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#PagineCritiche - Quel gran Risiko del Mediterraneo

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1284 La battaglia della Meloria
di Antonio Musarra
Editori Laterza, 2018

pp. 252
€  20 (cartaceo)


Ogni Ateneo, specie in Italia, ha una serie di tradizioni non scritte che si tramandano di studente in studente nel corso degli anni. Per chi ha frequentato l'Università degli Studi di Genova una delle tappe "obbligate" del proprio cursus honorum accademico è, senza dubbio, una visita nella vicina Pisa e più precisamente al meraviglioso Cimitero Monumentale. Ma qual è lo scopo di questa visita? Forse ammirare i mirabolanti affreschi di Buffalmacco? Nient'affatto: gli studenti genovesi vanno ad ammirare le colossali catene che, una volta, "chiudevano" Porto Pisano, il porto principale della Repubblica Marinara toscana. Nel 1290, Genova, la Superba, infatti prima distrugge le catene poste a "guardia" del porto e successivamente, a sommo spregio, le affigge per tutta la città. Nel 1860, poco prima dell'Unità d'Italia, le catene vengono restituite ai legittimi proprietari ma quel gesto è "figlio", senza ombra di dubbio, proprio della Battaglia della Meloria, una delle più importanti (se non il più importante) scontro navale del Medioevo: questo 1248 La battaglia della Meloria  di Antonio Musarra uscito per Editori Laterza ripercorre appunto quelle artigliate vicende.
Il saggio in questione è costruito da Musarra in modo fruibile e comprensibile anche per chi non è avvezzo di storia marinaresca italiana del Duecento, dimostrando sin dai capitoli iniziali come il "Risiko" dell'alto Tirreno (o per meglio dire dell'intero Mediterraneo) fosse di gran lunga un affare italiano, con conseguenze e riflessi però "mondiali" (se per mondo si intende, naturalmente, quella porzione di Terra che va, grosso modo, dalle Colonne d'Ercole sino al Medio Oriente). 

Già perché Pisa e Genova che, come è noto, assieme ad Amalfi e Venezia, nella storiografia classica compongono il quartetto delle Repubbliche Marinare sono stati veri e propri imperi, imperi marittimi, commerciali e diplomatici che, grazie all'ingegno e all'abilità nella parola e, si direbbe oggi, nel business internazionale delle proprie classi dirigenti, sono diventati anche (e soprattutto) "ponti" tra Occidente e Oriente.

Di questo si parla nel libro, non soltanto, ovviamente, della battaglia combattuta nelle vicinanze dell'isolotto della costa livornese. Musarra è abile a contestualizzare e presentare in modo completo ed esaustivo il contesto entro cui non soltanto Genova e Pisa, ma anche tutte le principali potenze dell'epoca si muovevano. Un contesto, va detto, di straordinario interesse anche per l'oggi: infatti si assiste, nella narrazione dello studioso, a intricati e fruttiferi rapporti tra "Nazioni" cristiane e "Paesi" musulmani, senza che la differenza di fede intralciasse questi piani, anzi. Molto spesso pisani o genovesi (ma non soltanto loro) non si fanno troppi problemi ad allearsi con gli imperi islamici del Mediterraneo e del vicino Medio Oriente per scacciare da ghiotte rotte commerciali il rivale di turno. E non importa se cattolico o ortodosso che sia. 

Ma c'è di più. Ovvio che la mente vada, con un salto intellettuale non così peregrino, agli odierni dazi proposti dal Presidente americano Donald Trump: infatti la guerra scoppiata nel 1248 tra Genova e Pisa (e poi, di fatto, terminata due anni dopo con la distruzione di Porto Pisano da parte degli stessi genovesi) non è altro che una prosecuzione con le armi di una lunga e, quasi secolare, guerra commerciale per avere il dominio e, possibilmente, il monopolio delle rotte marittime e dei porti più ricchi del Mediterraneo.

Ecco perché questo libro, oltre ad essere un libro su una battaglia, è anche e soprattutto un libro sulla preparazione a essa e, perfino, un libro che racconta dei plurimi tentativi, da entrambe le parti, di scongiurare uno scontro armato diretto. Infatti una guerra di corsa non conveniva così tanto né a Genova né a Pisa, ma il precipitoso corso degli eventi andò in un'altra direzione. 

Altro punto a favore del saggio di Musarra, davvero ben scritto e informato, grazie a un ampio e esperito uso delle fonti documentarie e storiche, anche la descrizione della Sardegna (e della Corsica) di allora, che assieme alla Sicilia possono essere considerate le grandi portaerei del Mediterraneo centrale. Queste isole contese tra genovesi e pisani diventano perciò il vero e proprio oggetto del contendere della Meloria. Contrariamente a quanto si pensi tuttavia, né la Meloria né la successiva distruzione del porto di Pisa portano alla fine della Repubblica Marinara. Il colpo di grazia a Pisa venne dato dall'interno, con una congiura in funzione filo-fiorentina. 

Ecco perché 1248 La Battaglia della Meloria è un libro da leggere: perché non soltanto racconta la storia della più importante battaglia navale del Medioevo, durante la quale perdono la vita soltanto da parte pisana tra le 5000 e le 6000 persone, con quasi 11000 prigionieri, ma è anche un ottimo affresco di un certo modo di fare politica ed economia all'italiana: uno gnommero, per dirla alla Gadda, inestricabile che fonde gli interessi privati (le grandi famiglie liguri e toscane) con quelli pubblici, che intreccia religione e affari, politica ed economia e la ragion di Stato con le proprie mire personali. Ancora una volta un saggio sul passato di Laterza è utile, utilissimo per illuminare il presente.

Mattia Nesto