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#PLPL18 - Quando un romanzo mafioso serve a muovere le coscienze: intervista a Petra Reski

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Nel nostro secondo giorno all’edizione 2018 di Più libri e più liberi siamo stati impegnati in numerosi eventi e incontri, tutti stimolanti e ricchi di spunti di riflessione. Uno degli spazi più importanti della nostra giornata è stato occupato dal tema della mafia, che come abbiamo raccontato qui è stato oggetto dell’incontro durante il quale la giornalista tedesca Petra Reski (insieme all’amico Beppe Grillo), specialista del tema, ha presentato il suo primo romanzo di argomento mafioso, Palermo Connection. CriticaLetteraria era stata tra le prime testate a puntare l’attenzione su questo testo che racconta delle indagini della procuratrice antimafia Serena Vitali sulla trattativa Stato-mafia e dei tentativi del giornalista tedesco Wieneke di scrivere un reportage dall’interno, intervistando cioè uno dei boss più potenti della zona. Abbiamo avuto la possibilità di intervistare la Reski, sin da subito disponibile a dire la sua – senza giri di parole – sulla mafia di oggi.

La protagonista di Palermo Connection è Serena Vitali, la procuratrice antimafia di Palermo. Come mai la scelta di una figura femminile per ricoprire un ruolo che il sentire comune vuole maschile?
Intanto ci tengo a specificare che pur essendo, è vero, percepito come un mondo maschile, io conosco molte procuratrici e giudici donne di estrema professionalità e preparazione. Per quel che riguarda il romanzo, ho scelto una donna perché mi ha permesso di cogliere scene umanamente più intense e insolite. Penso, ad esempio, al racconto della Vitali dal parrucchiere. Un uomo dal barbiere non avrebbe avuto lo stesso fascino, non crede?

Rispetto alla grandiosità della protagonista, tutti gli uomini della storia (da Antonio Romano al giornalista Wieneke) appaiono come delle macchiette. Devo dedurre che lei è femminista?
(Ridendo) Cosa posso dirle? Mi ero immaginata una storia femminile, che poi sia anche femminista questo non è stato il fulcro dei miei pensieri. Non volevo il solito protagonista superuomo in grado di compiere qualunque impresa grazie alla sua forza. Dato che sono convinta che le donne possono fare le stesse cose degli uomini, il mio è un messaggio molto banale: non c’è differenza tra uomini e donne nella lotta alla mafia. Per questo ho anche privato Serena delle solite immagine legate alla donna: problemi con la figura paterna, infelicità coniugale, difficoltà genitoriale. La Vitali è una donna libera; pensi che una critica letteraria ha scritto che è una donna dai costumi sessuali aperti. Ecco, questa libertà mi piace molto ed era proprio quello che volevo suggerire con la sua figura.

I fatti reali legati alla mafia (sto pensando agli attentati a Falcone e Borsellino) vengono spesso citati solo allusivamente e non fanno parte della trama. Perché?
Avevo questa idea ben chiara sin da subito. Palermo connection doveva essere un’opera letteraria e non un saggio documentato. Sarebbe stato troppo scontato da parte di una giornalista che si è sempre occupata di mafia. Mi sono fatta, ovviamente, ispirare da fatti veri, ma quello che volevo raccontare erano i meccanismi dei media e della mafia, non volendo farmi limitare dalla portata dei fatti veri. Ad esempio, per quanto riguarda la trattativa Stato-mafia, volevo facesse da sfondo in maniera generale senza entrare nel merito dei fatti veri.
Palermo Connection, Fazi Editore 2018

Cosa l’ha spinta a cedere al romanzo di argomento mafioso, lei che si è occupata da sempre di articoli e saggi sul tema?
Principalmente due ragioni. La prima è che non volevo essere, per l’ennesima volta, la vittima: ho scritto tanti articoli e saggi e subito dopo sono piovute querele e procedimenti legali. La seconda è che volevo smetterla con l’autocensura. Ogni volta che ho scritto della realtà dei fatti, mi sono sempre autocensurata. Infatti prima di arrivare al momento in cui con l’avvocato controlliamo parola per parola proprio per evitare i problemi di cui sopra, ero io stesso a limitarmi e fermarmi. Un romanzo invece è molto liberatorio: la letteratura offre la libertà di scavare a fondo nella psicologia delle persone, un’operazione che dice molto sui meccanismi della società, ma che in un testo saggistico non può essere fatto.

Mi sento onorata di poter chiedere a lei, dall’immensa preparazione sul tema, quale sia l’identikit del mafioso del XXI secolo e in che modo noi persone comuni possiamo combattere la mafia.
Oltre alla mafia più folkloristica (che qui a Roma ad esempio avete visto durante lo smantellamento delle case dei Casamonica) che gli abitanti di un piccolo paese dell’entroterra calabrese conoscono, e che gli stessi magistrati hanno definito rurale, ci sono altri tipi di mafia. La manovalanza mafiosa, quella cioè che di negozio in negozio chiede il pizzo ai commercianti. C’è poi l’imprenditorialità mafiosa, che lucra sullo smaltimento dei rifiuti o sull’edilizia illegale sul territorio: Scarpinato (Roberto Scarpinato, attuale Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Palermo, ndr) la definisce la mafia mercatista. Il terzo livello è quello dei mafiosi che riescono ad entrare nei grandi centri del potere politico, nel Parlamento italiano così come in quello europeo, e che hanno quindi familiarità con i politici di tutta Europa, tedeschi inclusi. Per questo con le mie opere voglio svegliare le coscienze: la consapevolezza è infatti una prima arma di lotta alla mafia. Poi, ritengo che non cadere nelle trappole folkloristiche della criminalità organizzata sia un altro modo per contrastarla. Infine, la cosa più importante è compiere delle scelte politiche consapevoli e tempestare di domande i politici che ci rappresentano: fintanto che gli onorevoli si sentono liberi di fare quello che vogliono, non ci sarà mai una legalità completa.

Palermo Connection è il primo romanzo di una serie. Cosa dobbiamo aspettarci dai prossimi?
Fino a ora sono usciti tre titoli e quello che mi ha sorpreso è in che modo si siano sviluppate le storie dei protagonisti. Quando sentivo gli altri scrittori dire che i loro personaggi prendevano vita, non ci credevo. E invece è successo pure a me: anche i miei personaggi stanno subendo un’evoluzione. Quello che mi ha dato più soddisfazioni è stato Wieneke: io che amo l’ironia ho trovato in lui la perfetta esemplificazione dello sfigato di turno a cui ne succedono di tutti i colori. Pensi che in Germania sono tantissimi i suoi fan!

Intervista a cura di Federica Privitera