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Thomas Piketty torna con "Una breve storia dell'uguaglianza": un invito a proseguire questo cammino

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Una breve storia dell'uguaglianza 
di Thomas Piketty
La nave di Teseo, 2021

Traduzione Sergio Arecco

pp. 400 
€ 19,00 (cartaceo) 
€ 9,99 (eBook)
 

La lettura di Una breve storia dell’uguaglianza sembra il modo ideale sia per approcciarsi all’opera di Piketty da parte di chi non avesse mai letto i suoi saggi, sia per ritornare sugli assunti fondamentali dello studioso, dal momento che nelle sue intenzioni questa pubblicazione rappresenta in modo sintetico le acquisizioni dei lavori precedenti. Piketty desidera guidare il cittadino nella riappropriazione di un sapere, quello delle scienze economiche, nella convinzione che non debba essere lasciato agli specialisti. Ragion per cui, negli anni, ha sviluppato un metodo e uno stile personali di scrittura ed esposizione al fine di rendere accessibili temi complessi con il risultato che le sue opere, come Il Capitale nel XXI secolo (Bompiani, 2014) sono state affrontate e apprezzate da un pubblico sempre più vasto tanto che, data la sua influenza, i critici delle sue teorie hanno ritenuto necessario raccogliere i loro contributi in un unico volume Tutti gli errori di Piketty. Saggi su Il capitale nel XXI secolo (a cura di Geoffrey Woods e Steve Hughes, lBl  Libri, 2018).

L’economista francese ha da sempre messo in luce il costo delle più radicali politiche neoliberiste a carico della massa dei lavoratori, denunciando l’ideologia ipercapitalista delle potenze occidentali; ciò che caratterizza maggiormente il suo lavoro è, però, la pars construens, ovvero le proposte ispirate a una trasformazione dell’attuale sistema economico-finanziario internazionale, improntata nella maggior parte dei casi a un massiccio intervento pubblico come, ad esempio, l’istituzione di un’eredità minima, contro la concentrazione della proprietà, pari a circa 120.000 euro, ovvero pari al 60% del patrimonio medio per adulto, come è attualmente in Francia, da versare all’età di venticinque anni e consistente in una dotazione di capitale finanziata da un mix di imposta progressiva sul patrimonio e sulle successioni con un prelievo del 5% del reddito nazionale. Quest'ultima è ritenuta, però, dal socialismo radicale, solo un correttivo che non mina il sistema alla radice, ovvero i processi di produzione. Piketty chiarisce che, in ogni caso, l’eredità minima è misura subordinata agli sforzi compiuti per garantire un posto di lavoro, restando questo centrale nella crescita di una società, e aggiuntiva rispetto al rafforzamento dello Stato sociale ed ecologico. Aggettivo quest’ultimo che evidenzia l’importanza che una politica ambientalista ha anche nel rapporto di uguaglianza tra le classi sociali (questo Stato sarebbe finanziato infatti “da un sistema unificato d’imposta progressiva sul reddito inclusiva dei contributi sociali e della carta individuale sull’emissione di CO2, con un prelievo del 45% sul reddito nazionale […] tali da impedire alle persone di accumulare o di inquinare illimitatamente” pp. 256-262 ).

La tesi centrale dell’opera è che, "[N]el corso della storia, si verifica un processo"- (conflittuale)- "di lungo termine finalizzato a una maggiore uguaglianza sociale, economica e politica [...] almeno dalla fine del XVIII secolo [...] Il mondo dei  primi anni del XXI secolo, per quanto ingiusto possa sembrare, è più egualitario di quello del 1950 o di quello del 1900", (p.13).

Questo processo va di pari passo con la storia della ripartizione della ricchezza tra classi sociali che riflette i suoi progressi nello sviluppo registrato, ad esempio, nei settori della salute e dell’istruzione nel mondo dal 1820 in poi: “La speranza di vita alla nascita nel mondo è passata dalla media di 26 anni circa, nel 1820, a 72 anni nel 2020”, (p. 36). Indicatori socioeconomici da includere nella valutazione del benessere di una nazione e misurati nel testo con un ricco apparato di dati e grafici riferiti agli ultimi due secoli.

La consapevolezza di questa tendenza della società non vuole essere una narrazione consolatoria del progresso e un invito a essere soddisfatti, quanto piuttosto a osservare le dinamiche della storia per proseguire la marcia verso l’uguaglianza. Del resto, se possiamo affermare di vivere in una società più giusta rispetto al passato, non possiamo affermare che la nostra società sia giusta, nonostante lo sviluppo di dispositivi istituzionali come l’uguaglianza giuridica, il suffragio universale, la democrazia parlamentare, l’istruzione gratuita e obbligatoria, la previdenza sociale, l’accesso alle cure, l’imposta progressiva sul reddito.

Leggendo Piketty il discorso si orienta inevitabilmente verso il concetto di giustizia che la tradizione del pensiero filosofico-giuridico occidentale affronta a partire dalla questione, sempre irrisolta, della sua stessa realizzazione e, quindi, della sua possibilità. Derrida osserva: “Justice is an experience of the impossible: a will, a desire, a demand for justice the structure of which would not be an experience of aporia, would have no chance to be what it is- namely, a just call for justice.” (Cfr. Diritto alla giustizia in J. Derrida e G. Vattimo (a cura di), Diritto, giustizia e interpretazione, Roma - Bari, Laterza, 1998, p. 244). La consapevolezza dell'incompiutezza del risultato deriva dal confronto con un modello ideale, ma lo scarto tra l’idea di giustizia e la decisione che è necessario prendere non può giustificare la mancanza di un impegno: "Se è facile denunciare il carattere diseguale o oppressivo delle istituzioni e dei governi al potere, è più complicato trovare un accordo sulle istituzioni alternative in grado di promuovere un effettivo progresso verso l’uguaglianza speciale", (p. 28).

Riecheggiano nelle parole dell’economista quelle del filosofo Salvatore Veca, scomparso lo scorso ottobre: "L’idea del bene ci divide, mentre ciò che può unirci è l’idea del male" (in La priorità del male e l'offerta filosofica, Feltrinelli, 2005).

Il punto di partenza, dunque, resta sempre quello di riconoscere e discutere delle ingiustizie e delle disuguaglianze sociali.

 

Maria Teresa Rovitto