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#ScrittoriInAscolto - Cinque cose che David Grossman ci ha raccontato sul suo nuovo romanzo, "La vita gioca con me"

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La vita gioca con me
di David Grossman
Mondadori, 2019

pp.
€ 21 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)
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Nel mio vecchio documentario, che ora seguo sullo schermo del televisore di Vera, ripeto una frase che avevo sentito pronunciare da Tuvia, il mio nonno agronomo, e che all'età di quindici anni aveva un grande significato per me: «Ci sono semi ai quali per attecchire basta un unico granello di terra». Dopo dieci minuti, oppure mezzo minuto, Vera prese le mani di Rafael fra le sue e lui non le ritrasse. Lei aveva le dita ancora fasciate ma gli accarezzò ripetutamente i palmi con i suoi piccoli pollici, in attesa che lui smettesse di piangere e si calmasse. A quanto pare un granello di terra basta anche per due semi, se sono abbastanza disperati.

Incontrare David Grossman è come avere accesso a un mondo segreto. 
In parte è la stessa sensazione che si prova con i suoi romanzi, la percezione di una sorta di privilegio: poter entrare dentro storie che, come scrigni chiusi, contengono parole di famiglia, ricordo, memoria, amore che si rivelano a poco a poco. Richiedono attenzione e rispetto, quasi tu e lo scrittore condividiate appunto un segreto che non può esaurirsi troppo in fretta.
Ho sentito diverse volte in passato David Grossman raccontarsi a platee di lettori, ma non avevo mai avuto finora l'onore di incontrarlo tra pochi in un dialogo più intimo. Quando è successo, la sensazione già provata si è confermata e rafforzata. Parla piano lo scrittore, lentamente, chi lo ascolta percepisce il peso specifico di ogni parola. Incrocia i piani dell'esperienza e della scrittura, riferendosi contemporaneamente a se stesso, ai personaggi e, di riflesso, a noi che li abbiamo letti e amati.

Grossman è venuto in Italia per raccontare il suo nuovo romanzo, La vita gioca con me (che noi abbiamo recensito qui), una storia familiare che ha al centro tre donne - nonna, madre e nipote - interamente percorsa dai fantasmi di ieri che riaffiorano nel momento in cui tutta la famiglia si riunisce nel kibbutz per celebrare i novantanni di Vera, la nonna. Ci sono tanti non detto nella loro storia, come in quella di ogni altra famiglia, ma soprattutto ci sono conti in sospeso perché i segreti e le scelte di ieri pesano su quello che ciascuno dei personaggi è diventato oggi.


Vera ha un passato doloroso di internamento in un campo di rieducazione sull'isola di Goli Otok e un grande amore giovanile il cui pensiero non l'ha mai abbandonata; Nina, sua figlia, da anni scappa via dalle persone e dalle cose, ma questa volta torna perché ha qualcosa di urgente da condividere; Ghili, la nipote, occhio e voce narrante di questa vicenda, ha a sua volta bisogno di risposte, dalla nonna e dalla madre. In mezzo a loro anche la presenza degli uomini, Rafael (marito di Nina e padre di Ghili) e Tuvia (marito di Vera), accoglienti, resistenti, tenaci nell'amore come nella sopportazione del dolore. Per mettere insieme i pezzi di questo mosaico di affetti e di scelte, Ghili gira un documentario in cui Vera racconta e si racconta. I piani del passato e del presente si intervallano, mostrandoci l'impatto di tutto ciò che è avvenuto negli anni: gli amori, gli abbandoni, le assenze, le parole pronunciate e quelle taciute. 

Cinque cose che David Grossman ci ha raccontato su La vita gioca con me



1. La memoria, nella lingua e nelle storie
L'ebraico per Grossman è la lingua del ricordo, dell'origine, la lingua in cui legge le Sacre Scritture. L'autore ha definito un privilegio la possibilità di maneggiare una lingua a strati che presenta questi echi di valori. 
Ma la memoria non sta solo nell'uso della lingua, è la materia prima del suo romanzo perché modella la vita dei tre personaggi femminili che appartengono a tre generazioni diverse e hanno tre diversi segreti da rivelare. Come Israele, Vera, Nina e Ghili sono prigioniere del ricordo. 
È una memoria che richiede sforzo, è infarcita di frustrazione, di dolore e di fardelli che si portano dietro. Ognuna di loro deve porre a se stessa una domanda: "voglio essere ancora vittima di questo ricordo o voglio andare avanti?". La vita gioca con me è un libro su una ferita che va perdonata, un percorso molto difficile che lo stesso Grossman ha vissuto sulla propria pelle scrivendolo per liberare se stesso dal peso del dolore.


2. Scrivere al femminile
Non sono solo le donne i personaggi di questo romanzo, ma sicuramente le donne ne sono il cuore. "Ho provato a scrivere come una donna", racconta Grossman, "volevo capire un modo diverso di essere e di sentire". Questa è stata una sfida poiché nel dare vita a questa storia familiare lo scrittore ha incontrato inizialmente delle resistenze: 
È come se avessi detto ai miei personaggi: 'arrenditi a me', ma ero io che dovevo scardinare me stesso, espormi a loro e al loro passato. 

3. Rafael e l'amore per le sue donne
Molto intenso e potente il quadrilatero dei rapporti tra Vera, Nina, Ghili e Rafael, un uomo fondamentale per tutte loro. Ama Vera quasi ne fosse il figlio adottivo, adora Nina che ha aspettato per tutta una vita e di cui rispetta ogni scelta, è un faro per la figlia Ghili.
"Era necessario inserire Rafael nella struttura del romanzo, è lui che dà stabilità", dice David Grossman. È lui infatti a costituire un modello alternativo di famiglia. Sebbene sia debole, abbia paura di molte cose, a suo modo sia un perdente in diversi ambiti della sua vita, a tutte loro offre un riparo. In una trama di alti e bassi, è un filo conduttore stabile. Questo fa sì che ognuna delle donne dipenda da lui, come lui da loro.
Non a caso a un certo punto Rafael dice a sua figlia Ghili: "Io non so fare nulla, so solo amare". L'amore è il centro della sua esistenza.


4. Ghili, la creatrice del racconto
Perché hai scelto che fosse Ghili il punto di vista focale del romanzo?, abbiamo chiesto a Grossman.
"Non avrebbe potuto essere Vera, troppo caricaturale; non avrebbe potuto essere Nina, troppo lontana e assente. Ghili rappresenta la leggerezza, l'ironia."
Ma il personaggio di Ghili offre lo spunto per un altro tema fondamentale del romanzo: la maternità. È lei che ci regala un'altra chiave di riflessione per capire il diventare madri come un passaggio del testimone, come una forma di perdono che, passando dall'una all'altra, dona libertà.

5. Il ruolo dell'arte nella vita di David Grossman
Nel raccontare La vita gioca con me l'autore ha aperto le porte del proprio laboratorio creativo, spiegando il ruolo che l'arte gioca nella sua esistenza:
L'arte mi permette di sentirmi parte di un insieme, di un tutto, di sperimentare la pienezza della vita. L'arte è anche coscienza di sentire ciò che può esserci dopo la vita. 
Una visione totale, quasi religiosa, dell'arte e della scrittura, che si ritrova pienamente quando si guarda la parabola della produzione dello scrittore, intrecciata a una profondissima ricerca di senso. 

Tantissimi i concetti condivisi, ma sul finale Grossman chiarisce: "I'm not a theoretical writerIt's a book about love"
Parlavamo dell'accesso a un mondo segreto, ed ecco la risposta: è quello dell'essenza della vita e delle sue infinite manifestazioni. Prima tra tutte l'amore, la più potente e in fondo la più segreta. 


Claudia Consoli