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#inchiostronero - Un nuovo Rinascimento: Nella Larsen, “tragic mulatto”, nella Harlem degli anni Venti

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Nella Larsen



Sabbie mobili
di Nella Larsen
Le Lettere, 1999
Traduzione a cura di Francesca Biondi
pp. 190 
16,00 € (cartaceo)
4,73 € (ebook)

Due donne. Passing
di Nella Larsen
Frassinelli (Sperling & Kupfer), 2020
Traduzione di Silvia Fornasiero
pp. 176
16,50 € (cartaceo)
9,99 € (ebook)

Se cerchiamo la definizione di Rinascimento, lo troveremo spiegato come un periodo iniziato a metà del 1500 contraddistinto “dal rifiorire delle lettere e delle arti, della scienza e in genere della cultura e della vita civile e da una concezione filosofica ed etica più immanente” (Treccani.it). Proviamo ora a traslare questa definizione su un altro tipo di Rinascimento, di ambienti spaziali e temporali altri, più precisamente identificabile con il primo ventennio del 1900, nel quartiere newyorkese di Harlem

Seppur dall’altra parte del mondo, la cosiddetta Harlem Renaissance si sviluppa, infatti, su premesse e promesse simili alla prima ondata rinascimentale italiana ed europea. Lettere e arti fioriscono fervidamente all’interno, e grazie, ad una comunità ben connotata e la cui collocazione geografica incide sensibilmente sul tipo di creatività e narrazioni prodotte. Gli avvenimenti di inizio secolo generano le condizioni per la formazione di tale spazio: il mutamento delle condizioni della popolazione di colore in seguito all’abolizione della schiavitù, le conseguenze della prima guerra mondiali, tra le quali una forte accelerazione dell’industria, che richiede un maggior numero lavoratori nel settore e, pertanto, una consistente migrazione di lavoratori neri in grandi città settentrionali, come Chicago e New York. Qui, le condizioni di vita dei neri paiono apparentemente più dignitose rispetto all’odio bianco che impazza nel Sud, ancora segregazionista e conservatore. 

Così, a poco a poco, Harlem diventa il fulcro della comunità nera e, come la Parigi degli anni Venti per i modernisti espatriati, un luogo di massimo fermento culturale e produzione artistica, facendosi portatore di nuova rinascita e la possibilità di nuova libertà artistica e di pensiero. Pensatori e autori come W.E.B. Du Bois, Langston Hughes, Jean Toomer, Zora Neale Hurston e Claude McKay sviluppano, nella trama fitta ed eterogenea del tessuto urbano di Harlem, nuove teorie, convinzioni, forme testuali e poetiche.

Tra questi, si distingue anche Nella Larsen, una scrittrice di padre originario delle Indie occidentali e madre danese. Nata a Chicago nel 1891, è nota soprattutto per due romanzi brevi di un’inconfondibile bellezza e materialità: Passing (o Due Donne, nella nuova edizione di Frassinelli, 2020) e Quicksand (Sabbie Mobili, Le Lettere, Firenze, 1999). In entrambi i romanzi Larsen racconta di donne indipendenti e dinamiche, ma fragili, emarginate per via della condizione stessa di mulatte.

Quicksand è un breve romanzo movimentato e struggente, che tematizza in modo estremamente acuto il senso, la ricerca e la mancanza di casa e, con essa, di identità. La protagonista è Helga Crane, un’insegnante di una scuola di Naxos, Tennessee, personaggio fortemente autobiografico, di madre danese e padre di colore. Helga ha un carattere irrequieto, ogni sua parola e movimento nel corso della narrazione si avverte come un fremito di insofferenza e malaccettazione della condizione del presente.

Helga Crane aveva insegnato a Naxos per quasi due anni, in un primo tempo con la gioia volonterosa e lo zelo di quelle persone immature che sognano di far del bene ai propri simili. A poco a poco, tuttavia, questo entusiasmo era andato spegnendosi, cedendo il posto a una profonda avversità per le piccole ipocrisie e le noncuranti cattiverie che facevano parte, forse senza premeditazione, della politica di avanzamento razziale promossa da Naxos.
[…] Ora affrontava con determinazione l’altra verità che aveva rifiutato di formulare nei suoi pensieri, vale a dire la sua totale inidoneità a insegnare, o anche solamente a vivere, a Naxos. Qui lei rappresentava un fallimento. Adesso poteva riconoscere di essere stata sciocca e ostinata a perseverare così a lungo. Un fallimento. Sarebbe stato inutile restare più a lungo. D’un tratto sentì l’esigenza di una partenza immediata. Come sarebbe bello, pensò, andarsene adesso, stasera! (ebook)

Scappa dal Tennessee alla volta di Chicago e poi di New York, in cerca di casa, di un luogo vero a cui appartenere, da comprendere, da apprezzare fino in fondo. Lo trova? Forse. O forse non lo ha mai voluto cercare veramente nel modo giusto. La sua interiorità è tormentata dai (pre)giudizi sulla sua pelle, non abbastanza scura da essere nera, ma non abbastanza chiara da essere bianca. Un imbroglio difficile da districare, perché impigliato nel modo di pensare e vedere del suo presente.

Questo topos del cosiddetto "tragic mulatto" incarnato da Helga ritorna in modo ancora più completo nelle protagoniste di Passing, che cela nel titolo stesso il senso del problema. Una della due figure femminili centrali del racconto, Clare Kendry, “si finge” infatti bianca, nonostante sia effettivamente mulatta, persino agli occhi del marito. Termine che ha trovato stabilità grazie al romanzo di Nella Larsen, il “passing” denota, appunto, la pratica dell’epoca di farsi passare per bianchi, particolarmente diffusa durante gli anni delle ondate migratorie verso il Nord e il Midwest, e indicativa anche di un tentativo disperato di anelata accettazione e di agevolazioni economiche, in un mondo in cui essere neri costa sempre caro. Questo tipo di rappresentazione, e problematica sociologica, è il tema centrale della storia che lega Clare e Irene, due amiche di infanzia che si ritrovano all’inizio del romanzo, ma è anche inciso nell’esperienza autobiografica dell’autrice. Nella Larsen stessa, infatti, come spesso capita, sa di essere la persona più adatta per instaurare questo tipo di discussione, scegliendo di scrivere di una condizione che conosce e capisce in prima persona. Nel personaggio di Clare, accompagnata dalla sua presunta “whiteness” e dal senso di instabilità che questa scelta comporta, Larsen costruisce una personalità in bilico, vulcanica nella sua irruenza, che porta scompiglio nella vita della più cauta Irene.

Combaciava, rifletté, con tutto ciò che sapeva di Clare Kendry. Sempre in equilibrio sul filo del pericolo. Sempre consapevole, eppure mai disposta ad arretrare o a farsi da parte. Di certo non per aver suscitato preoccupazione o risentimento negli altri. (ebook)

Questa irruenza ricompare con Helga, in Quicksand, seppur in una veste più indocilita. Helga si muove indomita nel suo sentimento di inadeguatezza perenne, nella volontà costante di fuggire altrove e nell’incapacità (o presunta tale) di fermarsi.

Un fil rouge che lega, perciò, l’autrice e le sue eroine; donne inquiete e poco comprese, poco ascoltate, per sempre incastrate in una posizione intermedia irremovibile in un mondo solo bianco e nero. Larsen racconta della figura del "tragic mulatto" in modo doloroso e formalmente interessantissimo; la sua prosa cristallina trasporta il lettore nella sua concezione della vita, pur senza condurlo, suo malgrado, ad una grande risoluzione della problematicità del "passing" e del dialogo sull’intersezionalità, ancora oggi tanto vivo. Con la sua carnagione un po’ più chiara, Larsen si distingue ad Harlem per la sua rara capacità di raccontare sotto forma di narrazione una condizione che vive da sempre, unendosi al bouquet degli artisti del nuovo ispirato Rinascimento nero ed emergendo con fierezza; un fiore di campo, selvaggio, indomito, disidratato di certezze, come le sue eroine.

Lucrezia Bivona