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#CritiCINEMA - Dici donna, dici danno. Dici uomo, dici inganno. L'inganno di Sofia Coppola

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L'inganno
di Thomas Cullinan
DeA Planeta, 2017

Traduzione di Elena e Letizia Sacchini
512 pp.
17 €

«Nel mondo animale l'intruso non viene mai accolto di buon grado. Lo scrive anche quel naturalista inglese del libro che tengo nel baule. [...] Beh, a volte sono gli intrusi ad avere la meglio. Una volta ho visto una vespa intrufolarsi in un nido di cavallette e paralizzarle tutte con il suo pungiglione, in modo da portarle via con tutta calma per poi mangiarsele. [...] Ma il più delle volte l'intruso finisce male. Come il bruco che mi è capitato di vedere un inverno. Era strisciato dentro una tana di formiche, e loro l'hanno ipnotizzato. L'hanno accarezzato con le antenne e lui s'è rilassati, rilasciando uno strano liquido dalla coda. Alla fine le formiche si sono bevute questo liquido come fosse nettare. Dopo averlo prosciugato per bene, hanno trascinato il bruco sotto terra; per cibarsene ancora, suppongo.»
Che fine farà il caporale John McBurney, soldato yankee trovato ferito dalla piccola Amelia nel bosco e accolto (non senza esitazioni) per essere curato nel Collegio per signorine di Miss Martha Farnsworth, un “luogo che ci metti di più a pronunciarlo che a fare l'appello”, mentre fuori infuria la guerra di Secessione, nel Sud degli Stati Uniti?
Vespa fra le cavallette o bruco fra le formiche?


Inizia così The beguiled - L'inganno, film che è valso a Sofia Coppola la Palma d'oro per la migliore regia all'ultimo Festival di Cannes e che sarà nelle sale italiane a partire dal 21 settembre.
Il film è tratto dall'omonimo libro, scritto nel 1966, da Thomas Cullinan e in uscita in questi giorni per DeA Planeta, tradotto da Elena e Letizia Sacchini.
Il film è anche un remake de Le notte brava del soldato Jonathan girato da Don Siegel (quello de L'invasione degli ultracorpi e Fuga da Alcatraz) nel 1971 e interpretato da un giovane Clint Eastwood, con Geraldine Page e Elizabeth Hartman.

È una storia sull'innocenza e sul male, sulla chimica dei corpi, sull'ingenuità e l'ingegno e gli espedienti della solitudine e della noia. Un film di funghi velenosi, arsenico e merletti, di sangue e di umori.
Immerso nell'immobilità di una routine che viene sconvolta dall'arrivo di un fulmine, giovane belloccio e bisognoso di cure, in un gineceo in cui le età vanno dall'infanzia alla pubertà a una quasi sfiorita maturità.

E solo Sofia Coppola poteva girare un film con quella stessa sensazione di claustrofobia che pervadeva Il giardino delle vergini suicide (1999) e d'innocenza sporca che caratterizzava Marie Antoinette (2006), con quell'atmosfera sospesa e un po' inquietante, esteticamente rarefatta ed eterea ma con un sentore di perversa smania, una bellissima mela scavata all'interno da un verme.



La vicenda, che nel libro è narrata con un moltiplicarsi dei punti di vista delle cinque allieve Amelia, Emily, Marie, Alice, Edwina, delle due insegnanti miss Martha e miss Harriet Farnsworth e dalla domestica Mattie, scanditi in capitoli distinti, nel film si diluisce in un gioco di sguardi, posizioni, impercettibili moti nervosi.
Film principalmente d'interni, è tutto giocato su una sorta di danza dei corpi che si muovono dentro e fuori dalle stanze, su e giù per le scale, nel giardino e sul patio, in cucina e nel salottino, nella luce lattiginosa del giorno e in quella soffusa delle lampade che rischiarano la notte, in un continuo alternarsi di parole sommesse e urla, bisbigli, risate, mormorio di preghiere e orecchie appoggiate alle porte.

L'ottica di Cullinan è piuttosto maschilista, metti un gallo nel pollaio e sta a vedere che succede, l'arrivo del soldato nemico ferito, l'iniziale ripulsa che cede il passo a una pietà mista a un affetto morboso e all'attrazione fisica - per quanto anche il soldato sia descritto abbastanza presto come un abile manipolatore furbacchione – fino ad arrivare ad un'aperta, ferocissima, contesa del bello fra le donne. Un gioco al massacro di vittime e carnefici senza esclusione di colpi, fino ad arrivare a quello di scena, finale.

Per questo è ancora più interessante vedere come la Coppola, regista di sentimenti muliebri per eccellenza, tratti la competizione femminile (acida, subdola e spietata, e questo è un dato di fatto) ma anche la capacità di far fronte comune davanti all'unica cosa che una donna non può accettare di vedersi sottrarre. Che no, non è l'onore, ma è l'orgoglio.



Diverso infine dal più esteticamente feroce film di Don Siegel (anche per via di un Colin Farrel nel ruolo del caporale McBurney che perde un po' al confronto con il primo Eastwood) L'inganno di Sofia Coppola si affida a una fotografia rarefatta e a pennellate minimaliste di musica per creare il turbamento della quiete di casa di bambola dell'autorevolissima Miss Martha, interpretata da un'energica quanto nevrotica Nicole Kidman.
Atmosfera coppoliana garantita anche dalla presenza di Kirsten Dunst, scelta nell'azzeccatissimo ruolo dell'istitutrice Miss Harriet, succube della sorella, vulnerabile e sentimentale e della ninfetta Elle Fanning (già protagonista di Somewhere).
«- "Dio mio. Il bruco è rimasto ferito?"
- "Non lo so, anche se questo è un dettaglio irrilevante per un naturalista. In ogni caso il bruco sarebbe morto in primavera per diventare una farfalla, e così invece è servito a nutrire quella piccola colonia di formiche."»

Giulia Marziali