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#CriticARTe - The Sound of Hands di Cristina Arrigoni

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The Sound of Hands

A photographic journey into the language of musicians hands.

a cura di Cristina Arrigoni
Wall of Sounds, 2018

pp. 88, 60 fotografie
Formato 28x28cm, cartonato.
€ 35 




La fotografa Cristina Arrigoni nel suo primo libro propone un intenso viaggio all’interno della musica blues, attraverso l’osservazione del linguaggio delle mani dei suoi attori principali. L’attenzione dello spettatore viene diretta verso l’elemento principale, attraverso la precisa esclusione di ogni dettaglio all’interno dell’immagine, così come la precisa scelta della gamma cromatica, per lo più unicamente in bianco e nero.

Dallo sfondo emergono mani, parti di un corpo che svanisce nello sfondo cupo, divenendo metafora universale ed allo stesso tempo veicolo di un messaggio, di una storia, che si racconta attraverso i dettagli di uno strumento, di un accessorio o delle pieghe della pelle od ancora mostrando talvolta sullo sfondo, in leggero contrasto, il viso dell’artista.

“Cristina è una visionaria – afferma il musicista Willie Nile –col talento di saper cogliere l’anima e le qualità ‘eroiche’ di tutto ciò che il suo sguardo sa cogliere senza mediazioni.” 



L’introduzione del libro è scritta da Frank Stefanko, lo storico fotografo americano il cui nome è legato da sempre a Bruce Springsteen e Patti Smith. Il libro è anche corredato in chiusura da immagini che ritraggono i volti degli artisti, accompagnate dagli aneddoti legati ad ogni incontro e photo shoot.

“Pensavo è bello che dove finiscono le mie dita debba in qualche modo incominciare una chitarra”, i versi di Fabrizio De André, inclusi nel noto brano “Amico Fragile”, vengono in soccorso per comprendere lo stretto legame che intercorre tra musicista ed il suo strumento, spiegando, a chi è digiuno del mondo musicale, una delicata dinamica che rende particolarmente unico e speciale il libro della Arrigoni. 

“Le fotografie di Cristina – scrive nel libro Elliott Murphy – riescono sempre a cogliere magicamente l’essenza vera del viaggio di un musicista, sia sul palco che fuori scena. (…) E cosa potrebbe essere più essenziale delle mani di un musicista, che cercano di fare l’amore con l’acciaio?”.

Le dita e i loro calli, ma anche gli anelli, tatuaggi, orpelli di diversa natura, sono veicolo di un’identità che si mostra chiara e forte, tramandando insieme alle note lo spirito della musica e del suo artista. Si tratta di dettagli che vengono colti solo a distanza ravvicinata, presupponendo un’intimità particolare con il soggetto, così come una luce atipica per il mondo del blues, che spesso rifugge il clamore dei grandi palchi, preferendo performance per un pubblico più contenuto.



Elena Arzani