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#CriticaLibera: come "La regina degli scacchi" ha conquistato me (e altre milioni di persone)

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La regina degli scacchi di Walter Tevis



La regina degli scacchi
di Walter Tevis
Oscar Mondadori, 2021

Traduzione di Angelica Cecchi

pp. 324
14,00 € (cartaceo)
7,99 € (ebook)

La cosa sorprendente era quanto i ragazzi giocassero male. Tutti quanti. Aveva capito molto di più Beth nella sua prima partita, che tutti loro messi insieme. Spargevano i pedoni ovunque e lasciavano i pezzi importanti preda di attacchi. Alcuni provarono a fare dei matti poco elaborati. Beth li spazzò via come mosche. Si muoveva velocemente da una scacchiera all'altra, con l'animo tranquillo e la mano ferma. (pp.42-43)
C'è stato un momento, a novembre 2020, in cui tutto il mondo si è messo all'improvviso a giocare a scacchi. C'è chi ha cercato "come imparare gli scacchi" su Google, chi ha acquistato libri, chi si è procurato le scacchiere. I feed Instagram si sono riempiti di quadrati bianchi e neri (e di entusiasmo).
Tutti coloro che erano stati presi da questa passione avevano qualcosa in comune: stavano guardando La Regina degli scacchi, la serie esclusiva Netflix (creata da Scott Frank e Allan Scott) che a soli 28 giorni dalla messa in onda è stata vista da circa 62 milioni di famiglie. Ancora oggi compare nella Top Ten delle serie più seguite in Italia.
Beth Harmon, la protagonista di questa storia, non nasce sullo schermo, anche se è lì che quasi tutti l'hanno conosciuta. È l'eroina di uno dei romanzi dello scrittore americano Walter Tevis, per la precisione quello tra i suoi libri che lo scrittore e critico Jonathan Lethem ha definito il più perfetto e doloroso.
Tevis, anche autore di opere cult come Il colore dei soldi, Lo spaccone, L'uomo che cadde sulla Terra, ha pubblicato La regina degli scacchi nel 1983 e oggi il suo romanzo ritorna in libreria per gli Oscar Mondadori con una copertina che tutti coloro che hanno un abbonamento a Netflix (ma non solo loro) riconoscerebbero tra tante. Anya Taylor-Joy, l'acclamata attrice che ha vestito i panni di Beth, ci osserva con il suo sguardo intrigante e vivace, le mani incrociate a sostenere con eleganza la testa, in attesa che chi sta dall'altra parte faccia la prossima mossa. Sta vincendo. Si capisce già da come ci fissa, prevedendo ogni possibile strategia dell'avversario invisibile.

La regina degli scacchi è una storia di riscatto. Beth Harmon ha solo otto anni quando la madre - unica persona al mondo a prendersi cura di lei, donna complessa e tormentata - muore in un incidente d'auto e lei viene mandata alla Methuen Home di Mount Sterling, Kentucky. L'orfanotrofio, grigio come le vesti che le bambine sono costrette a indossare, è il luogo dove si prega tutte insieme, al venerdì si mangia il pesce (che è meglio non lasciare nel piatto: pena non essere adottati) e due volte al giorno distribuiscono tranquillanti, delle pilloline verdi che regolano l'umore e che Beth impiegherà anni prima di abbandonare. La Methuen è il luogo in cui si sogna un futuro che ha il volto delle giovani coppie che vengono in visita e a cui è sempre meglio sorridere, concilianti.
È qui che Beth impara a giocare a scacchi. A insegnarle è il custode dell'istituto, il signor Shaibel, un uomo "più grasso da una parte che dall'altra" che nella maggior parte del tempo sta nel seminterrato. 
Vedendo Shaibel giocare da solo, Beth si incuriosisce: quali sono le regole della partita? Come si muovono i pezzi sulla scacchiera? Come mai alcuni si spostano linearmente e altri in diagonale?
A molte di queste domande la piccola trova risposta semplicemente osservando di sfuggita: gli scacchi le sono già entrati nella mente. Quando si trova a giocare le sue prime partite è già in grado di battere chi quel gioco lo pratica da anni. 

La rivincita di Beth passa attraverso gli scacchi di cui diventa indiscussa campionessa - Regina, per l'appunto - in un crescendo di scontri e sfide, prima ancora con se stessa che con gli altri. Dal campionato statale del Kentucky alle grande competizioni mondiali, la vediamo crescere, cambiare, vincere e soffrire.
Walter Tevis, e dopo di lui gli sceneggiatori della serie Netflix, rendono tangibile il dolore di una giovane donna che da bambina non ha mai avuto una vera famiglia, che fino a una certa età non conosce l'amore e che soprattutto non riesce ad accettare di perdere. E quando nella vita non si accetta mai di perdere, finiamo per perdere sempre qualcosa lungo la strada. 
Uno dei temi portanti del romanzo è la dipendenza: Beth è dipendente dagli scacchi, dalle pillole, dall'adrenalina della vittoria, dall'ordine delle sessantaquattro case nelle quali si racchiude tutto il suo mondo, almeno quello che si è costruita per mettersi al riparo dall'esterno. 
È una donna dipendente che impara a diventare indipendente e a portare alto il proprio talento, dai media raccontato banalmente come "femminile" in un mondo dominato da uomini che godono di fama pur giocando spesso peggio di lei. 

La serie Netflix si inscrive molto fedelmente nel solco del romanzo, a cui sembra aver voluto rendere omaggio sia per quanto riguarda la sceneggiatura che per la costruzione narrativa complessiva. 
Nondimeno, il lettore che si accosterà al libro dopo aver guardato la serie può provare sensazioni nuove rileggendo gli episodi chiave e scoprendo dettagli che, naturalmente, nell'esperienza di fruizione del testo scritto hanno una connotazione diversa. 
L'aspetto più interessante - che siate maestri di scacchi o nuovi al gioco - è vivere il climax di emozioni delle partite nella loro duplice declinazione mediale: quella letteraria della parola asciutta ed essenziale di Tevis - quanto mai americano anche nello stile - che descrive in simultanea le singole mosse e i pensieri di Beth; e quella cinematografico-televisiva che ci conquista quando vediamo la protagonista in azione durante i match decisivi, raccontati ognuno con uno stile registico differenziato (a volte fortemente concitato, frammentato e scandito da iconici sound anni '60, altre immersivo e talmente interiorizzato da apparire quasi ovattato). 
Che si legga o si guardi La Regina degli scacchi, si entra dentro la sua mente geniale e si vivono le partite con un misto di sensazioni: la voglia di vederla trionfare e la sottile speranza di conoscere il lato più umano e fallibile di lei, quello più vicino a noi. Succede così con le eroine di ogni bella avventura che si rispetti. 


Claudia Consoli