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Il violento silenzio di "Eredità" di Vigdis Hjorth

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Eredità
di Vigdis Hjorth
Fazi Editore, 2020

Traduzione di Margherita Podestà Heir
€ 18,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Da quanto avevo capito, il motivo del conflitto partiva da una valutazione degli immobili troppo bassa, ma i fraintendimenti, la diffidenza, uniti a problemi di comunicazione, erano sfociati in accuse e scatti emotivi e la questione si era ingigantita. Per trovare una soluzione, bisognava tornare al punto di partenza: la valutazione che era stata fatta delle case. Ma, prima di presentare la sua proposta, voleva commentare le affermazioni di Bård riguardanti i nostri genitori.
Nel momento in cui si inizia a parlare di soldi e di eredità, anche i membri delle famiglie più unite mostrano segni di avidità, riesumano vecchi rancori, lottano per avere la fetta che spetta a loro in virtù di azioni presenti e passate. 
La famiglia del romanzo Eredità di Vigdis Hjorth si mostra spaccata già da molto tempo: da una parte, le due sorelle minori Astrid e Åsa legate ai genitori e di supporto nella loro vecchiaia. Dall'altra Bård e Bergljot che da decenni hanno troncato ogni legame. In mezzo alle due fazioni, la divisione delle amate case di famiglia al mare, sulla punta del promontorio di Hvaler. Sembrerebbe legittimo lasciarle alle figlie più presenti, se non fosse che il taglio così netto tra Bård e Bergljot è dato da eventi dell'infanzia rimasti sempre sotto silenzio, sminuiti, non creduti. Le case al mare sembrerebbero una ben misera compensazione per tutto il dolore che da decenni avviluppa la vita della protagonista e voce narrante, Bergljot, primogenita e figlia favorita dal padre.

La mia prima frase sul divano fu: Eravamo quattro fratelli, un maschio e tre femmine, io ero la preferita.
Nel momento in cui lo dissi, nell'imbarazzante silenzio che seguì, perché non ottenni nessuna reazione e non riuscivo a continuare, il mio corpo fu come attraversato da un fulmine. Le parole con cui tante volte avevo iniziato il racconto su me stessa mettevano a nudo tutta la loro falsità.
Il romanzo di Vigdis Hjorth, analizzato nel suo nucleo, racconta di un'eredità, una storia di dolorosi abusi familiari e i pesanti strascichi che questi lasciano nella vita e nella mente della protagonista, ormai nonna all'epoca della narrazione e che deve fare i conti con la morte del padre e con la gestione del testamento che non sembra voler prendere in considerazione un risarcimento per l'orrore subito da bambina. La forza del romanzo però si annida in due caratteristiche, sia stilistiche che narratologiche, che possono sembrare opposte, ma che insieme compongono gli elementi fondanti di un dramma familiare: la potenza del silenzio e l'ossessiva ripetizione di parole e azioni
Eredità è un romanzo molto silenzioso. Lo si nota sin dalle prime pagine dove ci si accorge che la presenza di dialoghi diretti è praticamente nulla. Ma, oltre all'affidarsi al dialogo indiretto laddove necessario, anche le relazioni tra i personaggi sono fatte di silenzio. Tra di loro parlano poco: preferiscono affidarsi a messaggi, email e lettere che a volte non vengono aperte, vengono cancellate prima della lettura, vengono travisate. Perché in una storia di abuso, oltre all'orrore dell'atto in sé, la vera violenza è data dal silenzio e dalla quieta accettazione di chi sta intorno. Bergljot, la figlia maggiore e vittima, vive decenni di silenzio, di mancato riconoscimento del suo trauma. Anzi, il trauma viene sminuito da accuse di invenzioni fatte per "rendersi interessante" così lo definisce la madre e dallo storpiamento della tremenda parola che lo accompagna. L'incesto non viene riconosciuto, ma chiamato sempre "insesto" come se la negazione della parola corretta potesse cancellare quanto fatto a una bambina di cinque anni. Una violenza che ha bisogno di essere espressa, ma che quando viene alla luce, lo fa con la percussiva forza di un'ellissi narrativa che si riassume nella definizione che ne dà la stessa Bergljot.
Lui mi toccò come un medico, lui mi toccò come un papà.
Il bilanciamento di questo silenzio è dato dall'ossessiva ripetizione di azioni, parole, spiegazioni che intride di realismo la narrazione. In qualunque tipo di racconto nel parlato quotidiano, noi ripetiamo, aggiungiamo, spieghiamo, giriamo in tondo in maniera a volte farraginosa. Vigdis Hjort si affida a questa scelta stilistica che, in una spirale continua, ci riporta su punti che pensavamo di aver già superato, ci ripete informazioni che già abbiamo rendendoci così pienamente partecipi dell'angoscia, dell'affanno e del bisogno di riempire il silenzio con cui la famiglia ha coperto per decenni la questione di Bergljot. 

È complesso il substrato di emozioni tra i vari familiari, ma non è mai raccontato in maniera banale. Suprema è la definizione che spoglia di qualunque falsità o sentimento dovuto la reazione delle sorelle nei confronti di Bergljot, vittima dell'incesto perpetrato dal padre. 

[...] erano stufe di lui, e specialmente di me, la sorella maggiore che aveva sempre ricevuto grandi attenzioni e di cui adesso bisognava pure avere compassione.

Complesso anche ciò che prova Bergljot che ammette di essere più disgustata dalla madre e dal suo non voler vedere o, peggio ancora, accettare, invece che dal padre che, almeno, è sempre stato chiaro nelle sue intenzioni. 
Un romanzo fatto di capitoli brevi, a volte di sole poche righe intessute di richiami alla letteratura e al teatro per trovare similitudini a quello che la protagonista sta vivendo. Capitoli che vengono quasi sputati fuori per la necessità di rompere il silenzio anche a costo di riempirlo di ossessivi richiami. Qualunque cosa, pur di tirare fuori la storia dall'abisso di reticenza che la stessa famiglia ha costruito e che è, in effetti, quanto di più violento Bergljot abbia mai subito in vita sua. 

Giulia Pretta

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La parola “eredità” è ambivalente. Si possono ricevere in eredità soldi o beni da chi non c’è più e allora si accompagna al dolore. Si possono ricevere doti o caratteristiche genetiche e allora resta un po’ di conforto nel sapere di avere gli occhi della nonna o il pallino per la matematica come lo zio. E se a queste sensazioni si accompagnasse anche la sofferenza per azioni del passato? Se la morte di qualcuno riportasse a galla vecchie storie di violenza in grado di fare a pezzi quelli che restano e devono gestire il carico dell’eredità materiale e non? Il romanzo dell’autrice norvegese Vigdis Hjorth in uscita domani per @fazieditore non ha paura a scendere in profondità su questo argomento. E non ha paura di sporcarsi le mani nel mettere in luce il complesso groviglio di sentimenti che si provano nei confronti di vittima e carnefice: senza finte ipocrisie o constatazioni ovvie. Giulia @books_details l’ha letto in anteprima confermando il suo grande amore per la letteratura nordica e domani ve ne parla #recensionidilibri #nuoveuscite #fazieditore #eredità #vigdishjorth #norvegia #famiglia #segretidifamiglia #nordicbooks #criticaletteraria

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