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"Il rosso e il nero. Repertorio ragionato del terrorismo italiano": una guida estremamente chiara

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Il rosso e il nero
Repertorio ragionato del terrorismo italiano
di The 88 fools
Edizioni Clichy, 12 ottobre 2021

pp. 440
€ 17 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)


Da qualche anno il collettivo The 88 fools porta avanti per la casa editrice Clichy un progetto molto interessante. Si tratta di una serie di Guide tascabili per maniaci di film / rock / serie tv / anni Settanta / calcio (ne avevamo già parlato qui), che hanno il merito di offrirsi al lettore come veri e propri repertori tematici ragionati, utili sia per gli appassionati sia per chi voglia iniziare a orientarsi affidandosi a un esaustivo punto di partenza. L’ottica è quella di una selezione, dunque, il più possibile ampia e inclusiva, che procede per serie di spunti.
L’operazione va avanti con l’ultimo arrivato, Il rosso e il nero. Repertorio ragionato del terrorismo italiano, che risolve la criticità legata alla difficoltà di affrontare degli anni della storia italiana su cui non si è fatta ancora del tutto chiarezza con un approccio più schematico. Non ci sono dunque - per esplicita volontà degli autori - “né riflessioni né critiche né commenti” ma soltanto “dati e date, nomi e numeri”. 
Lo scopo è “ricostruire e forse anche riuscire a capire le dinamiche degli anni più difficili del Dopoguerra italiano”, partendo dal primo degli antefatti, in ordine cronologico, la lettera datata 8 gennaio 1965 in cui lo Stato maggiore dell’esercito dichiara di condividere la proposta del Sifar per l’addestramento di giovani ufficiali alla “guerra non ortodossa” (sono le basi di quello che poi diventerà l’organizzazione Gladio) fino ad arrivare al 23 dicembre 1984, l’esplosione di una bomba sul Rapido 904 in viaggio da Napoli verso Milano, all’altezza di San Benedetto Val di Sambro (Bologna). 

Certo, trattandosi di questioni complesse, la nuda evidenza di fatti e protagonisti si scontra con la necessità di saper maneggiare, contestualizzare, leggere questi dati. 
I lemmi parlano di strategia della tensione, bombe ed esplosioni, anarchici e terrorismo, sedute spiritiche, P2 e sequestri, banchieri impiccati e matrici mafiose, lotta armata e gruppi extraparlamentari.
Temi e concetti che qualcuno ha approfondito per interesse personale o per una progressione negli studi, o attraverso dibattiti “di ritorno” in occasioni di anniversari, ma dei quali di rado si arriva a parlare diffusamente, per esempio, nelle scuole superiori.
In moltissimi casi questo immaginario – come testimoniano le ampie e curate sezioni dedicate a Libri, Musica e Film - è arrivato a noi tramite una grande quantità di materiali documentari o finzionali, che hanno oltretutto il pregio di riportare, di quando in quando, all’ordine del giorno la discussione su personaggi e fatti di quegli anni. 
Per fare qualche esempio, dei membri della Banda della Magliana ricordiamo persino i nomi grazie a Romanzo Criminale (film prima e serie tv poi), Andreotti confonde i tratti in quelli del suo doppio Servillo ne Il Divo di Paolo Sorrentino, per non parlare di Pier Francesco Favino che in Hammamet si è trasformato in uno strabiliante Bettino Craxi negli anni della fine. 
Talvolta alcune scene di film sono riuscite addirittura a sostituirsi ai ricordi reali. Come ipotizza Antonio Iovane, nel bel libro La seduta spiritica (minimum fax, 2021), ricostruzione del celebre episodio in cui un gruppo di professori bolognesi, tra cui Romano Prodi, dichiararono che gli spiriti, facendo muovere un piattino, avessero comunicato loro il nascondiglio dove le BR tenevano sequestrato Aldo Moro.
Nelle commissioni d’inchiesta, si parlò della ricerca avvenuta nel paese di Gradoli, nel viterbese, come di un’irruzione, un blitz militare. L’avvocato Giovanni Pellegrino, presidente della Commissione stragi, durante l’audizione del professor Clò, padrone della villa all’interno della quale si svolse la seduta spiritica, disse di ricordare ancora “le tute mimetiche e questo paesetto con le sue casette dove si vedevano gli uomini che entravano con il mitra e facevano una perquisizione; un intero paese fu perquisito.”
Ma quei servizi tv non furono mai mandati in onda, e non ci fu neanche una vera e propria irruzione nel paesino del viterbese. Quelle che Pellegrino ricorda come immagini di un tg - spiega Iovane all’avvocato stesso - non sono altro che una scena de Il caso Moro di Giuseppe Ferrara (1986). 

Se l’Italia, come scriveva Leonardo Sciascia all'indomani della strage di Portella della Ginestra, è un paese senza verità, la cui regola è “nessuna verità si saprà mai riguardo a fatti delittuosi che abbiano, anche minimamente, attinenza con la gestione del potere”, il nostro dovere è continuare a interrogarci, collezionare i ritagli, tenere viva la memoria, in ogni occasione possibile. 

Giulia Marziali