, la prima a sua volta autrice e traduttrice, la seconda saggista e opinionista soprattutto nell’ambito della divulgazione e del dibattito politico.

Prima della cronaca dell’evento però un breve riassunto di ciò di cui il romanzo tratta: Pedriali Errani è sinta e il suo libro racconta la storia di Jezebel, protagonista ispirata a Fiammetta Pedriali, la nonna realmente esistita dell'autrice, partigiana durante la Seconda guerra mondiale, a sua volta donna sinta e mondina. La narrazione segue due binari: il primo svolge il filo della vita di Jezebel, il secondo evoca le leggende, le fiabe, la mitologia del popolo sinto.

L’evento di presentazione del libro, tenutosi il 9 dicembre 2023 in Sala Polaris alle ore 18:00 è stato molto equilibrato: al centro tra Lisa Ginzburg e Maura Gancitano l’autrice ha avuto modo di approfondire entrambi gli aspetti del suo romanzo, lo stile della scrittura e il tema, quest’ultimo vero e proprio motore trainante che la impegna anche al di fuori del circuito editoriale. L’autrice difatti è attivista per le minoranze sinti e romaní e fa parte di un’associazione chiamata Movimento Kethane che si occupa di difendere e proteggere i diritti delle persone rom e sinte.

Nella conversazione con Lisa Ginzburg sono emerse delle domande che si sono concentrate sulla scrittura, e dunque il modo in cui i temi del libro sono arrivati all'autrice, quali aspetti l'hanno colpita della propria storia e come ha fatto a plasmare una voce coerente ma anche accessibile a tutti che ereditasse e rendesse giustizia alla tradizione sinta. Uno dei momenti più belli e toccanti è giunto quando Lisa Ginzburg ha chiesto se l’autrice ha mai percepito gli antenati e lei ha risposto in modo negativo perché fino a qualche decennio fa il dialetto sinto non prevedeva la parola “io”, ma soltanto la parola “noi”, e dunque per lei è stato facile pensare agli antenati come qualcosa che ha sempre portato dentro con sé e non come una “presenza” altra.

Questa degli antenati è una delle tematiche forti di Pedriali Errani, non solo per genetica, se così vogliamo dire, ma perché il romanzo include una fortissima spinta in quella direzione, nella celebrazione delle persone scomparse sotto forma di vento (i capitoli dedicati alle fiabe e alle tradizioni infatti sono chiamati “Canta vento gelido”). Non dimentichiamoci poi che il cuore del testo è proprio il ricordo della nonna trasmutato nella protagonista Jezebel.

Maura Gancitano invece l'ha spinta a trattare il tema dell'esclusione sociale dei sinti, in relazione ai campi di concentramento (il romanzo è ambientato durante la Seconda guerra mondiale), alle epurazioni e il rapporto che Morena stessa ha avuto con la società fin da bambina: nel suo caso, fin dagli anni della scuola, ha voluto dichiarare di essere sinta, di essere fiera di essere sinta, perché non accettava di sentire dire continuamente che il suo popolo fosse sporco e che per sopravvivere si dedicasse ad attività illecite. Allo stesso tempo ha dichiarato di capire chi sceglie di nascondere le proprie origini perché palesarle comporta il rischio di discriminazione, di esclusione sociale e persino, nei casi peggiori, di odio razziale.

Il nodo è tutto nel termine “sopravvivere”: la popolazione sinta ha attivamente fatto parte della Resistenza, ma questo contributo importantissimo non è mai stato riconosciuto, anzi, quel popolo è stato vittima di leggi razziali e di persecuzione dei campi di concentramento fascisti italiani.  
Questa persecuzione ha ovviamente causato una serie di storie di emarginazione che oggi ci parla di persone non riconosciute come facenti parte di minoranza etnica.  Allora l’intento dell’autrice non è solo quello di far rivivere il ricordo di sua nonna, del suo impegno nella Resistenza, ma anche di dare voce a chi non ce l’ha o a chi, per paura e carenza di mezzi, non può parlare.

Deborah D'Addetta