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Non era un paese per donne (e non lo è tutt'ora): Elizabeth Wetmore, "La notte di San Valentino"

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La notte di San Valentino (Valentine, 2020)
di Elizabeth Wetmore
Ponte alle Grazie, 2021

Traduzione di Tiziana Lo Porto

pp. 294
€ 12,99 (cartaceo)
€ 9,99 (e-book)

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"Perdiamo gli uomini quando cercano di battere i treni e i loro furgoni restano bloccati sulle rotaie, o quando si ubriacano e accidentalmente si sparano, o quando si ubriacano e salgono sui serbatoi e cadono dieci piani sotto morendo. Durante la stagione del raccolto, quando inciampano nello scivolo e un vitello mugghia e gli piazza un calcio nel cuore. Nelle battute di pesca, quando annegano nel lago o si addormentano al volante tornando a casa [...] Questi sono i soliti modi, nei giorni ordinari, ma adesso è il primo di settembre e lo scisto di Bone Springs sta tornando sul mercato. Adesso li perderemo per colpa dei cristalli e della coca e degli antidolorifici. Li perderemo per colpa di punte di trivelle sganciate o pile di tubature non fissate o incendi causati da nuvole di vapore. E le donne, come le perdiamo? Di solito è quando uno degli uomini le uccide".

Lo dico subito: compratevelo, fatevelo prestare, fatevelo regalare, insomma fate un po’ come volete, ma leggete questo splendido romanzo d’esordio.

La Notte di San Valentino è una storia di donne, perché sono le donne a permettere che il mondo vada avanti in quel Texas di metà anni Settanta, dove gli uomini lavorano come bestie nelle installazioni petrolifere e, nel poco tempo libero e se riescono a non avere incidenti sul lavoro, sono troppo impegnati a riempirsi di alcol, fare nottata negli strip club e menare le mani. Qualcuno poi, come spesso succede, esagera un po’, e a farne le spese sono sempre le donne: qualche sberla per una parola di troppo, molestie di ogni genere e anche molto peggio.

Cosa si intenda per “molto peggio” è chiaro fin dalle prime pagine del romanzo, che si apre con le immagini che Gloria Ramírez riesce con fatica a decifrare nel momento in cui riprende i sensi dopo essere stata violentata e massacrata di botte per ore da un giovanotto pieno di soldi, alcol e amfetamine, che le aveva dato un passaggio sul suo pick-up. La ragazza riesce miracolosamente a raggiungere una fattoria poco distante dal posto dove il suo aguzzino sta dormendo sul mezzo, strafatto ed esaurito.

Gloria riesce a salvarsi la vita, ma da quel momento, per lei e per Mary Rose, la donna che le dà rifugio, sconvolta alla vista di quella ragazzina piena di lividi, tumefazioni, tagli e sangue, inizia un faticosissimo cammino verso una giustizia che non sarà concessa. Gloria ha il torto di essere donna, di avere  origine messicana e di “essersela cercata”, perché non è che una ragazzina di diciassette anni può girare indossando calzoncini cortissimi e accettare passaggi dagli sconosciuti pensando di uscire indenne dalla situazione che lei stessa ha creato. Questa, in sintesi, la tesi sostenuta non solo dall’avvocato che difenderà il violentatore in tribunale, ma sposata senza troppi scrupoli dalla generalità della fauna maschile della cittadina, nonché da una parte di quella femminile, irritata con Mary Rose per essersi messa in mezzo e aver sconvolto la tranquillità sociale solo per una messicana che non ha saputo stare al suo posto. L’uomo che l’ha violentata, al contrario, ha fatto ciò che chiunque altro, a parità di contesto, avrebbe fatto, magari calcando un po’ troppo la mano, ma insomma, queste ragazzine messicane non sanno proprio come comportarsi, signora mia.

Insomma, una reazione non certo empatica ma neanche del tutto inattesa, quella degli anglos di Odessa; nessuno vuole accettare il fatto che uno di loro si sia macchiato di un crimine vergognoso, nessuno vuole vedere ciò che è drammaticamente evidente, ossia quello che rimane del corpo e della psiche di Gloria, nessuno è disposto a riconoscere che la stessa vicenda a parti invertite (messicano lui, "bianca" lei) avrebbe scatenato una caccia all’uomo con impiccagione finale, come ai bei vecchi tempi. E poi per carità, di queste cose non si parla, soprattutto a tavola e davanti ai bambini.

Una storia di donne, scrivevo all’inizio, ma non una storia corale: ognuna delle protagoniste ha una diversa prospettiva non solo sulla vicenda ma sulla vita in generale, ognuna di esse ha messo in atto le proprie strategie per sopravvivere in quel buco fetido fatto di trivelle, pozzi petroliferi, ubiqua puzza di marcio e caldo torrido. A tutto ciò si aggiunga la condizione di minaccia costante cui soggiacciono le giovani donne del posto, cui viene insegnato di tenersi alla larga dalle orde di uomini che si riversano a Odessa per fare soldi come operai nei pozzi e che dopo la giornata di lavoro vogliono levarsi qualche sfizio.

La Notte di San Valentino è quindi un racconto a più voci, che prende le mosse dalla violenza subita da Gloria ma ben presto si allarga in una riflessione più generale su maschilismo, misoginia, omertà, razzismo, sessualità deviata. E poi ancora su alcolismo, solitudine, abbandono. La stessa Gloria (anzi, Glory, come si farà chiamare dopo la violenza, come per cancellare quel pezzo di vita) non assurge a personaggio principale, nonostante sia un po’ il fulcro di tutto il romanzo: a lei sono dedicati solo tre capitoli; altre donne, in modo più o meno diretto, saranno toccate dalla vicenda e dovranno fare i conti con le loro coscienze e i loro pregiudizi. Ognuna di loro si renderà conto, presto o tardi, che l’unica via di salvezza è andarsene senza guardarsi indietro.

Elizabeth Wetmore è originaria proprio di Odessa, Texas, dove tutti gli uomini della sua famiglia lavoravano presso le installazioni petrolifere, un lavoro pagato bene ma sfiancante e pieno di rischi, svolto nella quasi totale assenza di misure protettive. In una recente intervista, la scrittrice ha precisato che sì, i personaggi rappresentati in Valentine sono frutto di invenzione, ma che la vicenda è la restituzione delle tante storie di violenza avvenute in quell’area nel periodo. Lei stessa, appena compiuti i 18 anni, lasciò Odessa senza particolari rimpianti.

Un romanzo potentissimo, una scrittrice con la grande capacità di calarsi nei diversi personaggi in modo da rappresentarne le diverse personalità, uno stile scorrevole e, soprattutto, un primo capitolo che da solo vale tutto il libro.

Avviso ai naviganti: secondo quanto sostenuto dalla scrittrice, sarebbe in lavorazione un secondo romanzo, sempre ambientato in Odessa ma a qualche anno di distanza, forse una specie di “com’è andata". Vi faremo sapere.

Stefano Crivelli