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Lo specchio nel buio: la trilogia di Margaret Storm Jameson in dialogo con la contemporaneità

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Amore a prima vista
di Margaret Storm Jameson
Fazi, 2020

Traduzione di Velia Februari

pp. 446
€ 18,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

Mai guardarsi indietro
di Margaret Storm Jameson
Fazi, marzo 2021

Traduzione di Velia Februari

pp. 350
€ 18,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

Ho fatto tutto da sola, gemette; non avevo soldi e nessun uomo mi ha aiutato: sono stata io, solo io, ad aver dato un nome, una reputazione, un posto a Hervey Russell. (p. 178)
Indipendenza, desiderio di affermarsi, libertà: il personale manifesto umano di Hervey Russell, la protagonista della trilogia Lo specchio nel buio di Margaret Storm Jameson, si potrebbe riassumere in queste tre istanze/desideri. E, senza dubbio, potrebbe essere scritto oggi, da una qualsiasi trentenne o giù di lì, in cerca del proprio posto nel mondo. La differenza sostanziale, però, è che il personaggio di Hervey nasce e si muove a inizio del secolo scorso, in quel decennio di pace precaria che sta fra le due guerre mondiali. Superata la diffidenza nei confronti di titoli e copertine un poco fuorvianti, quello che il lettore si trova fra le mani con Storm Jameson è un romanzo denso, ricchissimo di spunti importanti e questioni ancora attualissime con cui confrontarsi, che si tratti dei movimenti d’animo dei personaggi o delle contraddizioni della società in cui sono calati. 

Tre romanzi – Company parade, Amore a prima vista, Mai guardarsi indietro, tutti pubblicati da Fazi editore negli ultimi due anni nell'ottima traduzione di Velia Februari – ognuno in qualche modo indipendente e autoconclusivo, ma di cui solo la lettura cronologica e completa permette di meglio osservare l’evoluzione della storia, i mutamenti dei personaggi e un tempo storico tanto complesso e problematico. E, di tanto in tanto, rimanere sopraffatti dalla miriade di voci e personaggi che Storm Jameson mette in scena, i punti di vista differenti, gli stessi pensieri e dubbi assillanti della protagonista Hervey. Quello che fin da subito è bene chiarire, tuttavia, è la portata di questa trilogia, in cui la vicenda personale di Hervey e la sua educazione sentimentale sono soltanto una parte, per certi versi la meno importante, del complesso mondo messo in scena da Storm Jameson che con questa trilogia apparsa per la prima volta a metà degli anni Trenta del secolo scorso riflette sulle problematiche di una generazione distrutta dalla Grande Guerra, sulle tensioni sociali che di lì a poco si svilupperanno, sull’intreccio fra potere, politica e denaro, sulle differenze sociali, la povertà dilagante, mentre l’eco delle derive totalitarie sul Continente si fa sempre più forte.

La componente politica che attraversa come uno spesso fil rouge tutta la trilogia passa anche per il ritratto di una femminilità nuova, mossa dal desiderio di indipendenza e autodeterminazione, di costruirsi da sé, appunto, un nome, una reputazione e un posto nel mondo. Seppur costruiti come romanzi corali, Hervey Russell è la voce primaria di ogni storia, il movimento che seguiamo da una pagina e da un luogo all’altro, i fili di pensieri che si intrecciano e talvolta confondono, le aspirazioni che si scontrano con le possibilità reali. Personaggio complesso, affascinante proprio per le molte contraddizioni che lo distinguono e che lo rendono particolarmente reale, vivido. 

Il lettore incontra Hervey nel primo romanzo al suo arrivo a Londra, all’indomani della Grande Guerra, mentre, nel primo romanzo della trilogia, tentava di farsi strada nell’ambiente culturale, già divisa fra le aspirazioni professionali, il desiderio di indipendenze ed emancipazione e i conflitti dell’essere madre e moglie. Un matrimonio che si sfrangia e la maternità vissuta con trasporto e conflitto insieme, l’amore che si scontra con il bisogno di muoversi da sola nel mondo e riuscire ad affermarsi, prima di tutto per sé stessa, per conoscere una parvenza di stabilità mai possedute prima. 

A sei anni dalla Grande Guerra e poco dopo che si è chiuso il primo capitolo della trilogia, Hervey è una donna più consapevole e caparbia, capace di osservare il mondo con sguardo lucido e disincantato ma non cinico. Si muove nell’ambiente culturale londinese con sempre maggior scaltrezza, attenta a cogliere i segnali del cambiamento intorno a lei; anche i suoi approcci alla scrittura seguono questo sentimento di consapevole disincanto, una lucidità che le permette di considerare la propria scrittura e il proprio talento per quello che è, senza vane illusioni. Una visione forse poco romantica del mondo letterario e della scrittura, ma quella necessaria ad Hervey per sopravvivere: ha già un marito, infatti, incapace di prendersi le proprie responsabilità, di fare qualcosa della propria vita e considerare lucidamente capacità e talenti. Penn ben rappresenta quella mascolinità problematica, in crisi, che Storm Jameson tratteggia con sapiente chiarezza, svelando al lettore il conflitto di una generazione di uomini segnati dalla guerra mediante ferite talvolta visibili altre celate ma ugualmente dolorose, ma anche una mascolinità le cui problematiche hanno radici più profonde. 

Inetti o feriti, deboli o confusi, ostinatamente attaccati ai propri privilegi patriarcali, gli uomini ritratti da Storm Jameson sembrano incapaci di adattarsi al nuovo mondo e contribuire a costruirlo, preferendo ripiegare su sé stessi, lamentarsi della propria sventura o, in seguito, scegliere l’inganno e i giochi di potere per farsi strada. Nel rapporto con il marito – e in un certo senso con gli uomini della sua vita in generale – Hervey rivela la complessità del proprio carattere, le divisioni che la muovono in sostegno di Penn, un assurdo istinto alla lealtà nei confronti del marito fedifrago e incapace, le decisioni e i ripensamenti, le insicurezze mai superate. 
Ma adesso che cosa ne sarà di Penn se io lo lascio? Diventerà uno spettro che infesta i molti luoghi che abbiamo visitato insieme. (p. 108)
Ciò che Storm Jameson ancora una volta fa è il ritratto di un personaggio, di una donna, reale, vivido e complesso, in cui non è necessario riconoscersi o condividerne le scelte e i dubbi per comprenderne l’attualità dei sentimenti e delle divisioni. La lealtà verso Penn, la debolezza dell’uomo e la sua dipendenza da Hervey, paiono arrivare a un punto di rottura nel momento in cui una nuova relazione si fa strada nella vita della donna; una relazione che costringe Hervey a fare i conti con la fine del suo matrimonio, il desiderio mai sopito di indipendenza e libertà che contrasta con il rapporto di coppia, un inspiegabile – almeno per noi che non ci lanciamo in azzardate considerazioni psicanaliste – istinto all’accudimento e la cura di un altro uomo fragile, debole, segnato dalla guerra e da scelte avventate. Nicholas porta nella vita di Hervey un ulteriore bagaglio di dubbi e insicurezze, di interrogativi sull’intimità e le dinamiche di coppia, sui legami con il nostro passato, su dipendenze affettive e sui traumi mai davvero superati. Su quelle mancanze e gentilezze che hanno segnato il rapporto con il primo marito e che affondano le radici nell’infanzia di Hervey.
Ripensare al primo marito, Penn, le aveva riportato alla mente i giorni passati senza l’ombra di un gesto gentile. E infatti finché avrebbe avuto fiato non sarebbe mai stata certa di riceverne. La lezione era stata troppo dura. La gentilezza l’avrebbe sempre colta alla sprovvista, come un soffio d’aria fresca. (p. 89)
Forte, caparbia e fiera, ma anche insicura, preda del dubbio, fragile talvolta: Hervey affascina il lettore proprio per questa sua complessità, le contraddizioni, gli slanci e i ripensamenti. Ciò che non viene mai meno, che non cambia, è il suo desiderio di indipendenza e affermazione, per sé stessa in primo luogo e anche per il figlio Richard, da cui ancora si allontana per costruire per entrambi stabilità e un futuro certo. 

È abbastanza naturale in questo leggere molto di Margaret Storm Jameson stessa e della sua vita: giornalista, scrittrice, suffragetta, ha attraversato un secolo di mutamenti politici e sociali osservando da vicino e interrogandosi sulle contraddizioni della società inglese, trasfigurando in letteratura le istanze politiche e femministe. Perché, come si diceva in principio, la componente politica è elemento essenziale di questi romanzi, come forse appare particolarmente evidente nel titolo conclusivo, Mai guardarsi indietro. Qui la politica e i fatti storici scandiscono l’evolversi della vicenda stessa, la storia personale dei protagonisti che si intreccia alla politica e alla precaria situazione sociale dello sciopero generale del Maggio del 1926. Una narrazione strabordante, una moltitudine di voci e personaggi tra cui spiccano sempre chiaramente i protagonisti della vicenda e Hervey stessa, anche quando defilata rispetto al centro degli eventi. E sempre lei, in fondo, combattuta fra la vita coniugale e anelito alla libertà, fermento della città e tranquillità della campagna. 

A costringerla a scandagliare i propri pensieri e sentimenti è l’urgenza di un intervento per una malattia a lungo sospettata ma ignorata, intesa quasi come un personale affronto alla sua forza, alla sua giovinezza. Al bisogno che gli altri hanno di lei. Pagina dopo pagina si rivela al lettore una Hervey più riflessiva e disposta a confrontarsi con i fantasmi che la tormentano, a scavare dentro di sé e affrontare quelle paure e insicurezze che da sempre la accompagnano e ne determinano le scelte. Dall’altra parte c’è un mondo che sembra sul punto di implodere, nel disordine sociale, nella sete di potere, nelle scelte politiche che frantumano gli ideali. E, ancora una volta, Margaret Storm Jameson regala al lettore una storia intima e universale insieme, in sorprendente dialogo con la contemporaneità: le richieste sindacali che portano allo sciopero del ’26 così simili alla situazione attuale dei precari della distribuzione, il conflitto fra vita privata e affermazione professionale acuito dall’essere donna, moglie, madre. 

Si diceva all’inizio di titoli e copertine un po’ fuorvianti, un fraintendimento di cui siamo responsabili anche noi addetti ai lavori del mondo editoriale: ecco, con questa lunga riflessione sull’opera di Margaret Storm Jameson mi auguro di aver contribuito seppur in minima parte a scardinare tale fraintendimento.