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Il tramonto dell'impero. Con "L'inverno dei leoni", Stefania Auci cala il sipario sui destini della famiglia Florio

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L'inverno dei leoni
di Stefania Auci
Editrice Nord, maggio 2021

pp. 663
€ 20,00 (cartaceo)
€ 12,99 (ebook)





Dove eravamo rimasti? "Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro. Ogni famiglia infelice è infelice a suo modo". Ah no... questo è l'incipit di un altro grande romanzo. Per quanto, a pensarci bene...
Finalmente è arrivato e da qualche settimana campeggia nelle vetrine delle librerie di tutta Italia, pronto all'assalto dei lettori. "L'inverno dei leoni" di Stefania Auci è l'attesissimo seguito de "I leoni di Sicilia" (leggi qui la nostra recensione), il romanzo-saga sulla famiglia Florio, che ha scalato tutte le classifiche, occupandole per oltre 100 settimane, tuttora ben presente. Con le sue 700mila copie vendute, 35 edizioni, traduzioni in corso in 31 Paesi, il libro è stato un caso editoriale, una boccata d'ossigeno per le librerie, un colpo ben assestato per Editrice Nord e un grande successo personale per l'autrice. Nessuna meraviglia che "L'inverno dei leoni" fosse l'uscita più attesa dell'anno. Riassumo in due righe. Il romanzo (perché, pur diviso in due parti, si può tranquillamente considerare un unicum) racconta la storia dei Florio, tra le più importanti famiglie siciliane tra Otto e Novecento, creatori di un impero, detentori di un potere economico e sociale imponente, forti di un'influenza paragonabile alle grandi famiglie imprenditoriali coeve del Regno d'Italia e oltre, ricchi, potenti, invidiati, ammirati. Felici? Difficile dirlo e nel portentoso romanzo di Stefania Auci il lettore è indotto più volte a chiederselo. 
Ma allora, dove eravamo rimasti davvero? Il primo libro si chiudeva con la morte di Vincenzo Florio, uno dei patriarchi, figlio di Paolo che, con il fratello Ignazio, era arrivato a Palermo dalla Calabria, povero in canna, per impiantare una "putìa" di spezie. Con Vincenzo Casa Florio aveva guadagnato finalmente il suo posto nel mondo, diventando una grande impresa, con affari diversificati, le spezie, le navi, i tonni.
Il secondo volume riparte proprio da qui: "Muriu! Don Vincenzo, ora ora" (p. 17). Chi lascia questo mondo e chi ci arriva: nelle stesse ore nasce Ignazziddu, secondogenito di Ignazio, il figlio di Vincenzo e Giulia... pare quasi che il nonno gli lasci spazio, perché prenda il suo posto nella casata, perché la parabola dei Florio prosegua. E il destino si compie.
Ma prima che il palcoscenico spetti a Ignazziddu deve passare del tempo, ed è il tempo dell'ascesa economica, sociale, nobiliare. È il momento di Ignazio senior, del dominio di casa Florio, che, sotto la sua guida, si trasforma e diventa un vero e proprio impero aprendosi a diverse attività: la navigazione, il tessile, la produzione enologica, le tonnare a Favignana, isola dalla bellezza quasi mitologica che diventa la vera casa dei Florio. Ignazio qui fa costruire quel palazzo che tanto lo rispecchia.
Eppure, di colpo, tutto le è più chiaro. È come se l'isola le stesse finalmente consegnando la chiave per aprire il cuore di suo marito. Ne vede la bellezza segreta, ne percepisce il silenzio. "La volevi davvero tanto, quest'isola", mormora. (p. 122)
A mormorare è Giovanna D'Ondes Trigona, la donna che Ignazio ha sposato per completare l'ascesa dei Florio, da commercianti a nobili. Giovanna è baronessa e queste nozze portano la famiglia a pieno diritto nell'aristocrazia palermitana. Una scalata che Ignazio porterà al punto più alto con la nomina a senatore del Regno nel 1883. 
La vita procede, ma, come spesso accade, accanto ai segnali fausti di una salita vertiginosa si avvertono i primi segni di cedimento, le prime piccole crepe. D'altro canto "L'inverno dei leoni", come dice il titolo, è il racconto del declino di questa famiglia che tanto ha informato di sé le terre siciliane. Una discesa inesorabile che si accompagna alle vicende politiche ed economiche dell'isola. Clima e scene che portano alla mente altri classici, a testimonianza di quanto quest'autrice abbia saputo inserire la vicenda di casa Florio non soltanto nella Storia cronologica, ma anche in quella letteraria. E parlo de "Il Gattopardo" di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, con la crisi del mondo che va scomparendo, quello dell'aristocrazia,  o de "I Viceré" di Federico De Roberto.
La parabola comincia bruscamente la linea di discesa con la morte di Ignazio, nel 1891.
"Tu, ora, non mi devi lasciare sola". E, con quelle parole, di colpo, Ignazio smette di essere Ignazziddu. In quella voce rabbiosa e infelice, lui legge il suo futuro. (p. 243)

"Ora sei tu il capofamiglia". Ignazio non ha tempo per ribellarsi (...) Ignazio resta lì, accanto alla madre che piange tutte le sue lacrime. Si sente addosso gli occhi della gente, ne coglie i sussurri, le frasi smozzicate. Tutti guardano lui, ora. E lui non sa cosa fare. (p. 244)

Eccolo il destino che si compie. E come spesso accade, lo fa con un passaggio generazionale. Questa di Ignazziddu è la generazione del mito, della bella époque, quella che porterà i Florio al tempio dell'apparenza, della bella vita. Ignazziddu sposerà Francesca Jacona della Motta di San Giuliano, che fu definita la donna più bella d'Europa (e il famoso ritratto che ne fece Giovanni Boldini lo testimonia). Colei che diventerà donna Franca Florio, per decenni icona di stile, di eleganza, di savoir faire, di fascino. Introdotta nelle maggiori famiglie europee, amica del Kaiser Guglielmo II di Prussia, ammirata da Gabriele D'Annunzio, è donna Franca a rappresentare il volto della famiglia. Sono gli anni della famosa e mitica Targa Florio, la gara automobilistica voluta dal cognato Vincenzo.
Un evento. Perché tale è - ed è sempre stata - nella mente di Vincenzo Florio questa corsa. Un'occasione preziosa di visibilità, di affermazione, di modernizzazione. Per sé, per la sua famiglia, per la Sicilia intera. Dato che il futuro tarda ad arrivare nella sua isola, ha deciso di portarcelo lui. Non è la prima volta che accade, per un Florio. (p. 499)
Ma non tutto va come deve. Ignazziddu, a cui mancano quell'abnegazione e quella capacità di caricarsi di responsabilità che erano la cifra del padre e del nonno, psicologicamente impreparato e restio ad accogliere su di sé, a soli 21 anni, il peso della casata, si circonda di cattivi consiglieri. E i rovesci non tardano ad arrivare. Per completare la collana dei classici a cui questo romanzo felicemente fa pensare, come non ricordare "I Buddenbrook"? Come non vedere in Ignazio senior i tratti di Thomas Buddenbrook? La stessa dedizione agli affari, la stessa compenetrazione tra il ruolo sociale, imprenditoriale e familiare, il titolo di senatore, la costruzione di palazzi e residenze sempre più importanti, l'ascesa che sembra inarrestabile. Ma siccome anche le famiglie infelici a loro modo si somigliano (ve l'avevo detto, no?), arriva un momento in cui un giovane rampollo si dimostra inadatto a proseguire la storia della famiglia. E se ne "I Buddenbrook" l'ultimo discendente, Hanno, dimostra in nuce tutta la sua inadeguatezza e la sua ritrosia a volersi adeguare al modello paterno, pur non facendo in tempo a occuparsi attivamente della ditta,  nel caso dei Florio è Ignazziddu a portare su di sé i tratti dell'ultimo discendente. Ignazio junior non era per nulla un incapace, sognava di portare la Sicilia sul palcoscenico europeo, fondò giornali, finanziò teatri, creò cantieri navali. Ma inesorabilmente, quasi come se dovesse adempiere a un destino già scritto, si imbarcò in imprese fallimentari che portarono alla fine dell'impero. I Florio hanno vinto. I Florio hanno perso.
C'è tantissimo in questo lungo romanzo (comprendendo anche il primo), potrei scrivere per ore. Ma non si può. Mi preme però sottolineare come Stefania Auci sia riuscita in un compito arduo, che solo il talento di chi sa scrivere può portare a termine in modo così felice. Riempire gli spazi letterari che gli archivi storici, nella loro asciuttezza di date, eventi, passaggi, compravendite per forza di cose lasciano vuoti. La forza della Auci sta nell'aver trasformato le persone di Casa Florio in personaggi letterari, inscrivendoli in una tradizione classica di topoi che li hanno resi grandi pur mantenendo intatti i tratti umani reali, storici. La Auci ha cioè maneggiato il verosimile e l'ha accostato al vero in modo tale che ognuno ha reso servigio all'altro, trasformando la storia in romanzo, pur mantenendo il romanzo nella storia. Lo si vede in particolare dai dialoghi, vero perno dello svolgersi della trama, per forza di cose la parte meno fondata sulla realtà (le carte degli archivi che la scrittrice ha compulsato per anni prima di accingersi alla scrittura non riportano le frasi d'amore, i dialoghi tra padre e figlio, i pensieri). Eppure questi sono la vera forza del romanzo, anche nelle loro parti in dialetto siciliano che aiutano a calare i personaggi nella realtà. Una realtà che finalmente racconta di una Sicilia felix, vera corte europea, Palermo che fa a gara con Parigi. Senza però dimenticare le note amare, i disordini, le rivendicazioni operaie che Ignazziddu comprende, ma che non sa o non può risolvere a fondo.
Credono che qui, in Sicilia, si possano avere gli stessi picciuli del Nord, come se noi avessimo le stesse strade, le stesse commesse. Ma la verità è che, qui, il denaro non gira; se non fosse per noi Florio, e per pochi altri, l'isola si sarebbe già spopolata (p. 372)
Dice Ignazio al Regio Commissario Civile Straordinario per la Sicilia, tracciando il destino dell'isola.
Dialoghi, dicevo, e personaggi, il perno del romanzo. Che si dipana secondo la contrapposizione a distanza tra Ignazio padre e Ignazziddu. Se Ignazio senior è controllato, sobrio, consapevole del proprio ruolo e aderente in toto alle aspettative che tale ruolo presuppone, Ignazziddu è diverso: sa di non voler diventare come il padre, sogna per sé un futuro diverso e quando gli tocca prendere le redini della casata è soltanto un ragazzo. Per fortuna avrà vicino Franca, questa donna meravigliosa, capace e intelligente. Molto delicato, nella rappresentazione di Stefania Auci, il contrappunto tra le due protagoniste femminili del romanzo, suocera e nuora.
Giovanna, moglie di Ignazio senior, è al contempo fragile e resiliente, deve "diventare" donna Giovanna Florio, con tutto quel che ne deriva. Sa  imporsi una dignità di comportamento che non la abbandonerà mai. Per lei quel matrimonio significa assunzione di responsabilità, affiancare quell'uomo taciturno, chiuso in se stesso, senza un gesto d'affetto, devoto al lavoro che è Ignazio. Filiforme, sobria, quasi monacale nell'aspetto, sa che l'uomo che ha sposato è un Florio. Tutti l'avevano messa in guardia, tutti le avevano raccomandato pazienza. E Giovanna indossa la veste rigida di casa Florio con compunzione e impegno. Anche se un'ombra arriverà a oscurarle il viso e sarà la scoperta che il cuore del marito non le era appartenuto completamente.
Franca è diversa, esuberante, pienamente integrata nel bel mondo, amante del lusso, Sa che suo marito "fimminaru è", ma lei è sicura di sé, sicura di bastargli. E se il marito non tarda a smentirla, Franca si attaccherà sempre più ai vestiti, ai gioielli, che accarezza quasi fossero figli. Anche quella collana con le 365 perle indossata nel ritratto di Boldini, una per ogni giorno, o una per ogni lacrima dovuta a un tradimento del marito, come dicono le malevole. Ma anche Franca, come la suocera, sa che essere entrata nella famiglia Florio comporta compostezza, sacrificio e soprattutto dignità. E proprio armata di dignità affronterà la curva più temibile della corsa di casa Florio, quella che porterà al tramonto. Sarà lei alla fin fine a percorrere il percorso più doloroso della storia della casata.
Ed ecco qua... il lavoro di sei lunghi anni a studiare le carte, gli archivi, le notizie, i giornali dell'epoca per entrare anima e corpo nella famiglia Florio si dispiega in queste pagine, dense, scorrevoli, che impongono un ritmo veloce alla lettura dato dalla scrittura piana e armoniosa. 
1799-1950. Questo il lasso di tempo che i due libri dedicati ai Florio raccontano. Et non plus ultra.  La Auci ha più volte affermato che con questo secondo volume si chiude la saga della famiglia siciliana che ci accompagnato per quasi due secoli. A malincuore, dovremo farceli bastare. 

P.S. - Una serie tv è già in lavorazione... teniamoci pronti.

Sabrina Miglio