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Il dominio della meritocrazia: "La classe" di Christina Dalcher

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Christina Dalcher
La classe
di Christina Dalcher
Editrice Nord, 2020
 
Traduzione di Barbara Ronca
 
pp. 416
€ 18,60 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
 
 «Il punto cruciale, ciò che le persone devono comprendere, è che che non siamo affatto tutti uguali.» Madeleine ha fatto una pausa e ha alzato una mano quando il giornalista ha aperto bocca per intervenire. «Lo ripeto. Non siamo tutti uguali.» Ha rivolto di nuovo lo sguardo oltre lo schermo. «Ditemi, genitori, volete che vostro figlio sia in classe con studenti che hanno un'accentuata deviazione dallo standard? Con bambini che non hanno la capacità di comprendere le sfide e le difficoltà che il vostro cinquenne sta attraversando? Con insegnanti il cui tempo è frammentato in così tante direzioni che tutti tutti finiscono per rimanere indietro?» (p. 36)
In un futuro non troppo lontano, la scuola negli Stati Uniti è diventata perfettamente meritocratica. I bambini – così come gli insegnanti – vengono valutati e smistati in base al loro Q e tenuti sotto continuo esame per essere certi che il rendimento non cali. Ci sono le Scuole Argento, le Scuole Verdi a scendere e infine le Scuole Gialle, che prendono il nome e il colore dai vecchi autobus scassati che vengono a ritirare i ragazzi. Di queste ultime scuole non si sa molto, se non che funzionano come collegi. I ragazzi vengono portati via dalle famiglie e "seguiti" in modo più consono al loro Q. 
Elena Fairchild è sposata con Malcom, uomo di punta nell'attuazione del sistema, e ha due figlie. Anna, studentessa modello di una Scuola Argento e Freddie che, a seguito di un esame andato male, viene declassata. Ed è solo quando l'ingiustizia del sistema la tocca di persona che Elena decide di farsi spostare in una Scuola Gialla, pronta a indagare e fare di tutto per salvare sua figlia dal nebuloso destino che attende i ragazzi di questi "collegi".
 
Christina Dalcher già con il suo precedente romanzo, Vox, aveva mostrato di avere delle idee di partenza per le proprie distopie molto valide. Se lì si trattava della libertà di parola delle donne, ne La classe parte da un pensiero che ogni genitore ha avuto almeno una volta durante il percorso di studi del proprio figlio e che è ben sintetizzato dalle frasi dette da Madeleine Sinclair, volto e attuatrice del sistema, in apertura di questo pezzo. Cosa succederebbe, quindi, se si spingesse al massimo la meritocrazia basandosi solo sul quoziente intellettivo di adulti e bambini? È interessante vedere come l'autrice fa agire i propri personaggi in una simile situazione, ovvero di fronte a un sistema che sembra essere partito con le migliori intenzioni ma che ben presto cambia rotta e finisce per andare verso una deriva estremista che chiunque avrebbe potuto immaginare.
Chiunque, a parte tutta la popolazione americana. Oltre che per il cognome di Madeleine, l'autrice strizza l'occhio all'autore premio Nobel dell'ucronia Qui da noi non può succedere: Sinclair Lewis. Gli americani di questo romanzo, inclusa la classe dirigente incarnata da Elena per il lato dei buoni e Malcom e Madeleine per il lato dei cattivi , sembrano essere completamente immemori di quanto capitato nel millennio precedente quando forme di ordine sociale così coartato e volto alla creazione di un popolo perfetto sono rovinosamente fallite dopo aver seminato morte intorno a loro. Sembrano ignorare le posizioni statunitensi nei confronti dell'eugenetica e straordinariamente naïf nel pensare che, da loro, brutture simili non possono verificarsi. Perché loro sono l'America.
Sembra roba da Terzo Reich, ma non lo è. Gli autori sono francesi, inglesi, italiani, belgi.
Otto sono americani. (p. 317)  
Il riferimento letterario è alto, l'atteggiamento dei personaggi è coerente con la labilità della memoria storica e mostra quanto valore possano avere i "mai più", ma il mondo che viene costruito intorno a un'ottima idea di base ha qualche debolezza e forzatura.
La forzatura maggiore viene dalla famiglia di Elena, che è di origine tedesca. Nel tentativo di imboccare la protagonista con la soluzione al mistero di quanto il governo sta cercando di fare, le viene affiancata la nonna, ormai anziana e non del tutto lucida, che confessa il suo passato nella Gioventù Hitleriana e che denuncia la presenza in famiglia di Eugen Fisher. E, proprio per l'atteggiamento di cui sopra, nonostante questo memento vivente in famiglia, Elena non sembra riuscire a capire dove le continue scremature, selezioni e smussature possano portare. 

La narrazione corre su due piani: la storia principale, nel presente, e diversi inserimenti del "prima" ,quando Elena e Malcom erano ancora giovani e che mostrano come nessuno possa mai dirsi veramente innocente (come sempre quando ci troviamo tra pagine distopiche). Ma se le relazioni tra i personaggi principali sono chiare e motivate, si colgono qua e là debolezze nei personaggi secondari: vengono lasciate cadere rivelazioni che dovrebbero essere di svolta, ma che vengono accettate senza sorpresa, come nel caso del vero ruolo di Melissa Munson, insegnante declassata come Elena nella Scuola Gialla. O il vero motivo della perfidia di Alex Cartmill, amico di Malcom e freddo e violento medico che pare non avere nessun reale motivo dietro le sue azioni, come se fosse un cattivo tout court delle favole.
Il sistema di funzionamento delle Scuole, esami a parte, resta abbastanza defilato sullo sfondo, così come il fantomatico test prenatale in grado di stabilire il Q del feto. Elemento che sembrerebbe seminale e fondamentale per il mondo che stanno costruendo, ma che non viene mai spiegato. Essendo poi Elena una professoressa di scienze e genetica ed essendo tutta la narrazione in prima persona ci si aspetterebbe un occhio di riguardo sulla situazione scientifica alla base della società.

Interessante la posizione delle donne in questo mondo: anche se sottoposte ai test del Q, per quanto intelligenti, vivono sempre in una condizione di svantaggio. Le assenze sul lavoro e i congedi per motivi familiari sono in larga parte a loro appannaggio e questo fa perdere loro percentuali di Q: in questo modo, gli uomini, in caso di divorzio, sono sempre favoriti dal loro Q ancora intatto. Trasposizione molto chiara dello squilibrio che ancora permea il mondo del lavoro reale, senza disturbare nessuno scenario distopico.
La classe ragiona sulle diversità che non sono vissute come valore. Il "non siamo tutti uguali" dichiarato a gran forza non sottende un "per fortuna", ma un ordine implicito a darci da fare per eliminare qualunque differenza che tenda verso il basso. A dimostrazione di come la Storia può essere ciclica e senza alcun riguardo per nazioni e confini. Può succedere ovunque. Ma inizierà sempre sotto l'egida delle migliori intenzioni. 

Giulia Pretta