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#inchiostronero - Il cuore di Joseph Conrad e la coscienza di Chinua Achebe

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Cuore di tenebra Joseph Conrad

Cuore di tenebra
di Joseph Conrad
Mondadori, 2017

Traduzione a cura di Rossella Bernascone

pp. 308
11,00 € (cartaceo)
2,99 € (ebook)


Le cose crollano
di Chinua Achebe
La Nave di Teseo, 2016

Traduzione a cura di Alberto Pezzotta

pp. 202
18,00 € (cartaceo)
9,99 € (ebook)


«Fra gli Ibo c'è un proverbio, un uomo che non sa dire dove la pioggia lo ha colpito non sa neppure dove il suo corpo si è asciugato. Lo scrittore deve dire alla gente dove la pioggia lo ha colpito». (Il Crollo, Chinua Achebe, traduzione di Silvana Antonioli, Edizioni E/O, 1976).
È il 1890. Il futuro scrittore Joseph Conrad, polacco in esilio e marinaio della marina mercantile britannica, parte per il Congo – all’epoca colonia di re Leopoldo II del Belgio – dove trascorre alcuni mesi, giusto il tempo per comprendere sufficientemente il lavoro dei funzionari del governo. Nove anni dopo, sulle pagine del Blackwood’s Magazine, l’opera coloniale incontra uno dei capolavori della letteratura mondiale: Heart of Darkness, uscito in Italia nella traduzione di Alberto Rossi nel 1924 per Sonzogno con il titolo Cuore di tenebra.

Tuttavia, le prime considerazioni sulle indiscusse posizioni anticoloniali dello scrittore polacco, il quale avanza con inequivocabilità una critica feroce all’imperialismo occidentale, divengono controverse finanche nelle idee e parole del marinaio e narratore Marlow, coinvolto nel commercio dell’avorio grezzo, dal cuore del continente fino alla costa del Congo belga. Egli è disgustato e stupito dalla disorganizzazione e crudeltà dei funzionari chiamati a colonizzare, eppure non vi è una concreta e profonda empatia dell’“io” con l’“altro”:
«La terra non aveva nulla di terrestre. Siamo abituati a guardare il mostro vinto e in catene, ma lì – lì quel che si vedeva era il mostruoso in piena libertà. Non aveva nulla di terrestre, e gli uomini erano… No, non erano disumani. E, sapete, proprio questo era il peggio – il sospetto che non fossero disumani. Era qualcosa che saliva dentro lentamente. Quelli urlavano e saltavano, e giravano, e facevano smorfie orrende; ma quel che dava i brividi era il pensiero della loro umanità – pari alla nostra – il pensiero di una remota parentela con quel grido selvaggio e sfrenato. Brutt’affare. Brutt’affare davvero; eppure se eravate abbastanza uomini avreste dovuto confessare a voi stessi l’esistenza di un’eco, magari debolissima, alla tremenda franchezza di quel chiasso, un vago sospetto che contenesse un significato che noi – pur così lontani dalla notte dei primordi – potevamo comprendere» (Cuore di tenebra, Mondadori, traduzione di Rossella Bernascone, 2000, pp. 110-111).

Quella remota parentela, e quel vago sospetto che Marlow e lo stesso Joseph Conrad avrebbero potuto comprendere, ma che di fatto non hanno mai compreso. Ed è proprio in questo vuoto che si inserisce Chinua Achebe, nigeriano appartenente alla etnia Igbo, scrittore, saggista, critico letterario e poeta.

È il 1958 quando viene dato alle stampe Things Fall Apart – in Italia è stato pubblicato nel 1962, dopo due anni dalla completa indipendenza nigeriana, con la prima traduzione di Giuliana De Carlo per Mondadori e l’affascinante titolo Le locuste bianche, ripubblicato a fine 2016 da La Nave di Teseo con la traduzione di Alberto Pezzotta, con il titolo Le cose crollano – tradotto in più di 120 lingue in tutto il mondo, primo di una trilogia; a seguire sono stati pubblicati No longer at ease (1960) e Arrow of God (1964), rispettivamente tradotti Ormai a disagio e La freccia di Dio (Chinua Achebe scelse di scrivere Things Fall Apart in lingua inglese. Non solo, il titolo proviene dalla citazione di un verso di The Second Coming, poesia di William Butler Yeats).

Chimamanda Ngozi Adichie, nell’introduzione all’edizione di The African Trilogy per Everyman’s Library, riporta i dubbi dell’editore Alan Hill, incerto se pubblicare o meno il libro di Achebe. «E’ possibile che qualcuno possa comprare il romanzo di un africano?». Nonostante una prima pubblicazione di The Palm-Wine Drinkard di Amos Tutuola (1952), secondo la Adichie nessuna opera aveva «l’ambizione, la delicatezza, o la temerarietà di Things Fall Apart». Esso offriva e continua a offrire un’immagine a tutto tondo dell’uomo africano, spiegava qual era l’origine della cultura nigeriana, era pronto a guidare il mondo alla comprensione che l’altro non è che un’ennesima e naturale identità culturale.

Tuttavia, la soluzione di Achebe al problema della considerazione dell’altro come semplice essere umano, non era rivolta solo agli occidentali del potente impero coloniale, ma era soprattutto destinata ai propri conterranei, che per anni hanno visto la loro identità e immagine distorta dalle parole dette e scritte, seppur indimenticabili, dalla letteratura europea.

«In questi libri non mi riconoscevo nell’africano», scrive Achebe in uno dei suoi ultimi saggi, The Education of a British-Protected Child (2009). «Prendevo le parti degli uomini bianchi contro i selvaggi. L’uomo bianco era buono e ragionevole e intelligente e coraggioso. I selvaggi schierati contro di lui erano minacciosi e stupidi, niente più che subdoli. Li odiavo a morte». E ancora, riferendosi a Conrad: «Questi scrittori mi hanno ingannato! Io non ero sulla nave di Marlow che annebbiava il Congo in Cuore di tenebra; piuttosto, ero uno di quegli esseri sgradevoli che saltavano lungo l’argine del fiume, e facevano smorfie».

Chinua Achebe ha osservato con grande lucidità il percorso storico della sua Nigeria, e attraverso un’audace e onesta trilogia, ne ha tracciato i cambiamenti, a partire dalla fine del Diciannovesimo secolo. Sono il nuovo e i giovani nigeriani istruiti che hanno il dovere di ridefinire i loro valori e la loro identità.
La tradizione non è più una certezza, e l’incertezza sui volti degli africani è figlia di uomini e donne corrotti dal potere dell’élite occidentale riconosciuto come unico, anche in una nazione ormai indipendente come la Nigeria. Le vecchie e salde linee guida del folclore sono scomparse, ed è proprio in questo vuoto che i moderni africani devono (ri)formulare una solida base di conoscenza del loro passato, al fine di stabilire una moderna serie di valori adeguati alla loro nuova esistenza.
Per raggiungere tale obiettivo, non vi è rivoluzione che tenga, dato che lo scrittore era un convinto sostenitore della politica di non-collaborazione non-violenta di Mahatma Gandhi. La salvezza risiede nella coscienza di sé e nel rispetto della propria identità, quella identità dimenticata da Joseph Conrad e dalla “letteratura permanente” degli occidentali, sapendone accettare i mutamenti e adattarli alla propria esistenza.

Things Fall Apart «è un'opportunità. È una lezione. È tutto questo. È un arricchimento. Ho imparato così tanto. Ho imparato quanto dipendiamo gli uni dagli altri» (Intervista rilasciata a Bradford Morrow per Conjunctions magazine).

Chinua Achebe è sapere dove la pioggia colpisce.

Olga Brandonisio

Traduzione a cura di Olga Brandonisio