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La bellezza in provetta. "E tutti i mostri saranno uccisi" di Boris Vian

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E tutti i mostri saranno uccisi
di Boris Vian
Marcos y Marcos, 2018

Titolo originale: Et on tuera tous les affreux
Traduzione di Giulia Colace

pp. 216
€ 17,00 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)
 



“Le persone sono tutte molto brutte” dice Schutz. “Avete notato che non si può passeggiare per strada senza vedere una quantità di persone brutte? Ebbene, adoro passeggiare per strada, ma il brutto mi ripugna. Così mi sono costruito una strada e ho fabbricato dei bei passanti... Non c’era niente di più facile” (p. 182)

Se la patafisica, che è l’universo di senso in cui si muove Boris Vian, è “la scienza delle soluzioni immaginarie”, proprio l’immaginazione sfrenata, assecondata, abbandonata al suo libero dispiegarsi è al centro delle opere di questo autore francese, che stupisce ogni volta nell’assoluta imprevedibilità del suo genio creativo. Anche se molto diverso dall’opera per cui è più ricordato, La schiuma dei giorni, questo breve romanzo non sfigura in quanto a trovate narrative, tanto da rendere molto difficile un inquadramento di genere. Pur inserendosi infatti tra le pubblicazioni più vicine all’hard boiled americano, edite con lo pseudonimo di Vernon Sullivan, E tutti i mostri saranno uccisi si colloca in una dimensione ancora diversa, giocando con gli stereotipi legati al genere letterario e forzandone i confini. Protagonista e narratore è infatti Rock Bailey, che del tipico detective hard-boiled ha la fisicità ma non certo lo spirito. Giovanotto alla soglia dei vent’anni, molto attraente e poco modesto, ossessionato dallo sport quanto dal suo aspetto, si costringe a tenere (a fatica) le donne lontane da sé perché, anche se i valori sono qualcosa di cui vergognarsi e da non ammettere mai pubblicamente, ha fatto un voto di castità che si concluderà solo il giorno del suo compleanno, di lì a qualche mese. Tutto però cospira contro di lui, come si capisce da un esordio che già denuncia lo spirito della narrazione:
Prendere un colpo in testa, non è niente. Venir drogati due volte di seguito nella stessa serata, non è troppo sgradevole… Ma uscire a prendere una boccata d’aria e ritrovarsi in una camera sconosciuta con una donna, entrambi in costumi adamitici, comincia a essere un po’ troppo. (p. 9)
Liberatosi fortunosamente (e non senza che due infermieri abbiano prelevato da lui quello che lui non ha voluto spontaneamente fornire), Rock viene coinvolto nelle indagini relative a un misterioso omicidio, che pare avere molto a che fare non solo con il suo rapimento, ma anche con la sparizione di una serie di ragazze bellissime. Accompagnato dall’amico giornalista Gary e da uno strano tassista con un nipote palestrato e un boxer dal fiuto infallibile, Rock prosegue al tempo stesso le sue ricerche e la sua formazione sentimentale, scoprendo che “giocare un po’ ai detective” (p. 38) incide negativamente sui suoi buoni propositi: “ora che faccio il detective e che posso morire da un momento all’altro” dico “comincio a credere che sarebbe maledettamente idiota non approfittare del tempo che mi resta” (p. 73).
La prima metà dell’opera non è del resto che un preludio alla seconda, perché presto il processo investigativo si fa sempre più grottesco, sempre più caricaturale, e la trama sfocia nella fantascienza, e in quella visionarietà che così tipicamente si associa all’autore. Nella clinica asettica e perciò tanto più macabra del dottor Schutz, si praticano infatti esperimenti eugenetici che ricordano quelli nazisti, non così lontani nella memoria nel 1948, data di pubblicazione del romanzo di Vian. Obiettivo è quello di creare una genia di uomini e donne nuovi, di bellezza e perfezione assolute, in grado di infiltrarsi nelle reti del potere e arrivare al più presto a dominare gli Stati Uniti e finanche il mondo intero. La narrazione di Vian, va detto, è il trionfo del politicamente scorretto, soprattutto per quanto riguarda il rapporto tra i sessi, come del resto è tipico dell’hard boiled a cui Vian si rifà, esacerbandone le caratteristiche. Lo si perdona facilmente, tuttavia, perché il procedere della narrazione è tanto esagerato e surreale, tanto iperbolico, che non si può non leggervi dietro il preciso intento dissacratorio da parte dell’autore. Che dire infatti di un cane che inizia improvvisamente a parlare, di un lancio col paracadute su un’isola del Pacifico, delle mirabolanti imprese amatorie in cui Rock inizia a essere coinvolto quasi suo malgrado? 
Dietro le invenzioni che arricchiscono il filo principale della trama, emergono però riflessioni più profonde. In effetti, di fronte alla possibilità di eliminare chiunque pecchi in “carenza d’aspetto”, in base all’agghiacciante slogan “E tutti i mostri saranno uccisi”, chi si colloca dall’altro lato del mondo, il lato dei belli, come Rock stesso o il suo amico Mike, può facilmente essere indotto in tentazione e cedere alle lusinghe e alle promesse del dottor Schutz. Al contempo si sollevano importanti interrogativi: chi decreta ciò che è bello e quali sono invece i mostri? E, in un mondo in cui ogni diversità sia sottomessa all’idea di una bellezza canonica e infinitamente riproducibile, non rischiano forse i brutti di diventare i nuovi belli? Non sta proprio nel difforme la ricchezza dell'essere umano?
Nella conclusione paradossale dell’opera si deve quindi leggere la denuncia di Vian a una società dell’apparenza e dell’omologazione, che pare ancora pionieristica se si considerano gli anni in cui il romanzo è stato scritto. Al contempo, e si deve segnalare, E tutti i mostri saranno uccisi non è un romanzo per anime sensibili e non è detto che piacerà necessariamente a chi ha amato La schiuma dei giorni. Boris Vian rientra infatti nel novero di quegli autori che riescono a non essere mai uguali a se stessi: ogni opera deve essere pertanto presa come un caso a sé e apprezzata per quella che è la sua unicità: in questo caso, il gusto per l’eccesso, per il rovesciamento; la disinvoltura linguistica e immaginifica; il gioco di riprese di forme e generi che vuole continuamente disarmare ogni previsione.
 
Carolina Pernigo