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Il Salotto - Crescere nella provincia pontina: intervista ad Alice Urciuolo

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Alice Urciuolo, autrice di Adorazione (66thand2nd)

Adorazione è l'esordio in narrativa di una promettente penna italiana, Alice Urciuolo. Specifico "in narrativa" perché Alice Urciuolo lavora come sceneggiatrice, figurando fra le autrici della webserie SKAM Italia. Non è affatto un caso che le tematiche della webserie siano prossime a quelle affrontate nel romanzo d'esordio per 66thand2nd: l'adolescenza e i suoi quotidiani rituali (e problemi), la ricerca dell'identità, il confronto con le altre generazioni.

Di questo romanzo ci parlerà prossimamente Giulia Laino. Avendo letto anche io il libro, tuttavia, ed essendo rimasto attratto dai mille spunti che ne sono usciti fuori, ho pensato di rivolgere ad Alice Urciuolo qualche domanda. Lei, disponibilissima, ha accettato.


Ciao Alice, innanzitutto complimenti per questo bell’esordio in narrativa con un romanzo di non semplice gestione. Immagino che scriverlo non sia stato semplice, per cui partiamo proprio dall’inizio: come nasce Adorazione? Quanto c’è di reale e quanto di inventato?
La genesi di Adorazione è stata molto poco lineare. Per diversi mesi non ho fatto altro che pensare, riflettere e prendere appunti, continuando a modificare e ad ampliare di volta in volta il nucleo principale del racconto, che prevedeva solo due personaggi principali, Diana e Vera. Poi ho iniziato a scrivere, e il romanzo inizialmente era in prima persona, dal punto di vista di Diana. Ma man mano che andavo avanti il mondo della provincia prendeva sempre più forma, e il racconto diventava sempre più complesso, fino a quando non sono nati Elena ed Enrico. Mi sono accorta che c’era un filo che legava la loro storia a quella di tutti gli altri personaggi, e questo filo era proprio il tema dell’adorazione. A quel punto ho capito che mi serviva la terza persona, ho accantonato tutto quello che avevo scritto fino a quel momento e ho ricominciato da capo. È stato un lavoro molto faticoso, non mi ero mai confrontata con la terza persona e soprattutto non avevo mai dovuto scavare nell’interiorità di così tanti personaggi.

 

Adorazione
di Alice Urciuolo
66th&2nd, 2020

pp. 337
€ 18 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)

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Leggendo la tua biografia, è impossibile non notare un nome importante,
Skam Italia, di cui sei una delle autrici. In effetti a volte, leggendo Adorazione, ho avuto l’impressione di avere a che fare con una sceneggiatura. Che differenze – in termini di approccio, di difficoltà, di forma mentis – hai riscontrato fra il lavoro di sceneggiatrice e quello di autrice? E quali, invece, sono state le somiglianze?
Dico sempre che alcuni strumenti che ho acquisito nel lavoro di sceneggiatrice mi sono stati molto utili nella scrittura di Adorazione, ed è sicuramente così. Mi ero già allenata nella costruzione di una trama e nella scrittura dei dialoghi, per esempio. Ma un testo letterario è qualcosa di completamente diverso sotto molti punti di vista, e per quello ho attinto ad altre risorse. Sono sempre stata una grande lettrice di poesia, e credo che questo mi abbia molto aiutata nel racconto dell’interiorità dei personaggi di cui parlavo prima, nel costruire tanti “io” con sentimenti, esperienze e dolori diversi. Adorazione è un romanzo con una forte trama, ma è anche un romanzo in cui ci sono molti momenti dedicati solo alla descrizione e allo scavo di questi sentimenti, esperienze e dolori. Ho dovuto anche ragionare molto sullo stile che avrebbe dovuto avere quello che stavo scrivendo, e ho fatto delle scelte precise, come quella di prediligere un lessico semplice, piano, che potesse risultare più vicino possibile a quello dei personaggi.

 

Entriamo ora nel vivo del libro. Adorazione è un romanzo corale, nel quale diversi personaggi affrontano un’estate difficilissima dal punto di vista emotivo e sentimentale. Dietro tutto incombe l’ombra di una morte violenta, della quale sembra quasi non si possa parlare. A leggere bene, però, il silenzio non riguarda solo quel “brutto evento”, ma anche il sesso, i tradimenti, l’infelicità. Tutto ciò che è negativo va taciuto, in questa cittadina della provincia laziale. Perché?
Negli ambienti di provincia, nei luoghi più isolati e nelle piccole comunità – anche se non solo – si fa sempre molta fatica a parlare di tantissime cose. È molto difficile parlare di sesso, di elaborazione del lutto, di dolore, e ancora più difficile è sentir parlare adeguatamente di maschilismo, di patriarcato, di parità di genere, di sentimenti tossici. Credo sia proprio a causa di questa chiusura, di questo isolamento, di questa tendenza a replicare ciò che è già noto e a dare spiegazioni che si conoscono già e che quindi rassicurano. Mancano proprio gli strumenti per leggere e interpretare alcune cose.

 

A proposito della provincia. Mentre sembra esservi un’eterna lotta fra centro città e periferia, una lotta feroce che però fornisce la spinta vitale al cambiamento, è facile notare come i libri ambientati in provincia abbiano una caratteristica comune: sono immersi in una sorta di bolla temporale, nella quale i personaggi vivono refrattari a qualsiasi novità. Il tuo libro conferma questo modello. Cosa distingue dunque, secondo te, la città, la periferia e la provincia? Qual è il quid della provincia?
Continuando il discorso di prima, credo che le piccole comunità che quasi costituiscono un microcosmo autosufficiente e che sono profondamente attaccate alle proprie radici possano tendere all’isolamento e alla chiusura. A mio avviso le tradizioni, l’identità e le usanze di un posto sono un patrimonio da custodire gelosamente, ma accanto a questo dovrebbe esserci anche l’accoglienza verso nuove forme di pensiero. In Adorazione il paese ha un ruolo ambivalente: da una parte è il nido, la casa, un posto dove i personaggi si sentono sicuri e protetti, dall’altra è una gabbia, una morsa che stringe.

 

Le tre protagoniste del romanzo – Diana, Vera e Vanessa – in questa estate indimenticabile affrontano un cambiamento epocale. Quella che potremmo definire la sottotrama di Diana ha a che fare col diverso sguardo che la ragazza getta sul proprio corpo: da oggetto di repulsione a vero e proprio strumento di seduzione. Tutto parte da una foto postata su Instagram e dai conseguenti apprezzamenti di vari ragazzi. In cosa, secondo te, l’approccio online si differenzia da quello reale? E quanta importanza rivestono i social nella provincia, là dove tutti si conoscono ed è più difficile evadere dalla routine?
In provincia, come in ogni piccola comunità, c’è sempre la sensazione di essere osservati, si ha sempre davanti il giudizio degli altri, e questo vale anche per l’uso che si fa dei social. Diana, infatti, si scatta centinaia di foto, passa giorni a sezionarle per sceglierne una e comunque non la pubblica, proprio perché pensa a cosa penserebbero nel vederla tutte le persone che conosce. Sente lo sguardo degli altri, sente il pericolo di uscire dal suo ruolo, dal posto che occupa in quell’ambiente. Poi, grazie al gesto di una sua amica, che pubblica quella foto al posto suo, Diana riesce a fare un salto di prospettiva, uno scarto, e da quel momento cambia tutto per lei, anche il modo in cui vede sé stessa. Ma è un cambiamento sia attivo che passivo, in un’oscillazione costante tra autodeterminazione e dipendenza pressoché totale dallo sguardo altrui. Per Diana, ad ogni modo, i social rappresentano la possibilità di uscire dalla propria realtà, e in questo la distanza che è propria delle relazioni online costituisce sicuramente un vantaggio.

 

Anche la sottotrama di Vanessa è di estremo interesse. In un mondo cosmopolita, in cui tutto o quasi si fa fluido a partire dalla sessualità, vediamo come certe realtà tendano a riproporre schemi patriarcali da primo novecento: la figlia che deve per forza portare avanti una relazione sterile col rampollo di buona famiglia, anche a costo dell’infelicità. Perché è così difficile spezzare questa catena?
Perché la tradizione tende a cristallizzarsi, se non c’è uno scambio. La scena in cui Vanessa dice a sua nonna Stella che ha lasciato Gianmarco in questo senso mi sembra esemplificativa: nonostante sua nonna sia sempre stata molto accudente, premurosa e attenta nei confronti di sua nipote non riesce a comprendere come lei possa voler lasciare Gianmarco. Per Stella un uomo è per sempre, nonostante le infelicità e le insoddisfazioni. Ha vissuto per tutta la vita con un marito oppressivo, eppure nella sua mente non è mai esistita la possibilità di lasciarlo.

 

Adorazione è un romanzo di adolescenti. Gli adulti che compaiono sembrano quasi tutti incapaci di leggere i propri figli, a propria volta ingabbiati in modelli in cui faticano a riconoscersi. È corretto ravvisare una sorta di incomunicabilità fra genitori e figli? E se sì, quale ne è il fondamento?
Credo che in Adorazione lo scarto non solo tra genitori e figli, ma anche tra genitori, figli e nonni, sia molto evidente. Allo stesso tempo, non credo che le generazioni siano condannate all’incomunicabilità, dipende molto dalle singole persone, dalle loro paure e resistenze, dalla loro volontà di ascolto. Walter, il papà di Vanessa, ad esempio, riesce sin dall’inizio a mettersi da parte e a comprendere i bisogni e i desideri della figlia. E, anche se non li capisce fino in fondo, a fidarsi di lei. E Diletta e Manuela, che all’inizio del romanzo non riescono ad essere le madri di cui Diana e Vanessa avrebbero bisogno, alla fine della storia compiono un enorme cambiamento e si schierano dalla parte delle loro figlie.

 

In conclusione, è innegabile dire che il finale di Adorazione è apertissimo. Hai in serbo qualcosa per Diana, Vera, Vanessa e gli altri ragazzi?
Sono profondamente legata a questi personaggi, e il finale aperto mi sembrava un dovere nei confronti dei percorsi che stavano facendo. Più che un romanzo di formazione definirei Adorazione un romanzo di trasformazione: alla fine della storia i personaggi non hanno preso una forma, non hanno più risposte. Ma per il momento no, lascerei Diana, Vera, Vanessa e tutti gli altri fare la loro strada da soli.


David Valentini