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"La felicità mi aspetta. E questa volta non farò tardi" di Chiara Pelossi Angelucci

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La felicità mi aspetta. E questa volta non farò tardi 
di Chiara Pelossi Angelucci
Sperling & Kupfer, 2015

pp. 229

Quando ero più giovane avevo tanti sogni. Dopo il divorzio li ho lasciati tutti nel cassetto gettando la chiave dalla finestra. L’unica cosa che mi ha dato delle soddisfazioni era il lavoro. È tempo di forzare quella serratura! Mi vedo rimboccare le maniche e prendere in mano le redini di un’ipotetica squadra di cavalli posti davanti ad una vecchia carrozza. La carrozza simboleggia la mia vita finora, i cavalli il futuro pieno di opportunità.[1]
Il percorso esistenziale di Agata, la protagonista del romanzo, ad un certo punto subisce una drastica svolta, non voluta, ma drammaticamente subita. La fine di ciò che la donna considerava l’amore più importante, assoluto ed eterno della sua vita, coronato da un bel matrimonio, è avvolto da un mistero che si svelerà nella parte finale del romanzo. Appassionata di cucina da sempre, Agata ha fondato assieme ad una sua cara amica, una “società di catering”; il lavoro la riempie di soddisfazione, i clienti non mancano, ma soprattutto è l’attività stessa a velare sapientemente tutto il dolore che invece la donna si porta dentro. Il legame affettivo con Marco, il suo ex marito, è ancora vivo, ogni luogo le ricorda i momenti trascorsi felicemente assieme, nel viso di ogni uomo nuovo che incontra, ritrova sempre qualcosa che rinvia alla gestualità familiare e affettuosa del suo ex.
Non è facile per Agata. Alcuni uomini chiudono frettolosamente porte che sembravano salde e incorruttibili, sono uomini che dimenticano tutto, troppo in fretta. Per lei non è così semplice comprendere, chiudere e ricominciare:
Cammino lentamente. Quante volte ho passeggiato con Marco. Lui mi obbligava a guardare ogni vetrina e a fare il gioco del «come mi starebbe?». Eccomi il giorno del matrimonio: il vestito bianco ornato di roselline delicate che mi fasciava  alla perfezione, i capelli acconciati con sapienza, la giarrettiera, le scarpe uscite direttamente dal museo delle torture medievali che al solo pensiero, ancora risvegliano il dolore ai piedi. Ed ecco Marco, meraviglioso nel suo completo firmato costato più del mio pacchetto.[2]
Agata deve affrontare il “dopo” esistenziale. È una donna solare, creativa, dinamica, ma ha ancora poca fiducia in se stessa, fatica a districare il gomitolo delle tante emozioni affettive che la legano al passato. Il presente le riserva nuovi “incontri-scontri”. La conoscenza con un nuovo inquilino del cuore, Ken, è troppo irruenta per lei. Il suo corteggiamento la prende di sprovvista: “Sei così bella con le briciole tra i capelli e le occhiaie, (che) avevo voglia di alleviarti la stanchezza…”. Troppo presto lasciarsi andare nuovamente, troppo poco un gesto, un bacio per accogliere un nuovo amore, troppo presto per vivere una nuova storia.
Nella vita di Agata, come nella vita di ognuno, c’è un grande “faro” di luce, forte, protettivo, saldo e sicuro. Si tratta per lei del nonno, sempre e stabilmente presente nella sua vita. È lui che la accompagna in questo percorso di risalita, ed è a lui che Agata si rivolge spesso nei momenti di difficoltà:
Però ci sei sempre tu: la cosa più importante per te stessa. Non far dipendere dagli altri la tua vita, solo tu puoi decidere se essere felice o meno, in qualsiasi situazione.[3]
Un viaggio inaspettato, improvviso, tra le meravigliose terre umbre, all’inizio visto come una seccatura, che Agata accetta di condividere con le persone a lei più care, si rivelerà, invece, come uno dei momenti più intensi e interessanti della sua vita. È qui che inizia per lei una nuova terapia dell’anima, un’intensa meditazione sulla propria esistenza; un risveglio da inutili sensi di colpa; qui ritroverà un’intesa familiare rinnovata; qui comincerà una nuova acquisizione di fiducia che le darà la spinta per lasciarsi veramente andare ad una rinascita affettiva.
Il resto della giornata senza nonno trascorre piacevole fra una visita e l’altra ai monumenti storici della cittadella. Io e zia Flo ci facciamo regalare da Michele due meringhe formato gigante. Le sbocconcelliamo per stare al passo dei nostri accompagnatori, che sembra non abbiano mai bisogno di riposare. Decidiamo che l’ultima tappa di oggi sarà la Basilica di San Francesco. Sono curiosa di visitare questo luogo sacro. Chissà se sentirò qualcosa di speciale? Chissà se stare accanto alla sua tomba mi guarirà da tutti i mali?[4]
Agata scopre, nel prosieguo del racconto, chi si nascondeva dietro le apparenze di un matrimonio felice, intuisce la verità su Marco; ma in ogni caso è la vita stessa ad averla portata, ora, su un altro binario. Non lo ama più. Finalmente. E questo nuovo stato di agitazione amorosa che lei vive con un altro uomo, non è il frutto del rancore verso un passato che rimarrà comunque indelebile. La protagonista sorride alla nuova situazione sentimentale del suo ex, senza pregiudizi e senza odio, comprendendo che certi avvenimenti sono in qualche modo già “prediposti” dal destino.
Un bel romanzo, chiaro, scorrevole, ben scritto, inserito in una modernità letteraria e di contenuti, vicina alle nostre vite, un racconto che mantieni solidi primariamente i valori dell’amicizia e dell’amore tra generazioni.
Ora Agata è pronta ad afferrare di nuovo la felicità. Alza lo sguardo fiera del suo essere di nuovo, interamente e con orgoglio, una donna che ama.
Il lato migliore del futuro è che arriva un giorno alla volta





[1] Chiara Pelossi Angelucci, La felicità mi aspetta E questa volta non farò tardi, Sperling & Kupfer, 2015, p. 146.
[2] Ivi, p. 26.
[3] Ivi, p. 208.
[4] Ivi, p. 94.