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Il richiamo della terra e del fuoco: "Il sangue della montagna" di Massimo Maugeri. Una Sicilia insolita e misteriosa.

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Il sangue della montagna
di Massimo Maugeri
La nave di Teseo, 2021

pp. 608
€ 20,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Che la letteratura siciliana abbia mille volti e stili non è una novità. Quindi salutiamo con gioia che accanto alle  ormai note pietre barocche di Montalbano e le ville Liberty dei Florio, appaia in libreria una Sicilia né marittima né retrò, né mondana né verghiana, ma ugualmente forte a livello identitario. 
Per chiunque viva da queste parti - tra cui egli stesso - il vulcano non è maschio, ma femmina; non è un monte, ma la Montagna (p. 18).

Il legame tellurico inscindibile fra gli abitanti dei paesi etnei e la Montagna è uno dei fili narrativi che forma il tessuto - ben intrecciato - del libro di Massimo Maugeri. Vivere a ridosso di  una montagna "viva", riconoscerne i risvegli ciclici, adattarsi alla sua rabbia, convivere con il fumo nero che avvolge ogni cosa. Il legame tra il popolo etneo e la sua Montagna si perde nella notte dei tempi e rappresenta un esempio virtuoso, se ben vissuto, di un rapporto di co-appartenenza fra l'uomo e il suo territorio. Questa co-appartenenza, nel romanzo, viene rappresentata da Marco Cersi, uno dei due protagonisti, e Padma. Ma è don Vito il patriarca della simbiosi con il vulcano, oltre che essere il motore della storia.

All'improvviso mi venne in mente il pensiero che la Montagna fosse capace di instillare un seme che si radicava nella sfera mentale ed emotiva degli individui che presceglieva, creando un legame inscindibile. Un legame che poteva sfociare in una forma di asservimento, persino di serpeggiante idolatria, di cui io mi sentivo del tutto esente. Ma anziché considerare il lato positivo del non sentirmi in una condizione di assoggettamento, fui travolta da un doloroso senso di esclusione (p. 478).

A scrivere è Paola, l'altra protagonista, che è io narrante di parte del romanzo. Le altre parti, con una scelta stilistica che sinceramente ho faticato a comprendere, hanno invece un narratore esterno, che segue le vicende di Marco Cersi. Perché questi due protagonisti vengano presentati in modo così sbilanciato, una dall'interno e uno con una focalizzazione esterna, è qualcosa che trova probabilmente giustificazione nell'esito della storia (che qui ovviamente non posso anticipare) ma che personalmente non ho trovato gradevole per il lettore. 

Tuttavia, come dicevo, l'intreccio è gestito con padronanza e scioltezza da Maugeri e il romanzo tocca vari piani, non solo narrativi, ma anche contenutistici. Il rapporto con la propria terra, dicevamo, ma anche il bisogno di un'economia che non soffochi i singoli e che abbia anche un volto umano, la ricerca della felicità e la crisi delle certezze esistenziali, i drammi familiari, il tema del doppio. Sono questi alcune dei temi che formano la sinfonia di questa storia che ruota attorno alle vicende di Marco Cersi che della Montagna vive, nel senso che ha un'impresa specializzata nella realizzazione di prodotti in pietra lavica. Dal sangue della Montagna solidificato, quindi, Marco cerca di fissare delle forme. Che poi questo magma tornerà incandescente a minacciare la vita dei personaggi mi è sembrata una bella metafora del rapporto forma/informe, ragione/follia che pervade il romanzo.

Accanto a Marco Cersi, seguiamo le azioni di Paola Veltrami, una professoressa universitaria, docente di letteratura, che prende un anno sabbatico per dedicarsi ad un ambizioso progetto chiamato Economia umana. I due si incontrano perché vanno entrambi alla ricerca di un vecchio intagliatore di pietra lavica (don Vito Terrazza) sparito nel nulla. Il loro incontro, narrato dal doppio punto di vista, potrebbe segnare un punto di rinascita per entrambi: per Paola che è vedova, con un rapporto conflittuale con la figlia Silvia, per Marco che è stritolato dai problemi finanziari della sua impresa e dal tentativo della malavita di accaparrarsela. 

Accade a volte, nella vita, che un incontro lasci intravedere sin da subito i baluginii di un legame destinato a crescere in maniera speciale. Capitò qualcosa del genere anche a Marco Cersi, all'interno del laboratorio di don Vito Terrazza, nell'istante in cui vide per la prima volta Paola Veltrami. Entrambi ebbero la piena e immediata percezione che quello sarebbe stato un incontro unico e bellissimo. (p. 129/130). 

Ma come il narratore anticipa in una rivelatrice prolessi, questo rapporto non vedrà alcun coronamento. La seconda parte del romanzo, infatti,  è una storia di fuga e ricerche, sparizioni inquietanti. I due personaggi principali perdono la propria identità, tendono all'informe, si trasformano senza una redenzione finale. 

È un libro che contiene altri libri, anche, inscatolati: Paola che ricostruisce il libro scritto da Marco, Silvia che ricostruisce la storia di Paola, il narratore che finge di scrivere a nome di don Vito Terrazza, fino ad una lunga inserzione di un articolo di Federico De Roberto. Tutto passa, la Montagna resta, con il suo carico di distruzione e vita. 


Deborah Donato