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Fuga dall'Inferno: sui passi di Dante con Luca Tarenzi, "L'ora dei dannati"

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L’ora dei dannati. L’abisso

di Luca Tarenzi
Giunti, 2020

pp. 414
€ 16,00  (cartaceo) 
€ 9,99 (ebook)


C’è grande agitazione nel profondo degli inferi. È da un po’ ormai che si può assistere a strani movimenti, a un sospetto assembrarsi degli Spezzati intorno alla porta. Si vocifera di una guerra da combattere, e le anime dannate vengono gettate nel mondo di sotto con una frequenza inconsueta. Questo è ciò che fa pensare a Pier delle Vigne che sia giunto il momento di attuare il suo piano, la grande evasione a lungo pianificata. Per farlo, però, ha bisogno dell’aiuto di Virgilio: a dispetto della sua straordinaria intelligenza, prigioniero della Selva dei Suicidi, le membra da secoli irrigidite in rami d’albero, il notaio di Federico II non può agire da solo, per quanto sappia che è pericoloso all’Inferno fidarsi del prossimo. Si crea così un’inaspettata combriccola di fuggitivi, costituita da personaggi noti a chiunque abbia qualche reminiscenza della terza superiore. Luca Tarenzi ci riporta infatti nei luoghi della prima cantica della Commedia dantesca, di cui riesce a ricreare efficacemente le atmosfere. Si percepisce, nella ricostruzione e nella descrizione degli ambienti infernali, l’opera di ricerca e di studio che precede la scrittura e offre solide fondamenta all’impianto narrativo. Sotto la penna abile dello scrittore, i personaggi acquistano spessore: il poeta latino che, dopo aver accompagnato Dante nel suo viaggio e aver visto la luce dei regni superiori, si è trovato a non poter rientrare nel Limbo, e da allora è costretto a vagare tra i diversi cerchi senza appartenere a nessuno; Bertran de Born, combattente e letterato provenzale, uomo integro e dannato pur avendo agito secondo coscienza; l’iracondo Filippo Argenti, pronto a esplodere in violenti attacchi di rabbia di fronte a ogni contrattempo; e infine Ugolino, inquietante nella sua follia silenziosa, nelle potenzialità segrete della sua fame divorante. 
Ai suoi trascorsi come giocatore di ruolo Luca Tarenzi deve una particolare attenzione ai dettagli pratici, alle problematiche concrete che si pongono durante il viaggio, legate alla specifica condizione dei fuggitivi, o alla coerenza interna del loro agire. Le linee narrative sono sviluppate con sicurezza, anche grazie a un continuo cambio di focalizzazione che ci trasporta al fondo delle motivazioni e dei caratteri delle anime dannate. E questo non vale soltanto per il gruppo dei protagonisti: mentre il piano viene messo in atto, a ostacolare il loro cammino fa la sua comparsa anche un grande antagonista.
Non solo i dannati infatti soffrono all’Inferno: accanto e in mezzo a loro, feroci persecutori, stanno infatti gli Spezzati, gli angeli caduti e rinnegati, che traggono energia dal sangue ribollente del Flegetonte, resi folli dal coro di voci disarmoniche che gridano nella loro testa. È uno di loro, la Creatura che non ha più un nome, ormai solo un’ombra di una grande bellezza orrendamente deturpata, a rendersi conto di quanto sta avvenendo, che “l’Inferno ha un errore, la prigione ha una falla” (p. 187), che qualcosa nel progetto di “quelli Lassù” non corrisponde all’assoluta perfezione. La sua ostinazione cieca non è certo mossa dalla giustizia, bensì dall’odio viscerale, dall’egoismo supremo: “nessuno avrebbe mai avuto salvezza o sollievo se lei non poteva averli. Se lei soffriva, ogni cosa in grado di soffrire nell’universo intero avrebbe sofferto con lei, per sempre” (p. 396). È lei, insieme agli Altri che le somigliano nella sorte quanto nella ferocia, a farsi portatrice della logica dell’Inferno, quella da cui i personaggi riescono in qualche modo a liberarsi grazie alla loro relazione reciproca.
Nel loro faticoso e continuamente osteggiato avanzare, infatti, i personaggi devono fare i conti con se stessi e con i dolorosi ricordi della loro vita passata. Al contempo, devono iniziare a pensarsi non più come esseri singolari, autocentranti, ma come i membri di un gruppo. Ed è forse possibile allora che tra i protagonisti impegnati nella loro missione impossibile (o almeno, tra quelli in cui l’umanità più forte sopravvive, insieme a quel germe di rivolta che è la speranza) si creino legami che vanno oltre l’interesse comune. Motore di questo cambiamento è Bertran, abituato alla battaglia, che con la sua intelligenza moderata diventa leader positivo della spedizione, andando oltre l’autoritarismo pieno di segreti del raziocinante, calcolatore Pier delle Vigne.
La scelta operata da Tarenzi è quella di mettere in scena non il conflitto canonico del genere fantasy, il bene contro il male, ma il male contro il male, i dannati contro le fiere infernali, i demoni o le creature dell’oscurità. E nel farlo, l’autore riesce a problematizzare il concetto di questo male umano, che spesso – quando presente – è stato causato dalle contingenze, dalla debolezza, o da forze indipendenti dalla volontà individuale, un male che i personaggi non rinnegano, ma che viene assunto e diventa parte di una diversa statura (anti)eroica; un male, soprattutto, che (come viene spesso ribadito nel testo) è esacerbato da una condanna senza possibilità di redenzione (“era stato l’Inferno, come ogni carcere che si rispetti, a tirar fuori la belva che c’era in lui”, p. 215). Solo nella relazione, nello sguardo aperto sull’altro, si scopre invece come attenuare un giudizio che all’Inferno diventa eterno marchio d’infamia:
Anche lui era un aristocratico, un uomo con il compito di guidare altri uomini: quale che sia stato il suo tradimento, che cosa ti fa pensare che si sia comportato peggio di te? Te la ricordi, la politica… Te la ricordi, la guerra… Te lo ricordi quanto era vicino l’abisso, ogni giorno, dietro ogni maledetto passo… Che differenza c’è tra voi due? (p. 172) 
Nella profonda, empatica comprensione che nasce inaspettata tra alcuni dei protagonisti si nasconde la vera possibilità di salvezza, ben prima e ben oltre la buona riuscita dell’evasione. Perché l’Inferno deve essere combattuto prima di tutto dentro di sé, in quell’ordine di pensiero che rinnega ogni forma di umanità. Solo combattendo, e vincendo, questa battaglia, si può dare una piena liberazione.
Luca Tarenzi dispiega nel suo romanzo, primo di una trilogia di cui si aspetterà ansiosamente il seguito, una prosa che non fa sconti, anche in termini di dettagli macabri, come del resto si confà all’ambiente rappresentato (lo stesso Dante, con le sue “rime aspre e chiocce”, adottava uno stile linguistico mimetico rispetto alle oscurità infernali). Benché il pubblico a cui si rivolge l’opera sia in prima istanza giovane, in linea con l’intento di garantire un accesso alla Divina Commedia meno mediato, meno ostacolato da parafrasi, commenti e note a piè di pagina, il lettore adulto che abbia amato le saghe fantasy della contemporaneità sicuramente non resterà deluso dalla capacità dell’autore di rappresentare grandi personaggi, grandi conflitti, grandi scene di battaglia, e un’alleanza talmente improbabile nelle sue possibilità di riuscita da risultare, alla fine, assolutamente giusta.

Carolina Pernigo