di Garrard Conley
Black Coffee, ottobre 2018
Traduzione di Leonardo Taiuti
€ 15 (cartaceo)
pp. 366
Vorrei che tutto questo non fosse mai accaduto, ma a volte ringrazio Dio che lo sia (dalla nota dell’autore)
C’è una cosa che dico spesso quando mi trovo a presentare o recensire un libro: quelle che più mi restano dentro sono le storie che, in qualche modo, mettono in discussione le mie certezze, mi destabilizzano, mi spingono a pormi domande talvolta scomode a cui non sempre riesco a trovare risposte e lì, tra i punti di domanda, sento più chiaro che mai il potere della scrittura e le ragioni che tanti anni fa mi hanno fatta innamorare dei libri, soprattutto della narrativa statunitense. Difficilmente vado alla ricerca di me stessa tra le pagine, non mi interessa più di tanto riconoscermi nei personaggi o ritrovare luoghi e situazioni in qualche modo familiari; certo, talvolta capita e con effetti interessanti, ma, in fondo, i libri che nel corso degli anni mi sono rimasti sotto pelle sono proprio quelli che mi hanno permesso, in una forma o nell’altra, di uscire dalla mia comfort zone, quelli in cui i dubbi, le domande rimaste senza risposta superano di gran lunga certezze e verità spacciate per assolute.