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Quattro amici, l’amore per il calcio e la camorra: “Cuore puro”, il nuovo romanzo di Roberto Saviano

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Cuore puro
di Roberto Saviano
Giunti, novembre 2022

pp. 168
€ 15,20 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

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C’è tutto quello che serve, in Cuore puro di Roberto Saviano: l’emozione, l’attesa, il sospiro, la stretta al cuore; tutto ciò che distingue i grandi romanzi. Pubblicato in passato sotto forma di racconto con il titolo Super Santos, e adesso ampliato e approfondito, Cuore puro è la storia di quattro ragazzi e una grande passione per il calcio. Una passione che per qualcuno sarà salvezza e per altri condanna, dal momento che il pallone rotola sull’asfalto di una Napoli polverosa e inquinata dalla camorra: un luogo dove anche l’amore per lo sport è soggetto a regole, il cui rispetto stabilisce i confini tra vivere e morire.

Rino, Dario, Giuseppe e Giovanni sono i ragazzini più forti del quartiere: nella piazzetta dove ci si contende lo spazio per giocare a pallone, tutti sanno che loro quattro insieme sono una squadra invincibile. I bambini vanno a scuola ma vivono per quel momento in cui si possono riversare in piazza e sognare di essere dei numeri dieci. Che quella stessa piazza sia il campo di azione della camorra, con i suoi traffici e il controllo capillare del territorio, non è affar loro. Fino a quando un giorno il boss locale, Tonino Porcello, non propone loro un accordo che sembra un sogno: possono giocare lì quando e come vogliono, con i migliori palloni in circolazione e persino un piccolo compenso. La condizione è solo una: quando avvistano un’auto della polizia, devono calciare lontano e gridare “O’ pallone!”. Tutto fila liscio, d’altronde ai quattro protagonisti non importa di essere diventati delle vere e proprie vedette, la cosa più importante è giocare. Ed è proprio questo il motivo per cui un giorno avviene l’irreparabile: Dario è sul punto di segnare un gol, il più bello di tutti, quelli per i quali i grandi calciatori passano alla storia. Arriva un’auto della polizia, lui la vede, ma vince la tentazione di segnare, l’allarme non viene lanciato e la catena di traffici della camorra viene allo scoperto. A testa bassa, Dario e la sua famiglia sono costretti a lasciare il quartiere e infine Napoli. Gli altri tre rimangono, continuano a intrattenere rapporti con Tonino Porcello e nel corso degli anni si inseriscono nel sistema malavitoso svolgendo i lavori di manovalanza che spettano ai giovani. La svolta arriva quando gli viene affidato un compito estremamente particolare: dovranno trasportare a Roma un cuore da trapiantare clandestinamente, destinato a uno dei più crudeli boss camorristi; per di più si tratta del cuore di un calciatore da loro apprezzato. È questo il momento in cui gli scrupoli di coscienza bussano alla porta di quel palazzo di accettazione e indifferenza che hanno costruito intorno alle loro vite. Arrivano le domande e con esse l’illusione di poter cambiare qualcosa con una scelta coraggiosa, fa capolino la speranza e un attimo dopo la paura, la consapevolezza di non avere via di scampo, in un tira e molla ad alta tensione destinato ad assoggettarsi alla regola del più forte.

Il romanzo è scritto magnificamente e la struttura narrativa è assolutamente originale. Il lettore non può far altro che calarsi nella storia, rapito dal ritmo incalzante di un romanzo che si rivela sempre più intenso e doloroso man mano che si va avanti. C’è un momento in cui si rimane impietriti dalla sorpresa e dallo sgomento e viene naturale pensare: no, non sta succedendo davvero. Ecco, quando una storia è in grado di trasportarci verso un tale dimensione di empatia, probabilmente è quella giusta.

Soltanto una penna sapiente, quale è quella di Saviano, poteva restituire una storia in cui la materia criminale e quella sportiva dialogano in maniera tanto struggente quanto antitetica. Spesso si sente dire che lo sport unisce, è una di quelle frasi un po’ retoriche sulle quali non ci si sofferma mai troppo perché si presentano come naturali verità. Le pagine di questo romanzo ci raccontano questa straordinaria verità mettendoci davanti a un fatto: la passione per lo sport non risponde alle logiche del potere né all’estrazione sociale, esiste un particolare tipo di adrenalina che nasce da un pallone che si deposita in una rete o in un canestro, un corpo in elevazione che supera un ostacolo, la punta di un piede che si stende in una scarpetta di danza, tutte cose che possono essere amate indistintamente da chiunque, non importa dove nasci o chi sono i tuoi genitori. Sono cose che, potremmo dire in modo volutamente provocatorio, non servono a nulla (qual è il motivo della gioia traboccante dopo un gol?) eppure infondono un calore e un benessere riconcilianti, e quel calore e quel benessere accomunano il ragazzo che gioca nel campetto di periferia e il calciatore milionario. È vero che ci sono le gare, i trofei, il successo, ma lo sport è qualcosa che ha a che fare con il cuore, nessuno può arrivare lontano senza la severa guida della passione che brucia dentro nel senso fisico del termine.

Le vibrazioni che si attivano quando si pratica lo sport amato solleticano la parte più intima di noi stessi, è tutto lì, ed è sacro. Lo sanno anche i protagonisti, seppure in maniera inconscia; da qui nasce il dubbio: è possibile consegnare al corpo di uno spietato camorrista il cuore di una persona perbene? Uno come loro, che amava il calcio e affidava buona parte della gioia della sua vita a quel battito accelerato, quella speciale pulsazione successiva a un gol, un cuore puro. Non si può fare, qualcosa non funzionerebbe, loro lo sanno benissimo, ma c’è chi queste cose non le sa e non accetta un no come risposta. E allora ciascuno prenderà una decisione rivolgendosi al proprio, di cuore, dove tutto è scritto:

«E così un cuore umano, un vero cuore umano, un cuore puro, non ha valore, perché vale tutto. Custodisce il ricordo dell’innocenza, è il suo nucleo rovente. È lì, dove la vita ribolle di magma e si attorciglia in furiose spirali incandescenti, che risiede il ricordo di chi siamo, di che cosa possiamo ancora essere. Nonostante tutto.» (p. 131)

Alessia Martoni