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"Da una modernità all'altra": figure del viaggio e figure del disincanto per riflettere sulla modernità attraverso i grandi nomi della letteratura francese fra Otto e Novecento

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Da una modernità all'altra – Tra Baudelaire e Sartre
di Sandra Teroni
Marsilio editore, 2017

pp. 176
€ 15,00


L'indagine proposta da Sandra Teroni per i tipi della casa editrice Marsilio, Da una modernità all'altra. Tra Baudelaire e Sartre, fissati due punti di riferimento tanto cronologici quanto concettuali (l'opera, appunto, di ciascuno dei due autori sopracitati), si snoda attraverso percorsi di senso e identifica aree semantiche comuni su cui si sono rispettivamente confrontati i grandi nomi della letteratura francese, con esiti differenti e a volte opposti, lungo quella travagliata modernità (o meglio, quelle modernità) che abbraccia Ottocento e Novecento, quest'ultimo col suo carico traumatico di eventi tra cui, ovviamente, spiccano i due conflitti mondiali e il successivo incubo della guerra fredda. Un periodo segnato dalla sempre più cocente e radicata consapevolezza che al progresso tecnico-scientifico non corrisponda un progresso in senso etico e umano e che, anzi, al primo si accompagni più frequentemente una folle e fanatica corsa al profitto che, in nome del perseguimento dei propri scopi, non si cura troppo dei caduti lasciati sul campo.
Nell'accostarsi critico al divenire storico – anche lì ove abbia contestualizzato la propria produzione come polemica evasione – lo scrittore ha dovuto spesso interrogarsi su quali fossero il ruolo e la responsabilità dell'artista e quali dunque le possibilità del discorso letterario di specchiare il reale e di influire su di esso.

Risposte che in maniera tutt'altro che pacificata sono state restituite allo spinoso quesito in epoche e secondo modalità diverse: così lì dove Baudelaire, volgendo le spalle (ma anche facendosene erede, così come le avanguardie novecentesche dialogheranno, seppure in maniera eversiva, con la tradizione che le ha precedute) ai maestri del romanticismo, inaugurerà quella stagione dei linguaggi letterari che si faranno veicolo di un rifiuto innanzi a una società dominata dalle leggi del profitto:  lo faranno proclamando e difendendo l'alterità della creazione artistica, aprendo il campo a una nuova sacralizzazione dell'arte, a un'iconizzazione del poeta come “veggente”, dando luogo a inedite ricerche formali, all'esasperazione del divario tra la parola e il suo referente, alla ricerca simbolista.

Sartre, quasi un secolo dopo la pubblicazione de I fiori del male, per mezzo di quell'esperienza del “risveglio” avvenuta tra il '39 e il '40, quando insieme a tanti altri sarà inviato al fronte, ricomporrà nella propria figura di intellettuale i poli opposti di una dicotomia tra volontario esilio dello scrittore e presenza – attiva e responsabile – all'interno del flusso storico: alla elaborazione del lutto di quei miti della modernità ai quali doveva la propria formazione, egli infatti sostituisce: 
“Il proposito di veder chiaro nei «rimorsi», nel «disorientamento morale» prodotto dall'attualizzarsi dell'impensato; la consapevolezza di aver completamente mistificato il senso di un ventennio che portava con sé, celata, la possibilità della guerra; la determinazione a non alienare se stesso nella passività e nell'autoinganno: sono le motivazioni esistenziali che indussero l'autore della Nausea a ridefinire concettualmente e praticamente il proprio rapporto con il mondo e con la storia, a realizzare una radicale rimessa in discussione di sé, una conversione dal distacco orgoglioso, dallo stoicismo difensivo, alla rifondazione della libertà”.
Sandra Teroni, al fine di condurre un'analisi coerente di un orizzonte storico ampio e complesso  (che conduce, come ben sintetizzato dal titolo, da una modernità a un'altra, da una frattura, da un trauma storico a un altro: da una parte, l'esaurirsi, con le barricate del 1848, della fase rivoluzionaria simboleggiata dalla Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino; dall'altra, la seconda guerra mondiale, il genocidio, la bomba atomica) attraverso i grandi capolavori d'ambito francofono, isola ed individua alcune isotopie, figure forti ricorrenti nel discorso letterario che vengono raggruppate  tematicamente nelle macrosezioni Figure del disincantoFigure del viaggio. All'interno di esse i singoli autori fanno i conti coi propri fantasmi, con archetipi e simboli variamente declinati: l'errante e lo straniero (e dunque il rapporto con l'Altro, con l'Altro che sono io e con l'Altro che è fuori da me), l'evasione e lo smarrimento, l'abisso, il relitto, la fuga, la nausea.
A parlare sono le opere, tra le quali l'autrice, con mano esperta, traccia un fil rouge avvalendosi dell'analisi testuale, sempre affiancata dalla ricostruzione storica e delle vicende biografiche, di un discorso critico che con agilità ricorre all'intertestualità, alla rete di relazioni di cui le opere di uno stesso autore partecipano e al loro dialogo con la tradizione.
Esemplificativa a tal fine è l'analisi del Dan Yack di Blaise Cendrars e il rapporto dialettico che il romanzo intrattiene con la narrativa di viaggio e d'avventura facendosi al contempo foriero di una prospettiva disincantata inerente al ruolo dell'artista:
"Per sottrarsi alla noia e a tutte le prigioni del “qui e ora”, egli [Dan Yack] mima un naufragio (a termine) in un'isola che la banchisa rende inavvicinabile, ripete orgogliosamente – e parodicamente – l'esperienza di Robinson Crusoe e, da buon giocatore qual è, supera la prova, lasciandosi alle spalle un paesaggio di rovine e cadaveri: dell'affezionato cane, affogato in mare; e dei tre invitati: il musicista, disperso nel deserto di ghiaccio, il poeta, disintegrato dallo scorbuto e dalla follia, lo scultore, schiacciato dalla statua che ha tentato di scolpire nel ghiaccio.
La simbolica eliminazione dell'artista, velleitario nel suo desiderio di evasione, è complementare al trionfo dell'uomo d'azione. Dan Yack si lancia in un'altra avventura: sbaragliando con ogni mezzo la concorrenza, crea sulla terra antartica una gigantesca impresa per il trattamento in loco (con ottimizzazione di tutto il materiale, non sono previsti scarti) dei prodotti della pesca; e attorno a questa impresa fa sorgere una città, Community-City, che è un modello di organizzazione sociale. Robinson Crusoe è diventato un buon capitalista e un capitalista buono; la balena ha perso l'aura, è solo una grossa bestia da uccidere perché può far guadagnare molto denaro. La modernità è dominata dalla legge dell'utile. E la guerra, che è diventata anch'essa mondiale, come la circolazione delle merci – con la circolazione delle merci – ha fatto dell'uomo un macellaio. L'epico corpo a corpo di capitan Achab con la balena bianca è un ricordo del passato; il presente offre un massacro su ordinazione e lucidamente organizzato come una catena di montaggio, la deriva di un avventuriero che scarica la sua carabina su un branco di foche, e le sventra, ebbro di sangue, di «comunione con la morte». […] L'incontro con l'essere, la realizzazione dei propri io possibili sono irrimediabilmente mancati. Come il viaggiatore baudelairiano che approdato all'isola di Venere vi trova l'emblema della propria morte […] l'eroe del grande romanzo di viaggi post-conradiano trova, e riproduce, ovunque l'immagine di ciò che ha lasciato o l'immagine della propria inconsistenza. E il mondo gli si rivela come un unico grande scenario dell'assurda vicenda umana.”
Basterebbe questa breve citazione a proposito dell'opera di Cendrars (compresa nel capitolo Erranze, dispersioni, forme) per sottolineare l'importanza di un lavoro ermeneutico condotto sistematicamente, secondo linee guida e percorsi tematici, sulle opere e attraverso alcune delle voci che si sono contraddistinte per vigore e originalità dall'Ottocento sino alla seconda metà del Novecento (da Baudelaire a Gide, da Rimbaud a Cendrars, da Céline a Malraux fino a Sartre), che ne hanno vissuto e metabolizzato il logorio degli ideali, traducendone la percezione e problematizzandola nel proprio discorso letterario. Se infatti il saggio – o meglio, la raccolta di saggi – in questione si presta a essere un ottimo strumento per tutti coloro che si interessino, a vario titolo, di letteratura francese moderna e contemporanea (fra le altre cose, la sezione Figure del viaggio contiene un illuminante scritto su Céline: L'Africa di Céline. Fughe nella tenebra) o di comparatistica, può inoltre fornire solide basi a una riflessione sul nostro presente e sul divenire storico di cui siamo testimoni  – nonché sul ruolo dell'arte e della letteratura –  alla luce dei testi (e dei contesti) che ci hanno preceduto.

Nike Gagliardi