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Il groviglio inestricabile delle esistenze: «Acari» di Giampaolo Rugo

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Acari
di Giampaolo G. Rugo
Neo edizioni, 2021

pp. 84
€ 15 (cartaceo)


 

Io sono la risposta. Una vecchia, anzi, la donna più vecchia del mondo, che ti fa intendere che prima era tutto più semplice e più bello. (p. 12)

Il libro d’esordio di Giampaolo Rugo, classe 1968, sceneggiatore e scrittore teatrale, si chiama Acari ma avrebbe potuto chiamarsi “Puzzle” o “Incastri”, o ancora “Connessioni”. Il fulcro del testo, infatti, che consente di classificarlo non come mera raccolta di racconti bensì come romanzo di racconti, sta nella possibilità di collegare le varie storie o, per dirla meglio, nella necessità di collegare le varie storie al fine di ricavarne un’immagine più nitida e completa.

Acari è un libro che inizia in sordina: proprio per questa sua peculiarità, i primi racconti appaiono disconnessi, isolati, lasciano una sensazione di incompletezza perché privi di un effettivo finale. Sebbene ogni racconto sia autonomo e autoconclusivo, la percezione è quella di aver letto un testo non ben inquadrato, al quale manca qualcosa. Proseguendo nella lettura, però, i personaggi tornano, venendo evocati tramite le vicende altrui o ricomparendo a distanza di anni. È il caso del disabile Gimbo, protagonista diretto o indiretto di ben quattro racconti in grado di narrare l’arco evolutivo della sua malattia; oppure ancora è il caso di Claudia, che viene seguita attraverso tutta la vita, da quando, adolescente, viene apprezzata per la sua bellezza, fino all’età adulta fra amori e occasioni sprecate.

Non sempre le connessioni sono immediate, a volte si tratta di veri e propri accenni che però riescono a conferire una nuova dimensione alle altre storie. Il quadro finale, che si svela nella sua interezza con gli ultimi due racconti, è un dipinto a tinte opache e dai colori morbidi e scuri: a guardare bene l’immagine, sembra di scorgere i fasti di colori più vivaci e vividi, resi molli dal tempo. Al centro di tutto, infatti, vive il rapporto fra passato e presente, due dimensioni fondamentali per la letteratura ma anche per l’esistenza stessa. Immediata è la lettura del passato – ossia l’adolescenza, la prima giovinezza – quale crogiolo delle aspettative e delle grandi speranze, momento in bilico fra i bambini che si è stati e gli adulti che si è in procinto di diventare; il presente, invece, è spesso raccontato con occhi disillusi, poiché il potenziale enorme della giovinezza è divenuto scadente concretezza. Il racconto I tre tenori, legato a Roba, è emblematico in questo senso perché racconta nel modo migliore possibile le occasioni perdute.

Gli adulti di Rugo sono confinati in esistenze grigie, senza prospettive a lungo termine, le cui gioie sono contenute nei ricordi che possono venir evocati da vecchie foto conservate dentro una macchinetta fotografica usa e getta, o nel rimembrare giorni di scuola allegri e senza troppe preoccupazioni. A far da cornice a tutto questo, una Roma che sembra invecchiare insieme ai personaggi: dalle promettenti evoluzioni urbanistiche degli anni Ottanta, con i nuovi quartieri ai quali si dava molto credito, fino al presente rappresentato da periferie abbrutite e senza speranza, Roma è lo specchio di questo decadimento fisico ed esistenziale.

Con uno stile semplice, senza fronzoli, Rugo ha creato un collage di esperienze, vite, che risuonano una nell’altra e fanno da cassa di risonanza per ulteriori vicende che potrebbero venir raccontate in altre storie. Acari è un libro che sa dare emozioni, e non poche.

David Valentini