Un gioco per tutta la famiglia... nel nuovo thriller di Sophie Hannah


Non fare domande
di Sophie Hannah
Garzanti, 2018

pp. 407 
€ 19,60 (cartaceo)

Titolo originale: A Game for All the Family
Traduzione di Serena Lauzi



Non fare domande (il cui titolo traduce un meno conciso, ma forse più suggestivo A Game for All the Family, “un gioco per tutta la famiglia”) è un romanzo di difficile definizione. Proposto come thriller psicologico, ma in parte sfuggente rispetto a ogni definizione, inizia dispiegando fin da subito una trama estremamente complessa, ai limiti del surreale, in cui il lettore si trova immediatamente spiazzato dalla molteplicità degli spunti e dei fili di cui deve tenere il bandolo.
Protagonista dell’opera è Justine Merrison, ex produttrice televisiva, che viene presentata nel momento del trasferimento – insieme alla figlia tredicenne Ellen e al marito Alex, cantante d’opera spesso lontano per lavoro – nella idilliaca cornice di Speedweel House, nel Devon. Decisa ad allontanarsi da Londra per via dello stress seguito a un incidente di lavoro non meglio precisato (non ancora, almeno), Justine è risoluta a non fare più assolutamente nulla: “Mi chiamo Justine Merrison e non faccio Niente. Con la N maiuscola. Proprio un bel niente” (p. 9). Il suo nuovo proposito, ribadito con un’ostinazione a tratti fastidiosa, sembra destinato a infrangersi nel giro di pochi mesi. Diversi elementi inquietanti infatti intervengono a disturbare la quiete appena conquistata: da un lato l’ossessione per una casa misteriosa avvistata durante il viaggio in auto, e verso la quale la narratrice sente un inspiegabile trasporto; dall’altro un cambiamento improvviso nel carattere di Ellen, che da ragazzina vivace e solare diventa cupa e introversa, passando il suo tempo a scrivere una articolata storia di omicidi ambientata proprio nella nuova abitazione, in un passato neanche troppo lontano. Poi ci sono le telefonate anonime, attraverso le quali una voce sconosciuta intima a Justine di tornarsene a Londra se non vuole che l’intera famiglia faccia una brutta fine. E infine la storia poco chiara di George Donbavand, che non si capisce se esiste o meno, e su cui la preside della scuola e tutti gli insegnanti mantengono il più stretto riserbo… 
Sophie Hannah sceglie quindi di mettere molta carne al fuoco, assumendosi dei rischi non indifferenti. Il primo è quello della coerenza, il secondo quello della credibilità. Non sempre i comportamenti dei personaggi appaiono giustificati; o, se al contrario vengono giustificati da un’autrice comunque molto consapevole dei potenziali punti deboli della trama, comunque non risultano sempre condivisibili o del tutto sensati. Inoltre la ricchezza tematica del romanzo porta il lettore – che non riesce immediatamente a capire quale sia il motivo principale, o come i diversi piani narrativi finiranno per intrecciarsi – a chiedersi se non sia poi vero che “il troppo stroppia”. Allo stesso tempo, però, la sospensione in cui il pubblico viene mantenuto, insieme al continuo rovesciamento dei presupposti, diventa fattore intrigante, che mantiene incollati alla pagina nell’attesa di un chiarimento.
In Non fare domande, all’universo narrativo in cui si muove Justine si alternano capitoli in cui viene trascritto alla lettera il racconto sanguinoso di Ellen, che si intuisce presto essere un elemento fondamentale per la comprensione dei fatti extra-testuali: quello che avviene dentro la finzione del romanzo-nel-romanzo (in un rocambolesco gioco di specchi) serve per spiegare quello che accade sul piano della “realtà” del romanzo, in cui si dibatte una protagonista sempre più spaventata, seppur combattiva.
L’elemento forse più interessante della trama (che dimostra tra l’altro l’intelligenza letteraria dell’autrice) è che lo svelamento dei nessi logici – e quindi l’individuazione del “cattivo” – avviene relativamente presto. Subentra allora, depotenziato (anche se non risolto) il lato “thriller”, il fattore “psicologico”: una volta capito chi, a Justine non resta che svelare come e perché, ma soprattutto capire in che modo risolvere la questione. E se la soluzione trovata da Sophie Hannah per tirare le fila del discorso non convince del tutto, è tuttavia avvincente la riflessione condotta dai personaggi circa lo statuto della verità e della menzogna in rapporto al reale, circa le maschere che più o meno consapevolmente si finisce per indossare. Questa indagine collaterale sulla natura dell’io e sulle conseguenze devastanti di certe ferite nascoste, più che la trama di per sé, può diventare l’elemento attrattivo di un testo che, comunque, riesce a mantenere viva fino alla fine l’attenzione del pubblico. 

Carolina Pernigo


Justine Merrison si è da poco trasferita a Speedweel House quando iniziano a capitarle cose strane: la figlia Ellen, normalmente solare e vivace, diventa cupa e introversa, e dedica tutto il suo tempo alla scrittura di una inquietante storia di omicidi ambientata nella nuova dimora; alcune telefonate anonime le intimano di tornarsene a Londra, se vuole che non succeda nulla alla sua famiglia; e poi c'è il caso di George, che non si capisce se esista o meno... per questo nuovo romanzo, edito da poco per @garzantilibri, #sophiehannah elabora una trama complicatissima, in cui non tutti i fili tornano fin da subito. @quinquilia ha appena finito di leggere, e non sa ancora bene cosa pensare, da tanto la vicenda l'ha tenuta in sospesa fino alla fine. Voi conoscete questa autrice? Cosa ne pensate? #thriller #thrillerpsicologico #nonfaredomande #instabook #instalibro #bookstagram #bookoftheday #bookish #igreads #igbooks #readingnow #newbook #bookaddict #booklover #cover #bookcover #inlettura #cosebelle #garzanti #criticaletteraria

Un post condiviso da CriticaLetteraria.org (@criticaletteraria) in data: