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«La casa era ancora al centro di ogni storia, era la patria amata e perduta»: "La casa olandese", il nuovo romanzo di Ann Patchett

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Ann Patchett La casa olandese



La casa olandese
di Ann Patchett
Ponte alle grazie, 2021
Traduzione di Giulio Calza

pp. 352
€ 18 (cartaceo)


Di solito diffido degli strilli roboanti che annunciano il capolavoro; entrano sempre in gioco tanti fattori nello scrivere che un romanzo è il "libro dell'anno" o che "la scrittrice è maestra" in qualcosa. In effetti, con La casa olandese siamo davanti a un romanzo sorprendente, che sa tenere alta l'attenzione dei lettori, offrendoci un'intensa storia familiare e di formazione che ruota attorno a una casa. Ebbene sì, la casa del titolo è ben più di una semplice ambientazione: Casa Olanda è una grande villa d'altri tempi a Filadelfia, che Cyril Conroy, padre del protagonista e io narrante Danny, ha deciso di comprare in blocco, dopo la scomparsa dei suoi proprietari, i Van Hoebeek. Di loro restano ancora i ritratti sul camino, l'arredamento pesante e tuttavia raffinato, i vestiti negli armadi, le lenzuola sui letti. Cattivo gusto, potrebbe pensare qualcuno, nell'immaginare Cyril Conroy che porta la sua nuova famiglia a vedere il nuovo acquisto; il sogno di un riscatto economico e di un miglioramento sociale, diremo invece, dopo aver letto le prime pagine del libro. Casa Olanda è un simbolo, garantisce quel benessere e quella vita borghese che padre Conroy ha fatto di tutto per conquistarsi, seguendo il suo fiuto per gli affari immobiliari, che lo ha portato ad acquistare immobili da sistemare per poi riscuotere gli affitti. 

I suoi figli, Danny e la primogenita Maeve, non hanno mai pensato che qualcuno potrebbe trovare sinistra Casa Olanda, perché hanno sempre amato correre per le sue stanze o nascondersi nel bovindo con un buon libro. Quanto al padre, lo hanno sempre visto così: un uomo da compiacere, di poche parole, senza troppi fronzoli, un grande appassionato del suo lavoro («Gli piacevano le case come ai bambini piacciono i cani», p. 67), che si è ritrovato troppo presto a fare i conti con la scomparsa della moglie, Elna. Di lei, il marito non sa più niente da un pezzo, né vuole indagare oltre: Elna sarebbe andata in India ad aiutare i più poveri, anche se questo le ha fatto abbandonare i suoi due bambini a Casa Olanda. Che sia morta? Cyril si risponde di sì, per non dare spazio alla malinconia o alla solitudine. Ai figli sono concesse ben poche domande, perché il padre è sbrigativo e non li incoraggia mai a parlare dei propri sentimenti; anzi, un giorno liquiderà così il dolore di Danny per la fuga della madre: «Nella vita abbiamo tutti un peso da portare, e il tuo è questo. Se n'è andata. Devi accettarlo e basta» (p. 71). Non c'è spazio per la contrattazione, con Cyril Conroy, è un padre che pensa di sapere quel che sia meglio per i suoi figli e lo impone con tutta la perentorietà delle sue decisioni. E i figli fanno di tutto per ottenere la sua ammirazione, ma è un percorso difficile, perché Cyril è avaro di complimenti e si concede poco; semmai lascia che Danny lo accompagni a riscuotere gli affitti: per insegnargli un lavoro, potremmo pensare di primo acchito, ma non è solo per quello, e ce ne renderemo conto nel corso della lettura. In ogni caso, Cyril non si giustifica mai, agisce e basta per il meglio della sua famiglia, o almeno questi sono i suoi propositi.

Anche per questo decide di risposarsi. Nelle prime pagine del romanzo, facciamo la conoscenza di Andrea, la futura matrigna di Danny e Maeve, una donna giovane e di bell'aspetto, che pare più innamorata di Casa Olanda che di Cyril. Mentre i Van Hoebeek stanno a vegliare dall'alto del quadro dove sono ritratti, Danny e Maeve cercano di presentarsi al meglio a quella donna fredda. Non passa molto perché Andrea si installi a Casa Olanda e perché porti lì anche le sue figlie, le piccole Norma e Bright, che non hanno affatto l'aspetto o l'attitudine delle sorellastre delle fiabe. Anzi, a Maeve ricordano un po' la sua stessa infanzia e la ragazzina non manca di provare a rassicurare quelle bambine, spaventate dalla seriosità di Casa Olanda. 

Se Danny sta soprattutto a guardare, inconsapevole di quel che gli succede attorno («Nemmeno in casa mi rendevo conto di quello che succedeva», p. 58), Maeve, più grande e matura, protegge in tutto e per tutto il fratellino dalle brusche sferzate che la vita ha in serbo per loro. Non può, purtroppo, difenderlo dai tanti cambiamenti che la loro vita dovrà attraversare o dalle angherie di Andrea. 

«Così era andata ai Conroy: una generazione era stata sbattuta dentro e l'altra era stata sbattuta fuori» (p. 183): in circostanze che non svelerò per non togliervi il gusto di scoprirlo con la lettura, Casa Olanda a un certo punto smette di essere l'abitazione di Maeve e di Danny. Diventa invece il simbolo di un'infanzia idealizzata, in cui passeggiavano la bambinaia irlandese Fluffy, e le sorelle Jocelyn e Sandy, che si occupavano della casa e della cucina. Con loro Maeve e Danny erano una famiglia e specialmente in Jocelyn e Sandy sapevano di avere due alleate. 

Nei ricordi, la casa resiste intatta, e non sorprende che negli anni Maeve e Danny si ritrovino in macchina, nella strada davanti a Casa Olanda, a contemplarla di nascosto. Non sempre sono momenti topici, quelli che li fanno tornare nel quartiere; a volte è solo la nostalgia, che li porta a ripercorrere le stanze della loro infanzia con la fantasia o a rievocare episodi che hanno acquistato ancor più valore col tempo. Che cosa sarà di loro? Sicuramente niente intaccherà un rapporto tra fratelli così forte e intatto da resistere a tutto, alla malattia di Maeve tanto quanto alle resistenze della moglie di Danny. 

Gli anni e le scelte ci passano davanti, Ann Patchett ci combina una narrazione mista di presente e passato, sogni e prese di coscienza, ambizioni e fallimenti. Soprattutto, questa grande scrittrice americana nasconde nella narrazione, già di per sé godibilissima, moltissimi richiami interni: da una generazione all'altra, qualcosa torna, per vicinanza o per netto bisogno di distinguersi dalle orme del passato. Maeve e Danny sono, a tutti gli effetti, figli di Elna e Cyril, e non mancano i momenti in cui rivedremo in loro qualcosa dei genitori: Maeve si dimostra più volte pietosa quanto la madre; Danny cerca, suo malgrado, di seguire gli insegnamenti paterni, anche se questo può comportare rischi enormi in nome del desiderio di riscatto. Casa Olanda resta a guardare, nume tutelare o in ogni caso presenza costante, personificata, testimonianza in muratura di come le stanze possano risuonare diversamente, a seconda di chi le abita. 

GMGhioni