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Il dolore di assenze corrosive e lo scudo di ricordi riparatori nel nuovo romanzo di David Grossman, "La vita gioca con me"

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La vita gioca con me
di David Grossman
Mondadori, 29 ottobre 2019

pp. 300
€ 21,00 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)



Quando può essere cancerogeno l'amore? E quanto un'assenza può traumatizzare per sempre una giovane vita? Fin dalle prima pagine di La vita gioca con me, il nuovo e attesissimo romanzo di David Grossman, appaiono chiare alcune tematiche che rintoccheranno per tutta la narrazione. Tanto per cominciare, ci troviamo alle prese con una delicata riunione di famiglia: in occasione del compleanno dell'ultranovantenne Vera, sua figlia Nina decide di tornare al kibbutz, a costo di prendere più aerei e, soprattutto, a costo di creare una situazione di tensione generale. Infatti, Nina è la fuggiasca, la madre che ha abbandonato sua figlia da piccolissima, pur di viaggiare. E adesso sua figlia, Ghili, io narrante della storia, la guarda con gli occhi iniettati di delusione e di odio per tutti i non-detti che hanno scavato tra loro una distanza forse incolmabile. D'altro canto, anche Nina guarda sua madre Vera con lo stesso sguardo, perché anche lei è stata abbandonata a sei anni e mezzo, ma per motivi completamente diversi: Vera era stata internata in un disumano campo di rieducazione e per oltre due anni non era riuscita ad andarsene. Insieme alle tre donne, Rafael un uomo importantissimo per tutte loro: è il figlio adottivo di Vera, dopo che lei ha sposato suo padre Tuvia; è l'amore di Nina, l'unico che è in grado di sopportare le sue lunghe assenze e le sue bizzarrie; ed è il padre di Ghili, una figura di riferimento, con cui la giovane donna condivide la passione per i documentari. 

Ed ecco che anche in questa occasione, potenzialmente di attrito e di ulteriore allontanamento, si propone a Vera di girare un documentario sulla sua vita: lei, con il suo accento che tradisce ancora le sue origini balcaniche e la sintassi un po' zoppa, rievoca i momenti belli del suo passato, a cominciare dall'amore per il suo primo marito, Miloš, padre di Nina. Ma l'idillio di un amore pulito viene incrinato continuamente dalla storia, che mette alla prova la coppia e la loro lealtà. Vera, farebbe di tutto per Miloš e non potrebbe mai tradirlo, anche se - come scopriremo nel corso del romanzo - la sua dedizione comporta molti sacrifici e rinunce.
Il monologo di Vera davanti alla telecamera non è però fluido: è infatti continuamente interrotto dalle reazioni dei familiari, che non possono evitarsi commenti e ulteriori domande. Ed è anche intervallato dal presente, un presente che vede le tre donne molto diverse da come erano allora. Ognuna di loro ha costruito enormi castelli con attorno mura quasi invalicabili: fare breccia nelle loro difese è molto difficile e in più punti si arriva allo scontro. Cosa resterà di loro, se lasceranno entrare ancora le persone che più hanno fatto tanto male con le ripetute assenze? Scoprire la verità, tutta la verità, sarà un bene o lascerà un vuoto ulteriore? 
Ce lo chiediamo più volte noi lettori, zigzagando (qualche volta con un po' di fatica) tra i pensieri e le emozioni - violentissime, sia nell'amore sia nell'odio - delle tre donne: si resta storditi dall'irruenza con cui si avvinghiano agli affetti, per poi strapparsi improvvisamente da loro

Appare chiaro fin dall'inizio del romanzo che nessuna delle tre protagoniste è libera dai segreti: Vera sa che, prima o poi, dovrà rivelare che cosa l'ha portata a essere fatta prigioniera e a raccontare la sua vita là; Nina arriva al kibbutz con la terribile rivelazione che presto sarà schiava di una forma di demenza precoce; Ghili è scossa dalla richiesta del suo compagno di avere un figlio insieme, e non si dà pace per la sua ritrosia.

Solo Rafael, semmai, è il personaggio che resta a contemplare una madre adottiva che ama, la donna della sua vita, la figlia che adora. Lui è colui che accoglie, sempre, nel corso di tutto il romanzo: in particolare, cerca continuamente Nina, perdona le sue avventure sessuali, nonostante la gelosia e il dolore si facciano più forti a ogni nuova rivelazione. Eppure Rafael sa amarla, sempre e comunque, e questo è al tempo stesso un "talento" e una maledizione, perché l'ossessione per Nina lo porta a vivere dipendendo totalmente da lei.
In ogni caso, lui è il vertice meno forte narrativamente del quadrilatero degli affetti: è sulle donne che Grossman concentra la propria attenzione. E nel delineare il loro carattere, mostrando i chiari e soprattutto gli scuri, l'autore è un maestro: non c'è mai dubbio che i personaggi sembrino inverosimili o eccessivi. La struttura narrativa, colma di intermittenze, non è sempre semplicissima da ricostruire, ma è molto probabile che uno scrittore sapiente come Grossman l'abbia fatto apposta, per mostrare al lettore fin dalle prime pagine come le sue protagoniste siano impazienti di irrompere sulla scena, rubandosi la parola, talvolta interrompendosi sul più bello di un ricordo. Abbiamo così un romanzo che procede per scampoli di passato, che vengono dipanati solo a tratti, mentre tutto grida dolore, incomprensione, desiderio di riscatto: riusciranno a capirsi, finalmente, e a perdonarsi?, si chiede il lettore nelle prime pagine. E la risposta si farà attendere fino alla fine.

GMGhioni