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"Ora che eravamo libere" è l'intenso memoir della Roosenburg che ci racconta cosa succede dopo la liberazione da un campo di concentramento

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ora che eravamo libere

Ora che eravamo libere
di Henriette Roosenburg
Fazi, gennaio 2021


Traduzione di Arianna Pelagalli

pp. 276
€ 18 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)



Questo intenso memoir ci racconta uno dei momenti meno noti dell’orrore dei campi di concentramento tedeschi, ovvero il destino che toccò in sorte a coloro che sopravvissero e cosa avvenne dopo la liberazione, nella lunga marcia vero casa. Nel caso di Henriette Roosenburg, olandese e scampata alla condanna a morte per ben tre volte, si tratta di un viaggio che è una lento e faticoso riappropriarsi della propria identità, prima ancora che della propria libertà.
Il viaggio della Roosenburg, che venne catturata all’età di 26 anni, quando era ancora una studentessa di Lettere, avvenne per la sua attività come staffetta partigiana prima e giornalista poi; nel 1944 fu catturata, imprigionata nel carcere di Waldheim in Sassonia e condannata a morte. Nel maggio dell’anno successivo, venne liberata assieme ad altre sue compagne di prigionia, e da lì iniziò un lunghissimo viaggio attraverso una Germania devastata dal conflitto, dove era difficile comprendere come gli sconfitti, un tempo padroni della sua vita e di quella degli altri prigionieri, potessero avere sentimenti così ambivalenti nei confronti degli ex prigionieri, alcuni sinceramente pentiti ed afflitti per la loro sorte ed altri ancora saldamente fedeli al regime.
Mentre mi stringeva la mano disse: «Noi tedeschi vi abbiamo fatto molte cose di cui non riusciremo mai a farci perdonare». Quella frase mi mise a disagio. Ricordavo quel che avevo detto a Joke rispetto alla donna con i capelli rossi e alle sue figlie, e da quando eravamo state liberate i tanti tedeschi gentili che avevamo incontrato mi avevano convinta che non fossero tutti perfidi come i soldati intransigenti, i crudeli uomini della Gestapo e le spietate guardie carcerarie che ci avevano sottomesse nei cinque anni di occupazione dell'Olanda. Però facevo fatica a non considerare i tedeschi come nemici. (p 152)
La decisione di pubblicare questa sua esperienza arrivò nel 1957 e grazie all’immediato successo presso i lettori americani, la Roosenburg riuscì a raccontare cosa succedesse in seguito alla Nacht und Nebel, la terribile direttiva emessa nel dicembre 1941 da Adolf Hitler volta a perseguitare, imprigionare e uccidere tutti gli attivisti politici invisi al regime nazista.
Il trattamento poteva cambiare a seconda dei casi anche dopo il processo ufficiale. A volte i condannati a morte venivano prelevati dalla prigione il mattino dopo la sentenza, all’alba, e giustiziati nelle vicinanze. Altre volte venivano sbattuti nel cosiddetto gruppo “Nacht und Nebel” (‘Notte e Nebbia’), soprannominato “NN” sia dalle guardie che dai prigionieri, e sballottati da una prigione all’altra, sempre più lontano dal fronte. I quattro protagonisti di questa storia appartenevano al gruppo degli NN. (p. 11)
Insieme alla giornalista c’erano infatti anche altre due donne, Nell e Joke, e un uomo, Dries. A colpire, oltre alla lucidità del racconto e alla resistenza dei protagonisti nell’affrontare prove sempre più dure, in nome della propria salvezza, è la volontà di far capire quanto amore si possa nutrire per la libertà, una libertà che risiede nelle piccole cose, che può dipendere anche da uno scambio andato a buon fine, tra uomini e donne che hanno vestito panni diversi sullo scenario della Storia, ma anche la solidarietà forte che lega chi ha vissuto esperienze terribili e la capacità di fare di tutto per non abbattersi, mai, fino ad arrivare all’ultimo momento, quello in cui si scopre se le persone che abbiamo lasciato a casa sono ancora vive e ci stanno aspettando, e finalmente sciogliersi in un abbraccio liberatorio. Una delle testimonianze più autentiche e sincere di un orrore che nessuno può dimenticare, e che nonostante tutto ci regala un grande senso di amore per la vita e per la libertà.

Samantha Viva