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La fame maledetta di Murakami in "Gli assalti alle panetterie"

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Gli assalti alle panetterie
di Haruki Murakami

Illustrato da Igort
Trad. italiana di Antonietta Pastore

Einaudi, 2016

pp. 57
€ 15


In ogni caso, avevamo fame. Anzi, per l'esattezza, ci sembrava di aver inghiottito il vuoto cosmico, quella era la sensazione. All'inizio era un vuoto piccolo, delle dimensioni del buco di una ciambella, ma col passare dei giorni andava espandendosi all'interno del nostro corpo e prendeva le dimensioni di un abisso senza fondo. Un monumento alla fame, con tanto di musica solenne in sottofondo.
Immersi in un fluido onirico, veniamo trasportati da Murakami in una nuova dimensione, la sua, racchiusa questa volta in due racconti brevi, uno il seguito dell'altro. Ci troviamo nella magnetica Tokyo e due amici poco più che diciottenni, straziati da un'incontenibile fame, decidono di compiere un reato: fare un assalto in panetteria. Ben inteso: loro non vogliono rubare soldi, vogliono soltanto mangiare senza pagare. Entrati nel negozio prescelto, puntano le armi contro il panettiere, il quale li invita, dopo lunghi accordi, a mangiare gratis a patto che prima ascoltino insieme a lui Wagner.
Quando tornammo a casa, il vuoto dentro di noi era sparito. E la nostra fantasia cominciò a rotolare su un dolce pendio.

Murakami associa nella prima storia la mancanza di fantasia alla fame e la fame alla necessità di compiere un reato. Più è alta la sensazione di fame, più i due giovani protagonisti desiderano delinquere. Più essi si avvicinano alla panetteria, più odono il profumo del pane appena sfornato, più nutrono - d'aria - il mostro della violenza. Violenza che nella storia è espressa soltanto nei pensieri dei due ragazzi e nelle descrizioni ambientali. Una lentezza descrittiva – la donna di mezza età, cliente del panettiere, che impiega eterni minuti per scegliere cosa acquistare e nella sua calma, irrita i giovani in attesa - che prelude un'esplosione di guerra che non avverrà mai. Un richiamo istantaneo alle scene di Quentin Tarantino, grazie anche al supporto visivo eccellente realizzato da Igort (Igor Tuveri, uno dei più importanti illustratori italiani viventi), ma senza sangue. Tutto il platonico fuoco viene spento dal panettiere che spiega le opere di Wagner ai due ragazzi, i quali rientrano a casa sazi, spinti da una forte fantasia che ha messo a tacere il vuoto, nonché il vortice creato dalla fame.
Ancor oggi non sono certo di aver fatto la cosa giusta, parlando a mia moglie dell'attacco alla panetteria. Ma è possibile che in sostanza non fosse una questione di giusto o sbagliato. Voglio dire, al mondo ci sono decisioni sbagliate che portano a risultati giusti, e viceversa. Per sfuggire a quest'assurdità – penso che la si possa chiamare così – ho dovuto convincermi che noi non scegliamo un bel niente. Di solito questa è la visione della vita, quel che è successo è successo, quel che non è ancora successo non è ancora successo.
Circa una decina di anni dopo ritroviamo uno dei due ragazzi sposato da appena due settimane con una donna più giovane di lui di due anni e otto mesi (la sorprendente precisione di Murakami in un contesto illusorio è destabilizzante, oltre che peculiarità dello scrittore stesso). É piena notte quando la coppia si sveglia in preda ad atroci crampi della fame. La moglie del protagonista allora cerca per tutta la cucina cibo, ma oltre a due cipolle rinsecchite, a quattro biscotti dimenticati e a sei birre, non riesce a reperire di meglio. Il marito le propone di uscire a cercare un bar aperto dove potersi entrambi rifocillare, ma ella rifiuta categoricamente.

Quando lei mi disse così, mi convinsi che la nostra era una fame particolare, un bisogno che non si poteva calmare in maniera banale, andando a cercare una caffetteria aperta tutta la notte.Ma cosa significava, una fame particolare?Lo rappresenterò con un'immagine cinematografica.
Aprono le birre e all'uomo sovviene l'ultima volta che ha provato questa fame compulsiva, anomala e comincia a raccontare a sua moglie la bravata compiuta dieci anni prima con l'amico. Come se si trattasse di una maledizione. E se fosse una maledizione? Eppure esistono così tante maledizioni, che non si può dire quale fra di esse abbia colpito. La moglie si preoccupa, convincendosi che se si dovesse trattare di una maledizione, colpirebbe anche lei, essendo al momento la persona più cara dell'uomo. E proprio lei escogita una soluzione murakamiana per spezzare il maleficio. Alle due di notte mettono in atto il piano della donna, in un'atmosfera di follia, irrealtà e comicità illogica, che - almeno a noi occidentali - strappa irrimediabilmente una risata.

Il senso sembra essere quello di dover portare a termine quanto è rimasto inconcluso anni prima, in modo da rompere una catena che, come una spada di Damocle sopra le loro teste, minaccia e toglie tranquillità alla coppia. La figura metaforica prepotente in questa parte della storia è una barca in mezzo all'acqua, situata sopra un vulcano sommerso: più è forte il crampo della fame, più l'acqua è trasparente, alterando così il senso di profondità. Il respiro suggerito è magico e magistralmente guidato anche nel secondo racconto da Igort, il quale supera se stesso tra il ritratto di Wagner, il volto della maledizione e la barca in mezzo all'acqua (senza escludere tutte le altre efficaci illustrazioni).

Due racconti surreali legati da una visionaria danza di spettri di rabbia, di continuità, di fame (unica vera protagonista), di maledizioni e di un lieve velo di tradizioni orientali che regalano al lettore un momento di fugace estraniamento. Un libro, Gli assalti alle panetterie, che tuttavia ha deluso molti fan italiani dell'autore giapponese, i quali sono rimasti amareggiati sia dalle due trame (secondo loro poco avvincenti e per nulla espressive della bravura dello scrittore giapponese) che dallo stile fugace e repentino (lamentano la brevità del libro in rapporto al prezzo, oltre alla delusione per la storia in sé). Una lettura dunque che si consiglia, senza troppe pretese, con la voglia di evadere dal normale.

Alessandra Liscia