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C'era una volta... Stephen King: "Fairy Tale".

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Fairy Tale
di Stephen King
Sperling & Kupfer, 2022

Traduzione di Luca Briasco

pp. 677
€ 21,90 (cartaceo)
€ 15,99 (ebook)


C'era una volta Stephen King... anzi c'è ancora! 
Che liquidare la sterminata produzione del "Re" sotto l'etichetta dell'horror fosse limitativo, i più avveduti se ne sono accorti già da tempo, ma la sua ultima fatica Fairy Tale lo ribadisce con rinnovata forza.
Perché Fairy Tale è una lunga e corposa fiaba, nella quale King non si nega la gioia del citazionismo più sfrenato, giocando con tanti topoi letterari, saccheggiando consapevolmente qua e là, anche da se stesso (in modo che io ho trovato a dir poco divertente).
Del resto, un autore che ha più di ottanta romanzi sulle spalle, circa 500 milioni di copie vendute e un numero imprecisato di film tratti dalle sue opere, può anche permettersi di giocare con l'immaginario che lui stesso ha creato e soprattutto mettere per epigrafe al romanzo una citazione della Fata Turchina («E che la tua coscienza ti faccia sempre da guida»). Come accade per tutti i miti viventi, una fetta di necrofori critici aspetta sempre il momento di poter decretare uggiosamente: "Oramai la sua vena artistica è morta", ebbene: io invece sono perfettamente d'accordo con quanto sostenuto da Antonio D'Orrico su La Lettura, quando scrive che sull'impero narrativo di King non tramonta mai il sole. 

Ma cominciamo dall'inizio, perché è proprio dall'incipit che abbiamo la misura immediata della freschezza narrativa di King:
Sono sicuro di riuscire a raccontare questa storia. Sono altrettanto sicuro che nessuno ci crederà. Per me va bene così. Mi basta poterla raccontare. Il mio problema - e sono certo che ce l'hanno molti scrittori, non solo i novellini come me - è decidere da dove cominciare. (p. 1)

A questo punto il "novellino" ha, a mio avviso, già agganciato il proprio lettore e la storia di Charlie Reade, ancor prima che finisca il primo capitolo, è già la nostra storia. Come in ogni fiaba che si rispetti, il protagonista è inizialmente una persona assolutamente normale, quasi banale: Charlie Reade è un diciassettenne come tanti, che non eccelle ma non ha problemi a scuola e che pratica invece con successo il football. Tuttavia, ci tiene a informarci subito sul dramma che si porta dentro: la perdita della madre in un incidente stradale, quando lui aveva sette anni e il conseguente franare del padre nell'alcolismo. Ci accomodiamo subito nella provincia kinghiana e nelle storie di adolescenti coraggiosi e sensibili che sono la cifra costante e più delicata della sua narrazione. Ci ritroviamo anche ad ammirare la cifra stilistica della narrazione, che usa in modo massiccio ma disinvolto la prolessi e l'ellissi; il modo in cui il mondo felice di Charlie naufraga nell'abbandono, ci viene narrato così: «Mi ritrovai a prepararmi la colazione da solo due volte la settimana, poi quattro, infine quasi tutti i giorni» (p. 7). Insomma, per un lettore che si diletta anche a sezionare le tecniche narrative, Fairy Tale non solo mostra di essere un congegno perfetto, ma ha la naturalezza di non essere congegnato, ma appare come una narrazione spontanea, di getto, come se l'Autore si sedesse accanto a noi a raccontarci, appunto, una fiaba.

A questo punto, cari patiti di narratologia, in una situazione iniziale ben definita, aspettiamo l'esordio e l'esordio si chiama Howard Bowditch, un vecchio bisbetico che vive recluso con il suo cane Radar in una grande casa in cima a una collina, che per la forma e per l'inquietudine che genera viene soprannominata «la Casa di Psycho». Charlie soccorre Howard dopo un infortunio e, nel periodo lungo della convalescenza, si prende cura di lui e del suo cane Radar.

Il romanzo è arricchito da illustrazioni, il che davvero ci porta indietro alle nostre memorie da bambini. Pian piano scivoliamo da un inizio decisamente realistico della storia al terreno più consono allo spirito di Stephen King: quello magico. 

E qui King mostra di sapere bene che l'horror in realtà affonda le proprie radici nel mondo della fiaba e non quella edulcorata e consolatoria delle versioni Disney ma quella oscura e inquietante dei Fratelli Grimm, che non nascondevano anche i particolari più cruenti e le atmosfere più cupe. Complice un secchio pieno di pepite d'oro e un capanno degli attrezzi che funge da portale per un mondo parallelo, Charlie e Radar si inoltreranno in un'avventura degna di Pollicino, Hänsel e Gretel, Scrooge di Canto di Natale, e ovviamente il Club dei Losers di It.

Prima di morire Howard Bowditch registra una cassetta in cui confida a Charlie come nel mondo parallelo a cui si accede dal capanno, vi sia una meridiana in grado di fare andare indietro nel tempo (eh sì, citazione di Bradbury!). Charlie vi si addentra proprio per salvare la vita a Radar, diventata ormai il suo migliore amico, ma il viaggio ad Empis  (questo è il nome dell'altro mondo) lo metterà in contatto con altri mirabolanti personaggi e, soprattutto con un mondo in declino, da salvare.

La paura inizia a crescere, paura «Di che cosa? Dell'ignoto, che è la realtà più spaventosa sulla faccia della terra». (p. 189). L'ignoto di Empis è una terra in cui il cielo è costantemente nuvoloso e nella notte si scatenano branchi di lupi feroci. È una terra minacciata dall'avanzare del Grigio, che deturpa la fisionomia degli abitanti (c'è chi perde la bocca, chi gli occhi, chi le orecchie, chi diventa nano) e toglie forza e vitalità alle cose. 

Il grigio è una morte lenta. Diventa sempre più difficile respirare. La faccia viene ingoiata da un mucchio di carne inutile. Il corpo si chiude su se stesso. (p. 306)

Una coltre di morte sta dilagando ad Empis e la sfida individuale di Charlie ben resto diventa la sfida del Bene contro il Male. Non è eccessivo scomodare Propp e le sue celebre funzioni, perché in Fairy Tale abbiamo l'antagonista (il Predatore), gli aiutanti, il mezzo magico e, ovviamente, la ricompensa.

Una ricompensa non personale ma dell'umanità. E sappiamo davvero quanto abbiamo tutti bisogno di un eroe che ci salvi dal dilagare del Grigio!

Una favola dark, una favola per adulti e ragazzi, nella quale si deve entrare tuffandosi nel nostro immaginario infantile. 677 pagine di inquietudine e colpi di scena, giusto per ricordare che il Re ruggisce ancora.

Deborah Donato