"Boy Erased": crescere gay negli Stati Uniti del Sud

Boy Erased. Vite cancellate
di Garrard Conley
Black Coffee, ottobre 2018

Traduzione di Leonardo Taiuti

€ 15 (cartaceo)
pp. 366

Vorrei che tutto questo non fosse mai accaduto, ma a volte ringrazio Dio che lo sia (dalla nota dell’autore)
C’è una cosa che dico spesso quando mi trovo a presentare o recensire un libro: quelle che più mi restano dentro sono le storie che, in qualche modo, mettono in discussione le mie certezze, mi destabilizzano, mi spingono a pormi domande talvolta scomode a cui non sempre riesco a trovare risposte e lì, tra i punti di domanda, sento più chiaro che mai il potere della scrittura e le ragioni che tanti anni fa mi hanno fatta innamorare dei libri, soprattutto della narrativa statunitense. Difficilmente vado alla ricerca di me stessa tra le pagine, non mi interessa più di tanto riconoscermi nei personaggi o ritrovare luoghi e situazioni in qualche modo familiari; certo, talvolta capita e con effetti interessanti, ma, in fondo, i libri che nel corso degli anni mi sono rimasti sotto pelle sono proprio quelli che mi hanno permesso, in una forma o nell’altra, di uscire dalla mia comfort zone, quelli in cui i dubbi, le domande rimaste senza risposta superano di gran lunga certezze e verità spacciate per assolute.

#PagineCritiche - Avviciniamoci un po' al fuoco e mettiamoci comodi: questa è la storia dell'inverno.

Inverno. Il racconto dell'attesa
di Alessandro Vanoli
Edizioni Il Mulino, 2018

pp. 209
€ 15 (cartaceo)
€ 7,69 (ebook)



Quando pensate alla parola "inverno", cosa vi viene immediatamente in mente? La neve, il Natale, il bianco, il freddo? Non c'è sicuramente una sola possibilità, ma in ogni caso la risposta non esiste fin dall'inizio dei tempi, è frutto della nostra cultura, del periodo storico in cui ci troviamo e dei nostri retaggi dell'infanzia. 
Raccontare l'inverno, dunque, è tutt'altro che semplice: occorre documentarsi a fondo, per non giudicare un po' ingenuamente il passato con gli occhi di oggi; bisogna anche selezionare tra moltissime fonti, che offrono eventi storici, folclore, riti, leggende, usi e costumi, conoscenze scientifiche,... 

#PagineCritiche - Micro. Su "Nondimanco" di Carlo Ginzburg


Nondimanco. Machiavelli, Pascal
di Carlo Ginzburg
Adelphi, 2018 (prima ed.)

pp. 242
€ 18,00 (cartaceo)


Nondimanco, l’ultima pubblicazione che lo storico Carlo Ginzburg presenta all’ombra dell’effige di Adelphi, saccheggia per sottotitolo due cognomi, di cui ognuno così imponente da colonizzare l’attenzione del lettore. Machiavelli, Pascal; due segretari: il primo, della Repubblica fiorentina; il secondo, com’era più mestamente definito, “di Port-Royale”, la comunità filosofica e religiosa che sull’ascendere dell’età moderna annoverava tra i membri Antoine Arnauld e Pierre Nicole. Si comincerà dunque con un brano del saggio Scrittura e persecuzione di Leo Strauss, per cui l’influenza della seconda costringa gli scrittori eterodossi a sviluppare una precisa tecnica dissimulatoria, che in parte dica e in parte taccia, nell’insinuazione dell’ironia: «quella tecnica cui alludiamo quando parliamo di “scrivere tra le righe”». Così, il commento di Ginzburg: «La ricerca consiste anche in questo: nel tentativo di afferrare qualcosa che è scritto tra le righe, in inchiostro invisibile, sulle testimonianze frammentarie del passato» (p. 154-155). Proprio un’indagine che si immerga dentro la trama della storia e ardisca nell’opera di bracconaggio alle frammentazioni, anzitutto quelle che paiono troppo minute per azzardare pur il mormorio di una voce in capitolo, sembra il lavoro cui sottende lo sguardo ginzburgiano.

#PagineCritiche - Perché i bambini diventano ogni giorno più fragili? La risposta di Stefano Benzoni

Figli fragili
di Stefano Benzoni
Editori Laterza, 2018

pp. 150
€ 10

Una madre esce dal colloquio con gli insegnanti. Pare che la figlia di otto anni sia irrequieta, incostante, faccia continue battute e si distragga. Lei come decine d'altri nella scuola. Ma per qualche motivo le maestre hanno pensato che proprio per lei potrebbe essere indicato un consulto psicologico. Dicono che potrebbe essere iperattiva, avere 'quella cosa' che va molto adesso e che si chiama Adhd. La madre è incerta. Non saranno le maestre ad aver travisato i segnali della bambina? Non sarà solo una moda, questa dei problemi psichici? (p.3)
Quando ho letto queste parole, molte immagini, tutte uguali, si sono affastellate nella mia mente ricordando le riflessioni e i pensieri che animavano i dialoghi a casa a proposito di molti compagni di classe della mia sorellina, quattordici anni più piccola di me. Un’altra generazione di fronte alla quale gli stessi insegnanti, che ai miei tempi rispondevano alle marachelle con una nota sul diario e una punizione, si sono trovati a dare risposte più approfondite e allarmiste a queste (apparenti) fragilità.

#LectorInFabula - Ritorno ad "Austenland": la nuova collana di Hop! edizioni

1. Emma: aspirante Cupido

2. Orgoglio e pregiudizio: mai fidarsi delle apparenze
di Mapi (testi) e Eleonora Antonioni (illustrazioni)

Collana: Alice in Austenland
Direttore Davide Calì
Hop! edizioni, 2018

€ 12.00


Stupisce sempre l'originalità con cui la casa editrice Hop! affronta e ripropone i grandi classici o i grandi personaggi del mondo dell'arte e della letteratura. In questo caso, con la serie “Alice in Austenland”, l'obiettivo è di provare ad avvicinare il mondo delle preadolescenti all'universo sempre vivido di Jane Austen, nella speranza che di lì a poco le ragazzine decidano forse di leggere anche i romanzi originali. L'espediente narrativo è semplice, ma efficace: la giovane Alice – origini italiane e un carattere deciso – ha vinto una borsa di studio per la prestigiosa Alton Abbey School, dove si trova presto immersa in situazioni complicate e stranianti che sembrano catapultarla di volta in volta all'interno dei suoi romanzi preferiti (si parte, con questi primi due volumi, da Emma e Orgoglio e pregiudizio). Alice conosce bene i libri di Jane: non a caso tiene un diario a cui si rivolge come a "Cassandra", ovvero la sorella della sua autrice del cuore, e tiene sul giornalino della scuola una rubrica anonima in cui descrive causticamente le abitudini vacue della moderna gioventù firmandosi Lizzie Bennet. Questo rapporto di vicinanza quasi viscerale rappresenta per lei anche un vantaggio: possiede un'arma in più per interpretare gli eventi in atto, può quasi prevederne l'andamento sulla base delle trame dei romanzi a cui la vita finisce per assomigliare (in un sorridente rovesciamento di quanto avviene solitamente nella letteratura). 

Attraverso la pelle di chi soffre: "L'uomo che trema" di Andrea Pomella


L’uomo che trema
di Andrea Pomella
Einaudi, 2018

pp. 219
€ 18,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Per un malato di depressione la visione è netta, senza nebbie. Una persona non affetta da depressione invece ha una visione sfocata, lavora di fantasia, interpreta, completa le forme come un bambino alle prese con i primi esercizi di geometria. L’opacità è dei sani. Lo è perché il non vedere l’esatta forma delle cose è il dispositivo di natura attraverso il quale ci salviamo da noi stessi. (p. 83)

L’uomo che trema è un memoir, anche se durante una presentazione l’autore ha preferito chiamarlo un reportage. L’uomo che trema è una narrazione in prima persona di quel male subdolo e sotterraneo che risponde al nome di depressione maggiore, e poiché il narratore è anche protagonista di una vicenda reale (tutto ciò che accade nel libro è realmente successo e tutti i personaggi presenti esistono veramente) il compito si fa ancora più arduo. Già di per sé, infatti, narrare una patologia psichiatrica è un fatto complesso, perché questo genere di disturbi tende ad alterare la percezione, e dunque è necessario far comprendere a chi legge – senza poter ricorrere all’ausilio delle immagini dirette, come può accadere, ad esempio, nei film – come questo mondo in cui tutti noi viviamo viene esperito dal malato; figuriamoci allora quanto difficile (e doloroso) può essere tentare di vedersi dall’esterno, descrivere ciò che si vive quando la percezione della realtà è piegata, essere al contempo osservatore e protagonista.

#CritiCOMICS: Un'avventura in tre canti che fa sognare grandi e piccini

Tosca dei boschi
di Teresa Radice e Stefano Turconi
Bao Publishing, 2018

pp. 160
€ 19 


Di Teresa e Stefano ci si innamora con un colpo di fulmine artistico che, nel mio caso, è riuscito a zittire il fragore molesto della gente ammucchiata presso lo stand della Bao Publishing durante il Lucca Comics and Games 2018. Non li avevo mai visti di persona, nonostante avessi la sensazione di conoscerli da sempre dopo aver letto Il porto proibito e Non stancarti di andare. Poi me li sono trovati lì davanti, lui intento a disegnare con la grazia che solo una matita all’opera riesce a evocare, e lei (compagna di penna, ma anche di vita) a scherzare con noi fan in coda, firmando una copia dopo l’altra della loro ultima opera, l’avventura in tre canti di Tosca dei boschi.
E se i colpi di fulmine “tradizionali” non si riescono a spiegare, poiché una forza irrazionale li muove e alimenta, l’amore per gli abitanti de La Casa senza Nord, invece, è giustificato in ogni suo aspetto e confermato (ancora una volta) nel romanzo grafico di ambientazione medievale che racconta la storia di Lucilla, figlia del duca di Fieramosca, maestro della guerra di fede senese. L’apprensione del padre e della madre arrivano a tal punto da costringerla a vivere reclusa nel castello, sempre accudita e coccolata da tre buffe fantesche (vi ricordano qualcuno?).

Si può raccontare di sé parlando dei libri della propria vita? Anche Massimo Recalcati si misura con l'autobiografia ibrida del lettore

A libro aperto. Una vita è i suoi libri
di Massimo Recalcati
Feltrinelli, 2018

pp. 185
€ 16 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Raccontare la propria biografia attraverso i libri più amati non è niente di nuovo, rappresenta una tendenza editoriale di successo in questi ultimi anni. Da James Wood con La cosa più vicina alla vita (Mondadori, 2016), ai Lettori selvaggi di Giuseppe Montesano (Giunti, 2016) o al Manifesto del libero lettore di Alessandro Piperno (Mondadori, 2017), fino al più recente L'adorazione e la lotta di Antonio Moresco (Mondadori, 2018), molti scrittori e intellettuali si sono confrontati con questa strana forma di autobiografia. Legittimo, se ci pensiamo, raccontarsi attraverso i libri fondanti della propria vita, ma perché il lettore dovrebbe interessarsi a questa letteratura in pillole, mediata da altri occhi e altre sensibilità? La domanda temo che resterà senza una risposta univoca, fa parte di quei misteri che continuano però a suscitare discussione. Certamente siamo in presenza di un nuovo genere, ibrido e, se vogliamo, impuro. Se anche il lettore conosce i testi citati, ecco che si può instaurare un confronto prolifico tra autore e lettore; altrimenti, l'autorevolezza dell'autore potrebbe invogliare il lettore ad aggiungere o ad acquistare un libro a lui tanto caro. Non voglio neanche minimamente pensare che la lettura filtrata, parziale, per forza riduttiva di opere titaniche, spesso classiche, possa bastare al lettore: prendiamo piuttosto questo nuovo genere come un "consiglio di lettura" soggettivo, privilegiato e affidabile

Raccontare il Novecento attraverso una doppia saga familiare: "Destino" di Raffaella Romagnolo

Destino. Una storia italiana del Novecento.
di Raffaella Romagnolo
Rizzoli, 2018

pp. 397
€ 21 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Capita che, ricevendo decine di nuove pubblicazioni da recensire e dovendo per forza fare una scelta, alcuni titoli finiscano in attesa. Così è accaduto a Destino, che invece sono stata ben felice di aver recuperato in una serata grigia in cui sentivo bisogno di una bella storia. Perché il nuovo romanzo di Raffaella Romagnolo è un'avvincente doppia epopea familiare. Il passato prima comune si è fatto via via sempre più biforcuto, spezzato per sempre da un doppio tradimento che ha portato la protagonista, Giulia Masca, a imbarcarsi con i suoi pochi risparmi, accumulati in anni di lavoro alla filanda, e a cercare di tamponare la disperazione oltreoceano. Ma adesso, a sessantasei anni, con un figlio quarantenne che mastica a fatica l'italiano, Giulia torna al suo paesino piemontese, Borgo di Dentro: non porta più traccia di miseria, a New York ha davvero avuto la svolta, è una commerciante borghese, ma non ha mai dimenticato tutto ciò che ha lasciato lì. Una madre poco attenta, tanto per cominciare, che non ha mai risposto alle sue lettere dall'America (l'avrà mai perdonata?); un amore, Pietro, e una migliore amica, Anita, che in un colpo solo l'hanno tradita (saranno ancora vivi?). 

Contro il logorio della vita moderna: "Il club dei Nevrastenici" di René Dalize

Il club dei Nevrastenici
di René Dalize
Elliot, 2018

Traduzione di Federico Lopiparo

pp. 242
€ 17,50 (cartaceo)


Nei 135 articoli del regolamento del Club che aveva minuziosamente redatto, Archibald aveva esposto le sue idee al riguardo. E tra queste vi era la convinzione che per gli stanchi intellettuali e per gli artisti la vita notturna fosse preferibile a quella del giorno. La luce abbagliante del sole esasperava infatti un sistema nervoso che al contrario si schiudeva discretamente sotto i raggi della luna. (p. 18)
Il 1915 vede l'arrivo, dalla Cina, di una pestilenza così violenta da portare alla morte un uomo in appena sei ore e mezzo. Parigi è nel caos. Chi cerca di emigrare, chi teme ogni colpo di tosse o vertigine. In mezzo a questo trambusto, c'è un gruppo di imperturbabili gentiluomini e gentildonne che non temono il morbo: il club dei Nevrastenici. Tutti non sposati, indipendenti, con sacro orrore delle responsabilità e di qualunque forma di movimento, si crogiolano nel languore e nel cinismo. Non fosse per una misteriosa missione affidata al loro segretario generale, Alain-Claude Morcœur, chissà? Forse penserebbero addirittura al suicidio pur di non dover affrontare la peste. Dal vecchio continente fino alle Antille alla ricerca di una giovane creola, il raffinato gruppo affronta le vicissitudini più assurde, sempre con lo snobismo che distingue la buona società parigina. Una pestilenza, un vulcano o un naufragio non sono buoni motivi per perdere il controllo o per non cambiarsi di toeletta nel pomeriggio, che diamine!

Pazza Idea 2018: pazza è l'idea di non seguire la manifestazione


Letizia Battaglia a Pazza Idea 2018
Foto di Sara Deidda
Mostre di fotografia e di installazioni artistiche, spettacoli teatrali, proiezioni di film-documentari, workshop, concerti, reading di letteratura e presentazioni di libri. Come sempre, da sette anni ormai, Pazza Idea si conferma una delle manifestazioni più ricche e di spicco nella scena culturale e artistica della Sardegna. Il tema trattato quest'anno, dal quale è stato dipanato l'intero programma, è Femminile Plurale. Un femminile che parte dallo stesso staff dell'evento: grandi menti di impegnate donne hanno fatto sì che anche quest'anno l'evento, oramai agli sgoccioli, sia un clamoroso successo. E allora in questi giorni illustriamo con piacere cosa rende Pazza Idea una manifestazione imperdibile.

La fotografia come supporto di meditazione: il Tibet di Olivier Föllmi

Ritorno in Tibet.
Un pellegrinaggio al monte Kailash

di Olivier Föllmi e Jean-Marie Hullot
con iscrizioni calligrafiche del lama Jang Tuk Dakpa
traduzione dal francese di Margherita Botto

L’ippocampo, 2018

pp. 260
€ 29,90


Che effetto vi fa pensare al Tibet? Vi sentite subito più spirituali oppure siete presi dalla voglia di mettervi in tenuta da trekking? Nel dubbio tra i due estremi, fate così: andate in libreria e procurate una copia di Ritorno in Tibet. Un pellegrinaggio al monte Kailash, appena pubblicato da L’ippocampo nella sua versione italiana. Non appena comincerete a sfogliarlo vi renderete conto che anche due reazioni così opposte possono trovare una conciliazione perfetta proprio lì, tra quelle pagine, tra le foto e gli appunti di viaggio di un giramondo esemplare come Olivier Föllmi. Che, dopo averlo fortemente desiderato, c’è stato già una volta circa sei lustri fa, e che nel tornarci in compagnia dell’amico e complice Jean-Marie Hullot ha fatto i conti con tutti i cambiamenti portati dalla globalizzazione e dal  cosiddetto progresso, anche nelle sue accezioni più malintese. Lì, pur tra gli autoscatti degli ormai numerosi turisti e i nuovi negozi di cianfrusaglie, ha comunque ritrovato quel senso di meraviglia e di consapevolezza capace di mettere l’anima in pace con se stessa e in armonia con il mondo. E la fotografia, ancora una volta, è stata il suo principale strumento di meditazione.

#IlSalotto - Quando la storia sceglie per noi: intervista ad Alessandro Q. Ferrari su "Le ragazze non hanno paura"

L'incontro con l'opera di Alessandro Q. Ferrari è stato tanto fulminante quanto casuale. Poco dopo aver incontrato e intervistato Paola Zannoner (qui il frutto di quella chiacchierata), mi sono imbattuta in un suo commento entusiastico relativo a Le ragazze non hanno paura e ne sono stata incuriosita: lo definiva "un romanzo intenso [...] con personaggi indimenticabili". Da questo alla decisione di fidarmi e leggere il libro è passato molto poco; dal momento in cui ho sfogliato le prime pagine a quello in cui ho stropicciato commossa le ultime ancora meno. Perché il testo di Ferrari era forte, commovente, profondamente vero. E i personaggi davvero indimenticabili (trovate qui la recensione). In un periodo in cui il genere young adult è forse uno dei pochi che continua ad attirare lettori numerosi, ma rischia al contempo di disperdersi in una molteplicità di prodotti editoriali letterariamente poco felici, riuscire a scrivere un'opera originale e d'impatto è già di per sé un successo. Ma nel romanzo di Ferrari c'è molto di più: ci sono gli echi dei grandi autori della nostra tradizione, topoi antichi rivisitati con credibilità, un desiderio vivissimo di trasparenza, un grande senso etico. Per saperne di più, ho voluto fare qualche domanda all'autore.

Questo è il tuo primo romanzo, dopo una serie di esperienze professionali diverse. Perché hai scelto il genere young adult, che in questo momento è sicuramente uno dei più fortunati e accattivanti per il pubblico?

Non è stata una decisione razionale, in realtà. Ho iniziato a scrivere questa storia la prima volta nel 2009, molto tempo fa se consideri che la maggioranza delle lettrici e dei lettori ha fra i dodici e i tredici anni. Poi mi sono fermato e ho ripreso solo tre anni fa, ricominciando praticamente da capo. Non avevo idea di quale tipo di libro avrei scritto in quel momento, non sapevo che appartenesse a un genere preciso. Sapevo che avevo una storia da raccontare. Un’avventura, con una banda di ragazze e un ragazzo in mezzo a loro. Volevo che parlasse di amicizia e di morte, perché erano i temi a cui ero più legato in quel momento, perché sono i temi a cui associo quell’età più delle altre. Quando l’ho finito di scrivere è diventato chiaro a me, e ai primi lettori, che era un libro per ragazzi. Solo allora l’ho saputo però. Come se il romanzo avesse scelto per me.

Pazza idea 2018: femminile plurale


Neri Marcoré e Pierluigi Vaccaneo a Pazza Idea 2018
Foto di Sara Deidda

Arte contemporanea al femminile declinata a tutto tondo. È questo l'obiettivo del festival culturale “made in Sardinia” Pazza Idea 2018. La manifestazione, giunta con successo alla sua settima edizione, ha preso il via mercoledì 21 novembre a Cagliari al Ghetto, in via Santa Croce, con il vernissage della mostra di Letizia Battaglia, fotoreporter di fama internazionale, nota per lo più per le “foto di mafia” scattate negli anni di piombo a Palermo. Pluripremiata - nel 1985 al Premio Eugene Smith a New York in ex aequo con Donna Ferrato e nel 1999 con il Mother Johnson Achievement for Life - oltre alla mostra fotografica dove trovano spazio e attenzione trenta importanti scatti storici e iconografici della sua carriera, ha tenuto una conferenza in cui ha narrato le migliori -ma anche le peggiori e le più toccanti- avventure capitate in tanti anni di riconosciuto e lodevole successo.

#CritiCOMICS - La vita oltre il mito: Sarah Jessica Parker prima e dopo Carrie

Sarah – vita di Sarah Jessica Parker illustrata da Roberta Zeta
illustrato da Roberta Zeta
testi di Lorenza Tonani
Pavia, Hop! Edizioni, 2018

pp. 88
€ 18 (cartaceo)



Ormai possiamo dirlo apertamente: ogni uscita della collana "Per aspera ad astra" (Hop! Edizioni) è un vero e proprio gioiellino. Dopo averci deliziato con le biografie di tante donne guerriere (Madonna, Marina Abramovic, Frida Kahlo, Audrey Hepburn, Maria Callas, Coco Chanel, Virginia Woolf), la casa editrice pavese torna in libreria con una nuova opera, stavolta dedicata ad un'icona moderna, un vero e proprio mito per tutte le amanti della serie televisiva cult Sex and the city, ovvero Sarah Jessica Parker, alias Carrie Bradshaw.
Anche se ormai il volto dell'attrice è noto a livello mondiale, pochi conoscono la sua storia personale, decisamente molto diversa da quella del personaggio che l'ha portata al successo. Se oggi identifichiamo la sua figura con quella della single incallita protagonista del serial, non dobbiamo dimenticare che, in realtà, la sua biografia è molto diversa: durante la sua infanzia, infatti, dovette affrontare pesanti ristrettezze economiche, trasferimenti lampo, cambiamenti repentini e allontanamenti forzati, come il divorzio dei suoi genitori.

#CriticaNera. In esilio dalla vita: "Il superstite" di Massimo Governi

Il superstite
di Massimo Governi
Edizioni E/O, 2018

pp. 137
€ 14 (cartaceo)
€ 10,99 (ebook)


Un uomo, un allevatore di polli, è l’unico superstite di una strage che, quand’era ancora adolescente, ha ucciso in un sol colpo tutta la sua famiglia: madre, padre e fratello. Scampato per caso alla mattanza, dedica la sua esistenza a cercare di trovare il colpevole e liberarsi della colpa che suscita in lui l’essere ancora vivo. Nonostante il dramma, la vita continua e l’uomo si fa una sua famiglia: si sposa e diventa padre di una bambina vivace e intelligente. Ristruttura la casa dove sono morti i suoi cari e cerca di convivere con l’anima lacerata. Ma tutto è inutile: il dolore, il disagio, l’inquietudine bussano alla sua porta ogni giorno della sua vita. Rimasto solo un’altra volta perché la moglie decide di trasferirsi negli Stati Uniti con la figlia, e grazie all’aiuto di un giornalista che si rivela quasi un angelo custode, riesce a trovare il colpevole e a farlo andare in galera. Ma qui subentra un secondo senso di colpa: quello nei confronti dell’assassino. In un caleidoscopico girone infernale della colpa, l’uomo scende nell’abisso della sua stessa anima girando intorno al suo dolore, senza però mai poterlo afferrare e cercare di affrontarlo.

#PagineCritiche - Alla scoperta degli etnografi digitali, «spettatori del mondo dietro lo schermo»

People watching in Rete. Ricercare, osservare, descrivere con l'etnografia digitale
di Alice Avallone
Franco Cesati Editore, "pillole app.", 2018

pp. 121
€ 12 (cartaceo)


Sapete che quello che scriviamo online, ad esempio sui social, può essere un interessante oggetto di indagine? Non solo per il marketing o per i linguisti (e qualche volta, dobbiamo ammetterlo, per gli psicoanalisti), ma anche per una categoria davvero interessante: quella degli etnografi digitali
Se l'etnografia ha una storia molto antica, come ci ricorda Alice Avallone nella prima parte dell'opera, dedicata a una doverosa ricognizione degli studi, l'etnografia digitale è nata, come dice il nome stesso, da/con il web. Normalmente l'etnografia si occupa di «studiare un gruppo di persone, osservarlo nel suo territorio naturale e raccogliere il maggior numero di dati relativi alla sua cultura» (p. 11); non è difficile traslitterare questa definizione per l'universo online. Indagare la Rete nelle sue tante "isole e isolotti" non è sempre facile, né indolore: richiede all'etnografo stesso di mettersi in gioco, in qualità di osservatore, selezionatore di dati prima e poi di interprete
Non è facile, lo percepiamo fin da subito, grazie alla struttura sempre molto pragmatica del testo: come accade per gli altri volumetti che appartengono alla collana delle "pillole app." di Franco Cesati Editore, gli autori ci immergono subito nei loro studi, ci fanno saggiare le opportunità, le tante sfaccettature, ma anche le problematiche connesse. Ad esempio, le ricerche degli etnografi digitali possono anche sposarsi a studi di marketing, per «orientare, potenziare e ottimizzare strategie di comunicazione di business» (p. 22). Per farla semplice, spesso dietro alla delineazione del pubblico per questa o quella targhettizzazione si celano ricerche etnografiche. Insomma, è la vendetta degli small data, che fanno meno rumore dei big data, ma certamente raccontano tanto di noi e dei nostri gusti. 

Il sublime peso di tutte le cose, le persone, gli eventi nel "Ponte d'argilla" di Markus Zusak


Il ponte d’argilla
di Markus Zusak
traduzione di Chiara Brovelli
Frassinelli, 2018

pp. 504
€ 20 (cartaceo)
€ 10,99 (ebook)


Quasi tutte le mattine, l’Assassino andava in riva al fiume e si fermava lì.
Poteva restarci per ore.
Poi rientrava in casa e leggeva, o scriveva su dei fogli.
E Clay usciva per conto suo.
A volte risaliva il letto del fiume, e andava ai grandi blocchi di pietra.
Si sedeva su uno di quei massi, e pensava a tutti. Gli mancavano. (p. 162)

Il mondo di Markus Zusak è fatto di pochi ingredienti ma essenziali: eventi irripetibili e distacchi insuperabili, legami strettissimi e indissolubili, oggetti di poco conto ma dal valore inestimabile. E così, una persona che volta le spalle e si allontana diventa un traditore, qualcuno con cui prima o poi bisognerà fare i conti, un rapporto sfaldato e da recuperare, solo dopo che entrambe le parti hanno compiuto il proprio percorso. E poiché la storia viene narrata in retrospettiva, quando tutto ormai è avvenuto e i protagonisti possono guardare al già-dato dalla giusta distanza, il passato assume connotati netti e sfumati al contempo: netti perché i fatti sono avvenuti in quel preciso momento, in quel luogo, in quel modo; sfumati perché tutto sembra avvolto nella nebbia dell’eternità, come se le cose fossero avvenute in un’epoca precedente la storia stessa.

Invito al Nobel - Il passato sempre presente di "Da noi non può succedere" di Sinclair Lewis

Da noi non può succedere
di Sinclair Lewis
Passigli Editori, 2016

Traduzione di Teodoro Guidalberti

pp. 396
€ 19,50 (cartaceo)


La cosa che più lo rendeva perplesso era che potesse esistere un dittatore in apparenza così diverso dai ferventi Hitler e dai gesticolanti e fascisti Cesari con l'alloro sulla zucca pelata; un dittatore con il ruvido senso dell'umorismo americano di un Mark Twain, un George Ade, un Will Rogers o un Artemus Ward. Windrip sapeva essere assolutamente divertente quando parlava dei suoi avversari seriosi dalla mascella penzolante, o del miglior modo di allevare quello che chiamava il "segugio da pulci siamese". Tutto ciò - si scervellava Doremus - lo rendeva più o meno pericoloso? (p. 151)
A metà degli anni Trenta prende il potere un politico che difende il concetto di razza, si scaglia contro gli intellettuali a lui avversi, demonizza l'ebraismo, fa costruire campi di prigionia dove interna nemici politici e appartenenti a razze diverse da quella bianca, maschia e forte. Incoraggia gli uomini al vigore e alla prestanza fisica, dichiara che le donne sono destinate ad accudire il focolare domestico e a fare figli per la gloria della patria. Presentandosi come salvatore della nazione, in breve tempo limita ogni tipo di libertà politica, di pensiero, parola e espressione e trascina il suo paese in una guerra disastrosa.
Ah, dimenticavo: questa storia è ambientata negli Stati Uniti d'America.

#IlSalotto - Essere e apparire nel nuovo libro di Grégoire Delacourt

La donna che non invecchiava più
di Grégoire Delacourt
DeA Planeta, 2018

Traduzione di Tania Spagnoli

pp. 205
€ 15 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook)

Betty, la donna protagonista del nuovo romanzo di Grégoire Delacourt smette di invecchiare esteriormente a trent’anni. Il libro scandaglia la mente di questa donna che, quanto più passano gli anni, tanto più diventa fragile e insicura. Il mondo, marito e figlio inclusi, la guardano dall’esterno e vedono una donna molto bella, giovane, senza rughe, perché gli anni per lei non passano. In realtà Betty è rimasta giovane solo per gli altri,  lei sta affrontando tutti i problemi, più o meno grandi, legati all’età che avanza.
L’autore con comprensione, dolcezza e rispetto ci fa entrare nella psiche di questa donna, fino a parteggiare per lei di fronte a ogni sua scelta. Attraverso lo sguardo di Betty nel lettore si aprono finestre di riflessione legate al rapporto con la madre, con il compagno, con i figli, e numerose domande  si impongono: “Quante volte non vogliamo andare oltre alle apparenze? Per semplicità? Per pigrizia? Perché viviamo di corsa?”
Betty, dal canto suo, è una donna come tante che, solo quando l’essere e l’apparire arriveranno a coincidere, riuscirà a trovare un equilibrio.
Numerosi gli spunti di riflessione legati a questo romanzo che abbiamo avuto la possibilità di  approfondire intervistando l’autore.

Un primo elemento fondamentale nel libro è l’apparenza; come ha deciso di parlare di questo tema?
Si tratta di un tema molto sentito e anche molto comune. Quando da ragazzini si smette di indossare gli abiti suggeriti dai genitori e si comincia a decidere il proprio abbigliamento, ecco che questo aspetto diventa parte della nostra vita. Si inizia ben presto a voler assomigliare a qualcuno, l’apparenza diventa un elemento con il quale facciamo i conti e che, spesso, preoccupa. Del resto, io che per anni ho lavorato nel mondo della pubblicità ho proprio toccato con mano quanto l’apparire, purtroppo, spesso sia una chiave interpretativa.
Foto di ©Benjamin Decoin

Prendendo spunto dalla frase “le foto non mostrano tutto” (p. 60), mi è venuta in mente la grande differenza tra l’essere e l’apparire, dilagante nei social. Che rapporto ha con questi nuovi media?
Sono molto prudente verso i social. Se usati male, soprattutto fra i giovani, diventano un’arma di violenza e di sofferenza, basti pensare ai casi di ragazzi, arrivati addirittura al suicidio.
D’altro canto, ne sono affascinato, perché costituiscono uno strumento di libertà e di discussione. Il problema è che spesso ci si mette a nudo senza pensare alle conseguenze. Inoltre, talvolta non si ha nulla da dire e si ricorre ai social in mondo indiscriminato. 
Solo se usati con serietà e disciplina, diventano uno strumento che consente di condividere idee, cose belle e, non da ultimo, posso essere una modalità di riunire le persone, di sentirsi parte di un gruppo con progetti comuni.
Purtroppo però sui social non ci sarà mai la tenerezza e la sincerità che caratterizzano i rapporti interpersonali.

#PagineCritiche - Storie di dipendenza e di terrore: "Uomini e animali nel Medioevo"

Uomini e animali nel Medioevo. Storie fantastiche e feroci
di Chiara Frugoni
Il Mulino, 2018

pp. 386
€ 40 (cartaceo, carta patinata, copertina rigida, ediz. a colori)


Utili o pericolosi, fantastici o reali, esotici o domestici: gli animali, nel Medioevo, vengono sempre visti in funzione del loro rapporto con l'uomo. La loro presenza è fittissima, come dimostra questo prezioso libro di Chiara Frugoni, splendido sia nella forma sia nei contenuti: nelle quasi quattrocento pagine patinate, ai testi che testimoniano l'indagine curiosa, animata e sempre vivace della storica, si accompagnano splendide foto-riproduzioni di manoscritti, mappe, sculture, quadri e arazzi in grado di lasciare a bocca aperta. E non solo per i loro colori sgargiantissimi e l'ottimo stato di conservazione, nonostante i secoli trascorsi, ma soprattutto per i contenuti inaspettati e spesso spiazzanti che sfilano davanti ai nostri occhi anche a una prima osservazione.

Let's get lost in Valgrande: Alberto Paleari, "L'altro lato del paradiso"

L'altro lato del paradiso
Cinquant'anni in Valgrande
di Alberto Paleari
Ulrico Hoepli Editore, 2018

pp. 205
€ 22,90 (cartaceo)
€ 18,99 (ebook)



Il nuovo viaggio letterario di Alberto Paleari si snoda attraverso le gole e i sentieri impervi della Valgrande, quel Mato Grosso di casa nostra che si estende dalle alture dell'Ossola fino ad affacciarsi sulle sponde piemontesi del Lago Maggiore. Parco Nazionale dal 1992, questo territorio - unico in Italia - ha una storia e un fascino del tutto particolare.
La Valgrande, infatti, è un ambiente con un'identità ineguagliabile e multiforme nell'immaginario di chi vive in zona e soprattutto di tutti i frequentatori della montagna.
Territorio inospitale, insidioso e selvaggio, quest'area è stata una miniera di legname che per secoli ha inciso sull'economia locale, un rifugio impenetrabile per chi fuggiva o doveva nascondersi, una sfida per escursionisti e rocciatori, una trappola per i turisti sprovveduti e mal equipaggiati. Insomma, un ambiente dai mille volti a seconda del punto di vista e della necessità specifica.

#CriticaNera - La prima storia della procuratrice Serena Vitali, eroina della lotta alla mafia

Palermo Connection,
di Petra Reski
Fazi, 2018

Traduzione di Ivana La Rosa

pp. 332
€ 15 (cartaceo)
€ 10,99 (ebook)



In Sicilia, così come in tutta Italia, si ripete incessantemente una cosa dall’inizio del XXI secolo: la mafia non ammazza più nessuno. Quale, allora, il ruolo di un procuratore antimafia a Palermo, se quello dei clan di Cosa Nostra è solo uno spauracchio di cui si serve la propaganda di sinistra per avallare il lavoro dei magistrati rossi che parlano di trattativa Stato-mafia e se è proprio la criminalità organizzata a fornire il lavoro nella regione con un tasso di disoccupazione tra i più alti di Europa?
Questi gli interrogativi di fondo del libro di Petra Reski, scrittrice tedesca trapiantata da anni in Italia che ha fatto della mafia la protagonista di molti suoi saggi e scritti, che con il suo Palermo Connection esordisce alla narrativa e inaugura una nuova serie di gialli, con una protagonista tutta al femminile: la procuratrice italo-tedesca Serena Vitale, donna affascinante e battagliera che decide di accogliere l’eredità del suo mentore, il giudice ucciso in quell’attentato, per non lasciare scampo alla nuova mafia, quella che agisce in silenzio negli uffici parlamentari e che ha ampliato il suo raggio di azione anche all’estero, fino alla stessa Germania in cui è cresciuta, dopo che i genitori avevano deciso di sfuggire all’asfittico ambiente siciliano.

Con gli occhi di un bambino

Io non ti lascio solo
di Gianluca Antoni
IoScrittore - Gruppo editoriale Mauri Spagnol, 2018

pp. 262
€ 15,00 (cartaceo)
€ 3,99 (formato Kindle)




Scrivere una buona recensione di questo bel romanzo, una recensione che faccia il bene del lettore, così come quello del libro, comporta raccontare della trama solo lo stretto necessario. Niente di più. Quello cioè che serve a incuriosire, ma che lascia inalterato, per chi si accingerà a leggere, tutto il sapore della sorpresa e della scoperta.
Basti quindi dire che questa è la storia di Filo e Rullo, due ragazzini inseparabili accomunati da un nome un po' bizzarro e da un'amicizia di ferro.
Filo e Rullo, durante un'estate di qualche anno fa, decidono di "bigiare" il campo scout per addentrarsi, da soli, armati di tenda e di scatolette di cibo per sopravvivere, nel bosco dove, durante l'inverno, si è perso Birillo, il cane di Filo. Per lui una perdita insopportabile, che viene dopo quella, lacerante, della mamma.
Alla ricerca del cucciolo, i due ragazzini si spingono verso un podere, una cascina abitata da Guelfo Tabacci, un vecchio montanaro, grande e grosso, scorbutico e solo. Dalla cui casa però provengono dei latrati di cani e, nelle notti senza vento, il pianto di un bambino... così almeno si dice in paese, da quando, anni prima, il piccolo Tommaso, il figlio di Guelfo, è sparito a due anni senza lasciare traccia.

#CritiCOMICS - Intervista a Giulia Rosa

Laureata in Graphic Design e con una specializzazione in Cinema, Giulia Rosa disegna “da quando ha memoria”, e l’arte è al centro della sua vita fin da piccola. La nostra redattrice Cecilia Mariani – che ha letto e recensito per noi il suo Marina, biografia illustrata di Marina Abramović  pubblicata da Hop! Edizioni all’interno della collana “Per Aspera Ad Astra. La forza delle donne” – le ha fatto sei domande per conoscerla e farla conoscere un po’ meglio a voi lettori e lettrici del nostro sito: ci ha raccontato di sé, del suo lavoro di illustratrice e motion designer, del suo rapporto l’arte e la performance art, delle sue ispirazioni e dei suoi progetti futuri.

Ciao Giulia, e ancora complimenti per il tuo bellissimo lavoro per Hop! La prima cosa che vorrei chiederti è di presentarti ai lettori e alle lettrici di Critica Letteraria scegliendo una perfomance o un’opera di Marina Abramović: non necessariamente la tua favorita, ma quella che in qualche modo senti più affine a te e alla tua sensibilità, e che potrebbe in qualche modo rappresentarti.

Ciao Cecilia! Grazie di cuore per i complimenti! Se un’opera di Marina dovesse descrivermi, penso che sarebbe sicuramente The Lovers. L’addio a un amore, metaforicamente espresso in fatica, sudore e chilometri. L’amore, gli addii, i ricordi e le cose perse sono temi che ritornano spesso nei miei lavori.

Come la vita cambia: l'esperienza della paternità secondo Sgambati


La bambina ovunque
di Stefano Sgambati
Mondadori, 2018

pp. 144 
€ 18,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Fin dal titolo e dalla dedica, ironica e significativa ("Scusami, ma questo è per tua madre"), La bambina ovunque lascia intendere come oggetto della narrazione sia l'esperienza totalizzante e sconvolgente dell'arrivo di un figlio, filtrato nell'ottica della paternità. Per il padre è diverso che per la madre: lui non prova l'esperienza viscerale di tenere in grembo il bambino – in questo caso la bambina –, di sentirlo crescere con sé e in sé. Vive la gravidanza nella posizione marginale di quello impegnato a cuocere la perfetta zuppa di ceci guardando i quiz della sera in tv, mentre la moglie frequenta un corso di yoga e lui si sforza di tenere a bada ansie irragionevoli:
A quanto pare così è fatto un padre: insicuro e allo sbando. Sono tentativi goffi e innocenti di farsi notare su un proscenio che altrimenti tenderebbe a escluderlo. Non percepisce i movimenti fetali, non perde per quell'istante il respiro mentre capisce che un altro essere vivente lo abita, perché nessuno lo abita: così è fatto un padre, in un padre non c'è posto. Né sente la vita che arriva: se la ritrova; e in mancanza d'altro tende a relativizzare ogni cosa. [...] Nessuno che gli dica qualcosa, in molti lo ignorano. La figura della madre e dominante e assoluta, ogni preoccupazione è per lei. Ma così è fatto un padre. Nemmeno il panico gli è concesso, perché lui non porta la vita, non ha un organismo di madre da preservare, non necessita di legumi.

Immagina uno dei più bei libri del 2018: immagina "Imagine John Yoko"

Imagine John Yoko
Testi e cura di Yoko Ono Lennon
L’ippocampo, 2018

Traduzione di Paolo Bassotti

pp. 320
€ 39,90


Certo sarebbe sfizioso iniziare questa recensione scrivendo che i libri belli, alla stregua di certe donne, saranno lasciati alle persone prive di immaginazione. Peccato però che questa massima non avrebbe nessun valore per il volume di cui si occuperà il presente commento. Un lavoro non solo, e per l’appunto, bellissimo, ma rivolto proprio a tutti coloro che hanno sempre creduto nel potere positivo della suggestione, e che magari hanno eletto a proprio inno una certa hit del 1971: Imagine di John Lennon. O meglio: di John Lennon e Yoko Ono. Si, perché forse ancora non tutti sanno che la celebre canzone – come l’omonimo album e come ogni degna erede – ha avuto sia un padre che una madre, e ancora oggi rappresenta il frutto più perfetto e più maturo di un’unione che andò ben oltre il “semplice” legame sentimentale. Lo scorso 9 ottobre l’ex Beatle avrebbe compiuto settantotto anni e, in voluta coincidenza con il suo anniversario di nascita, in tutto il mondo è stato dato alle stampe Imagine John Yoko, una meravigliosa monografia che racconta la genesi e la realizzazione di uno dei capolavori musicali di tutti i tempi.

#CriticARTe - "Sono Fernanda Wittgens". Una vita per Brera, a cura di Giovanna Ginex


"Sono Fernanda Wittgens". Una vita per Breradi Giovanna Ginex
Skira, Collana Biblioteca d'Arte Skira, 2018

Formato: 15 x 21 cm

pp. 160
€ 19,00 Brossura






“Anima generosa e forte
Fernanda Wittgens
dopo le distruzioni della guerra
dedicò se stessa al risorgere
della città, della cultura
della Pinacoteca di Brera
attuando nell’antico istituto
il moderno concetto del museo vivente.” 
– Giovanna Ginex 


Fernanda Wittgens fu la prima direttrice donna della Pinacoteca di Brera, a distanza di 60 anni dalla sua morte, Skira Editore le rende omaggio attraverso un libro, che ripercorre le tappe salienti del suo delicato lavoro trentennale, in cui l’arte si mischia alle vicende storico politiche del tempo, all’opposizione al regime fascista e al conseguente imprigionamento. Brera, la ricostruzione postbellica cittadina, il carattere forte e coraggioso di una storica dell'arte, una moderna eroina antesignana del movimento femminista, di cui fino a oggi si conosceva ben poco, sono gli ingredienti di un libro di grande valore culturale, che si legge con fresca scorrevolezza. 

Il saggio "Sono Fernanda Wittgens"Una vita per Brera, a cura della storica dell’arte Giovanna Ginex, è introdotto dal testo di James Bradburne, direttore della Pinacoteca di Brera e Biblioteca Nazionale Braidense di Milano, ed è arricchito dai contributi di Ginex, Bernardi e Daffra. 
“Nell’intensa storia personale di Wittgens si intrecciano tre grandi temi: lo studio dell’arte lombarda cui contribuì con ricerche e scritti fondamentali, l’attività pubblica nei ruoli della soprintendenza a Brera, l’impegno sociale e politico di democratica e antifascista. In ognuno di questi aspetti e compiti Wittgens portava la sua straordinaria lucidità intellettuale, una tenace capacità organizzativa e un’indiscussa coerenza morale.”

#CritiCOMICS - Cinzia, la donna che tutti dovremmo poter, liberamente, essere

Cinzia
di Leo Ortolani
Bao Publishing, 2018

pp. 240
€20

Potete essere neofiti della Città senza Nome, oppure no. Potete essere consapevoli che Cinzia ha qualcosa in più rispetto a tutte le altre donne, esattamente trenta centimetri, oppure no. Potete sapere che Leo Ortolani è il nome del più grande fumettista comico dei giorni nostri, oppure no. In ogni caso, la lettura di Cinzia vi arricchirà la vita e vi farà sperare che un mondo in cui ognuno non ha etichette né macchie, ecco, è possibile. Basta volerlo prima di tutto dentro di sé.
Non importa, infatti, sapere che Leo Ortolani esordiva per la prima volta con il suo Rat-Man nel 1990, diventando da quel momento uno degli autori comici più prolifici del panorama fumettistico italiano. Solo per onorarne la produzione, e non perché questo sia necessario per la lettura e l’apprezzamento di Cinzia, basta dire che gli albi che compongono la serie regolare Rat-Man Collection, arrivata alla sua imponente conclusione un anno fa, sono 124 e che sono stati accompagnati da una serie di esilaranti parodie cinematografiche (Il signore dei Ratti, AVARAT, per citarne solo alcuni) e da altre opere affini a Rat-man in quanto a toni e stilemi, primo tra tutti il mio amatissimo Venerdì 12.

#IlSalotto - Del rapporto fra immaginario, romanzo e politica. L'intervista ad Alfredo Zucchi su "La bomba voyeur"

«Tra un anno si andrà alle urne. Ora bisogna rialzarsi e riprendere a giocare. Dobbiamo montare un altro giocattolo, un partito nuovo. E facce intonse, uomini nuovi per giocare con quello».
A. Zucchi, La bomba voyeur

È un esordio verso il quale dovremmo rivolgere lo sguardo. La scrittura di Zucchi - consapevole e ruvida, così ricca di riferimenti colti - fa pensare che in fondo non è vero che la narrativa italiana si sia ormai arenata sulla piattezza.

Ne La bomba voyeur l’autore conduce la narrazione su due piani temporali, producendo un effetto straniante e un’agnizione finale che restituisce al lettore due facce della stessa storia: una sociale e l’altra personale. I personaggi sono modellati come stereotipi: il lettore italiano, con tutta probabilità, finirà per pensare di conoscerli da sempre: sono figure che ricordano personalità della politica italiana del periodo tra la fine della guerra fredda e tangentopoli; se ne descrivono intrighi, vizi, debolezze e crimini. I risvolti dello stile e della trama non si mostrano prevedibili: leggerlo riserva più di una sorpresa e mille domande. Così ho pensato di intervistare Alfredo Zucchi, napoletano classe 1983, che conosciamo già come fondatore della rivista digitale Crapula Club e per averlo letto anche su Nazione Indiana.

Qual è la necessità alla base della stesura di un romanzo come La bomba voyeur
La necessità di mettermi da parte e superarmi, di entrare mani e piedi in un conflitto la cui portata è molto più grande e molto più importante della mia persona. Una volta individuata la linea guida – una linea che non dirigevo io – la necessità di seguirla come uno chemin inconnu.

Una parola che è un soffio: la sisu e lo spirito finlandese

Sisu – la via finlandese al coraggio, al benessere e alla felicità
di Katja Pantzar
Venezia, Sonzogno, 2018

Traduzione di Giulia Pillon

pp. 208
€ 16,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

«Sento che essere entrata in contatto con una cultura della resilienza unica nel suo genere mi ha aiutata a liberarmi della passività, dalla debolezza e dalla paura del nuovo, facendomi sentire meglio, più forte sia nel fisico che nella mente.» (p. 12)
Negli ultimi anni si sono moltiplicate le pubblicazioni dedicate alle filosofie di vita nordica: non è passato molto tempo da quando anche su Critica Letteraria si parlava della hygge (in poche parole lo spirito tutto danese di rendere confortevole e intimo un certo momento, utile a rilassarsi e a riprendere le energie) che già si torna a guardare alle alte latitudini. Oggi sbarchiamo di nuovo nel  nord Europa, stavolta in Finlandia, per parlare della sisu, una parola dal suono dolce che esprime il concetto che sta alla base della vita dei finlandesi. Ma cos'è questa sisu? Se volessimo circoscrivere il suo significato a poche e semplici parole – certamente riduttive rispetto al suo significato più ampio – potremmo dire che essa può essere definita come una capacità di affrontare le sfide della vita con fermezza e determinazione, una specie di resilienza tutta finlandese.

Japonisme, perché la vita merita di essere nutrita con pillole di serenità e un pizzico di wabi-sabi

Japonisme
di Erin Niimi Longhurst
HarperCollins, 2018

Illustrazioni di Ryo Takemasa
Traduzione di Daria Restani

pp. 298
€ 15

È con tanti piccoli colpi che si abbatte un grande albero.  (Proverbio giapponese)
In una società votata al mito dell’eccezionale e del perfetto, che alleva i pargoli a pane e ricerca dell’incredibile, spesso non si ha il tempo di pensare a noi in quanto individui semplici e normali. Ogni cosa che facciamo deve essere straordinaria: dal lavoro, alle relazioni interpersonali, alle esperienze vissute. Lo ammette la stessa autrice di Japonisme, delizioso manuale illustrato edito da HarperCollins, Erin Niimi Longhurst, inglese da parte di padre e giapponese da parte di madre, che confeziona un piccolo gioiello di pensieri e indicazioni per non lasciarsi opprimere dal lavoro o dall’affanno di una vita frenetica.

Un gioco per tutta la famiglia... nel nuovo thriller di Sophie Hannah


Non fare domande
di Sophie Hannah
Garzanti, 2018

pp. 407 
€ 19,60 (cartaceo)

Titolo originale: A Game for All the Family
Traduzione di Serena Lauzi



Non fare domande (il cui titolo traduce un meno conciso, ma forse più suggestivo A Game for All the Family, “un gioco per tutta la famiglia”) è un romanzo di difficile definizione. Proposto come thriller psicologico, ma in parte sfuggente rispetto a ogni definizione, inizia dispiegando fin da subito una trama estremamente complessa, ai limiti del surreale, in cui il lettore si trova immediatamente spiazzato dalla molteplicità degli spunti e dei fili di cui deve tenere il bandolo.
Protagonista dell’opera è Justine Merrison, ex produttrice televisiva, che viene presentata nel momento del trasferimento – insieme alla figlia tredicenne Ellen e al marito Alex, cantante d’opera spesso lontano per lavoro – nella idilliaca cornice di Speedweel House, nel Devon. Decisa ad allontanarsi da Londra per via dello stress seguito a un incidente di lavoro non meglio precisato (non ancora, almeno), Justine è risoluta a non fare più assolutamente nulla: “Mi chiamo Justine Merrison e non faccio Niente. Con la N maiuscola. Proprio un bel niente” (p. 9). Il suo nuovo proposito, ribadito con un’ostinazione a tratti fastidiosa, sembra destinato a infrangersi nel giro di pochi mesi. Diversi elementi inquietanti infatti intervengono a disturbare la quiete appena conquistata: da un lato l’ossessione per una casa misteriosa avvistata durante il viaggio in auto, e verso la quale la narratrice sente un inspiegabile trasporto; dall’altro un cambiamento improvviso nel carattere di Ellen, che da ragazzina vivace e solare diventa cupa e introversa, passando il suo tempo a scrivere una articolata storia di omicidi ambientata proprio nella nuova abitazione, in un passato neanche troppo lontano. Poi ci sono le telefonate anonime, attraverso le quali una voce sconosciuta intima a Justine di tornarsene a Londra se non vuole che l’intera famiglia faccia una brutta fine. E infine la storia poco chiara di George Donbavand, che non si capisce se esiste o meno, e su cui la preside della scuola e tutti gli insegnanti mantengono il più stretto riserbo…