#Halloween - L’Orrore Cosmico di Lovecraft



Anche i libri, come gli abiti negli armadi, seguono la stagionalità. Nelle ultime settimane abbiamo abbandonato i colori chiari e gli indumenti leggeri a favore di tinte più scure e materiali più pesanti. Con l’accorciarsi delle giornate e il buio che ci sorprende già nel tardo pomeriggio, è giunto il momento di orientarci verso letture che più si sposano al periodo autunnale: nessuno come Lovecraft calza al periodo di Halloween. La sua massiccia produzione di racconti produce ore di suggestione.

Quando giunsi vicino alla città senza nome, capii che era maledetta. Stavo attraversando, sotto la luna, una valle riarsa e terribile, e lontano la vidi ergersi misteriosamente dalla sabbia, come parti di un cadavere che sporgano da una fossa malscavata. Dalle pietre consunte dal tempo della veneranda sopravvissuta al diluvio, bisnonna della più vecchia piramide, parlava la paura.

#Halloween Il fascino misterioso de "Les Revenants"


Les Revenants è una serie francese del 2012, scritta da Emmanuel Carrère, Fabrice Gobert, Fabien Adda, Camille Fontaine e Nathalie Saugeon. Attualmente, in Francia è stata mandata in onda anche la seconda serie sul famoso Canal +. In Italia, invece, la prima serie è stata trasmessa su Sky Atlantic e LA EFFE.

Titolo intraducibile letteralmente in italiano, Les Revenants è il participio presente del verbo revenir (ritornare) che in italiano potrebbe essere reso con “Coloro che ritornano”.
Il titolo riassume brillantemente la trama degli otto episodi della prima serie. La serie, difatti, personalizza il tema del “ritorno”. Non il ritorno da un viaggio né tantomeno un ritorno di fiamma, beninteso. Si tratta del ritorno di persone fisiche, visibili, tangibili, da un luogo sconosciuto ai più e che tutti indicano con un generico “aldilà”. Ciò che incuriosisce ancor di più lo spettatore è che questi “revenants” sembrano ignorare di essere tornati dopo anni in quello che considerano il loro mondo, il loro Paese, la loro casa, la loro famiglia. Al contrario, tutti tornano tranquillamente alla loro quotidianità, come se il tempo avesse smesso di scorrere esattamente al momento della loro scomparsa. Così facendo però, sconvolgono a loro insaputa gli equilibri creati dalle famiglie e dalle persone amate in seguito all’accaduto.

Halloween per fifoni: Frankenstein, una lettura sempre intrigante

Devo ammetterlo: sono una fifona. Una, per intenderci, capace di fare incubi per una settimana se rivede – per sbaglio naturalmente – anche solo un paio di scene de Il sesto senso o L’esorcista; una che di Shining o Le notti di Salem non è mai andata oltre le prime quaranta pagine. E non ho mai davvero capito il piacere di due ore di terrore, ansia e palpitazioni nel buio di una sala, come se già non fosse abbastanza terrificante certi film guardarli a casa propria, figuriamoci sul mega schermo del cinema in un’autoinflitta agonia. Va da se quindi che anche con la letteratura horror non sia, come dire, proprio a mio agio e del maestro del genere, Stephen King – di cui, tra l’altro, credo sia il momento di smetterla di considerarlo autore di serie B rilegato in un genere ma dargli il posto che merita tra gli autori contemporanei – mi sono finora limitata a leggere tutta la produzione meno spaventosa, gli interventi sulla letteratura, i racconti...

Bookcity 2015. Quando gli scrittori amano anticipare...

Se dovessi cercare una parola d'ordine per #BCM15, che ha spopolato sui social ma anche per le strade milanesi, direi: anticipazioni. Gli autori di quest'edizione sono arrivati al loro palcoscenico con libri in uscita: si pensi, ad esempio, alla pubblicazione feltrinelliana di L'amante giapponese di Isabel Allende, al Woody di Federico Baccomo, appena edito per Giunti, o al ritorno della protagonista di Annarita Briganti nel nuovo L'amore è una favola, per Cairo.

Ci sono poi i casi di chi il libro non lo ha in libreria, e su tutti risalta il nome di Donato Carrisi, attesissimo in quanto lo scrittore italiano di thriller più letto al mondo. Proprio nella sede di Bookcity, sabato Donato ha rivelato qualche dettaglio del nuovo thriller: in un paesino è arrivato un nuovo investigatore, cinico e piuttosto impenetrabile. Una notte, uno psichiatra viene svegliato da un'insistente telefonata: è avvenuto un incidente, che ha coinvolto l'investigatore, illeso ma sporco di sangue. Il sangue della ragazza scomparsa.... Pare in stato di shock ma cosa è realmente accaduto? Insomma, bastano questi pochi dettagli per rendere immediatamente la scena vividissima davanti agli occhi e far calare nella platea un silenzio estatico. E in effetti Carrisi riconferma la sua incredibile capacità affabulatoria che, accompagnata da una voce carismatica e suadente, accompagna noi lettori a quel tanto desiderato 23 novembre, data prevista per l'uscita di La ragazza della nebbia per Longanesi. 

#FFF2015. Nine Antico e la sua educazione sentimentale pop

Il gusto del paradiso
di Nine Antico

Traduzione italiana di Stefano Sacchitella

Coconino Press, 2015

pp. 104, 16 €


Ho scoperto i fumetti e il loro meraviglioso mondo a 5 anni, seduta sulla tazza del water con in mano l’ultimo numero del Topolino; ne ho continuato a leggere le pagine fino alla quinta elementare, sempre aggiornata sulla vita a Topolinia e a Paperopoli. Il periodo dell’adolescenza, invece, è stato caratterizzato da altre letture, lontane dalla nona arte; sono tornata a farmi cullare dalle tavole disegnate solo dai sedici anni in avanti. In quel buco di sei anni, tuttavia, un testo come quello di Nine Antico avrebbe rappresentato la giusta ancora di salvezza in una fase di profonde incertezze emozionali, quando la tragedia più grande che potessi immaginare era di trascorrere le ultime ore della giornata scolastica con un pezzo di merenda infilata tra le stelline dell’apparecchio ai denti.

Virginie (un nome con troppe «i» come lei stessa constata quasi temendo una presa in giro dagli sconosciuti) è un’adolescente francese, cresciuta in una famiglia progressista e moderna ma che per questo non viene privata dai tormenti di una crescita accidentata e travagliata come quella vissuta da qualunque teenager del mondo. Si incontra con le amiche e con loro ammette di essere erudita a sufficienza su tutto ciò che concerne il mondo dell’hardcore più sfrontato grazie alla consultazione delle riviste pornografiche del padre, non più di tanto nascoste nella libreria di casa. L’episodio la costringe a fare i conti con la sua sincerità e ingenuità: quale folle demone si è momentaneamente impossessato dei suoi neuroni per spingerla a confessare una cosa del genere? E per di più a quelle antipatiche di Melanie e Angelique che di sciuro spiattelleranno tutto il giorno dopo a scuola! Zimbello, non ci scappa.

Scrittori in ascolto: Ho incontrato Ferzan Ozpetek, per il resto non so

Sei la mia vita
di Ferzan Ozpetek
Mondadori, 2015

€14,45


Cominciamo con qualcosa che con Ozpetek c'entra tutto e niente. Cominciamo con un’espressione che non sopporto “tutto e niente”, appunto, quindi cominciamo male. È il 2002, faccio le medie, ho tredici anni. Non sono la ragazza più popolare della scuola, anzi, sono una sfigata. Invito le mie amiche a casa per guardare insieme un film. Loro scelgono l’orario, cosa mangeremo, quante saremo. Io scelgo il film. Ci mettiamo sul divano e schiaccio play. Dopo i primi quaranta minuti le mie amiche iniziano a ridere, qualcuna insinua che non sono normale, altre si annoiano. 

Se mi aveste chiesto nel 2012 la trama di Le fate ignoranti, vi avrei risposto che è la storia di un uomo investito da una macchina. All’epoca era tutto ciò che vedevo e capivo di quel film. Era il motivo per il quale volevo condividerlo con le mie amiche, per mostrare loro una scena che io non riuscivo a comprendere a pieno ma che trovavo bellissima. Quella sera rimane uno dei racconti più brutti e più divertenti della mia adolescenza, un aneddoto che tiro fuori spesso con gli amici di oggi, concludendo “beh, meno male che non era ancora uscito Nymphomaniac”. Quando sabato stavo seduta sulla metro in attesa di incontrare Ferzan Ozpetek, in occasione di un evento per blogger, organizzato da Mondadori e da quella bella gente di Bookcity, non riuscivo a smettere di pensare che avrei incontrato l’uomo responsabile di aver scritto il film per il quale fui vittima di numerosi scherni. Ero molto contenta. 

La solitudine del reduce: "Yellow Birds" di Kevin Powers


Yellow Birds 
di Kevin Powers

Traduzione di Matteo Colombo

Einaudi, 2013

pp. 195, € 17


Complici la ricorrenza del primo conflitto mondiale e la tensione che dal 2001 ad oggi attraversa il Medio Oriente, la guerra, tema caro alla letteratura, concreto e metafisico, è tornata prepotentemente sulla scena. Da Matterhorn di Karl Marlantes, uscito negli Stati Uniti nel 2010 (da noi per Rizzoli, romanzo autobiografico iniziato nel 1975 dall’autore, che racconta della guerra del Vitnam, al confine con il Laos, di soldati che combattono nemici dentro e fuori se stessi, immersi fino al collo in “sangue e fango”) fino a episodi tra guerra e guerriglia – aggiornamento del conflitto in chiave contemporanea – come Il demone a Beslan di Andrea Tarabbia (Mondadori 2011, sull’eccidio di 334 ostaggi ad opera di islamici e ceceni), o anche il Corpo umano di Paolo Giordano (Mondadori, 2012) -  il confronto con se stessi – le proprie storie sospese – che alcuni soldati italiani devono sostenere durante la missione nella impervia e pericolosa zona afghana del Gulìstàn, la guerra è tornata grande protagonista tematico di questi primi due decenni di romanzo occidentale. Sicuramente, oltre alla situazione politica ed economica incerta e tesa di queste zone del mondo, e all’equilibrio ancora da trovarsi tra nuove e vecchie potenze, precedenti assetti e futuri, contribuisce alla ribalta del tema la cognizione della catastrofe, l’idea – strisciante, sottofondo presente e cardine di molte delle ricerche più audaci di psicologia e economia degli ultimi anni – secondo cui ciò che stiamo vivendo è una serie di catastrofi che ne svolgono una, più vasta, la cui eco non si sa fin dove giungerà, né il suo portato, ma di cui si possono rintracciare alcune caratteristiche: i fondamenti della civiltà messi in discussione; i frutti del progresso adoperati per i fini più disparati, spesso nocivi per molti; la diffusione della “liquidità” sociale, con la farragine ei disordini che essa implica, ove si diffonda in luoghi ancora impreparati alla modernità; il problema dello spirito e della materia, della religione e del consumo, in ultima istanza, della fede e del fine dell’uomo; eccetera. In questa prospettiva, Yellow Birds di Kevin Powers, soldato sin dall’età di diciassette anni, mitragliere nella guerra d’Iraq tra 2004 e 2005, autore di questo romanzo autobiografico e potente, è esemplare di questo nuovo modo di narrare la guerra, e talmente archetipico nella narrazione schematica e sempre fortemente simbolica degli eventi scelti e descritti da aver ricevuto, proprio per questo, incondizionate lodi da Dave Eggers, Alice Sebold, Philip Meyer, e una considerazione – meno entusiasta ma chiara – anche dal mostro sacro della critica letteraria statunitense Michiko Kakutani.  

Scrittori in ascolto: #FFF2015. Véronique Ovaldé e il mondo delle coincidenze

Roma, 26 ottobre. Il Festival della narrativa francese alza il sipario anche sulla città eterna. Il primo degli undici incontri che coinvolgeranno scrittori, lettori, traduttori e semplici appassionati di cultura francese ha luogo alla Biblioteca Rispoli. A due passi dallo storico Largo di Torre Argentina abitato dai gatti romani e alla tiepida luce del tramonto autunnale, si respira una frizzante aria parigina: lungo la stretta via degli Astalli giovani e meno giovani si incamminano con in mano la loro edizione de La sorella cattiva; ci si siede in mezzo a polverosi volumi passata tra mille mani e nessun luogo potrebbe essere più adatto di questo per parlare del meraviglioso testo di Véronique Ovaldé.

"Quando guardo verso Ovest": racconti come videoclip

Quando Guardo Verso Ovest
di Massimo Lazzari

Antonio Tombolini Editore 

€ 4,99


Leggendo Quando guardo verso Ovest mi è venuto subito in mente un videoclip, anzi un film composto da 33 videoclip. 33 istantanee, 33 ritratti di altrettanti frammenti di vita a cui fanno da colonna sonora alcuni dei più celebri brani della storia del rock: Doors, Pearl Jam, Beatles, Rolling Stones, Jimy Hendrix, Queen, Led Zeppelin, Pink Floyd, Aerosmith, Guns n’Roses, Nirvana, U2, Red Hot Chili Peppers. Quanto di meglio, in fatto di musica, ci hanno offerto gli ultimi decenni del XX secolo. 

Hanno il ritmo delle canzoni di cui portano il titolo questi racconti brevi in cui Lazzari tratteggia personaggi comuni sorpresi a vivere un breve tassello della loro esistenza. All'apparenza accomunati solo dal fil rouge della musica, ma in realtà legati ben più strettamente da un'emozione particolare. La donna che fa parapendio, il ragazzo che continua a suonare una canzone sulla sua chitarra, la coppia di neo genitori un po' spaesati, il figlio che continua a dialogare col padre anche se lui non c'è più, il maratoneta, la pattinatrice, la ragazza dell'Est, e tanti altri personaggi di oggi o di un passato non troppo lontano che Lazzari riesce a rendere con grande realismo, un'istantanea fatta di parole. 

Dietro il nastro giallo: come destreggiarsi nelle scienze forensi


Dietro la scena del crimine
di Cristina Brondoni

Las Vegas edizioni, 2015

pp. 164
€ 10

 
CSI ha portato lo spettatore sulla scena del crimine al di là del nastro giallo, ha aperto le porte della sala autoptica e ha servito il tabù della morte all’ora di cena.
Com’è vero! Ricordo che, da ragazzina, al ritorno dagli allenamenti sportivi, mi aspettava la cena tardiva e il secondo episodio di CSI, all’epoca novità assoluta. Quante bistecche, uova strapazzate e focacce ho mandato giù vedendo cadaveri ripescati dall’acqua, mangiati da topi o semplicemente stesi sul tavolo della morgue. Quante volte, già all’epoca e con un misto di curiosità e ribrezzo mi chiedevo cosa ci fosse di vero, quanto della parte scientifica fosse realistica e quanto dovuto alla necessità di sceneggiatura. Per fortuna, le mie abitudini sono cambiate, la cena si è spostata ad orari più consoni e la visione di CSI, per quanto mi riguarda, si è interrotta. Ma la curiosità è rimasta e il lavoro di Cristina Brondoni ha contribuito a risolvere parte dei quesiti rimasti sepolti nella mia mente.

Il rapporto col cibo "nell'epoca dei social"

Pratiche relazionali del cibo.
Mangiare nell'epoca dei social

di Evelyn Leveghi
postmedia books, 2015

pp. 121
12,60 euro



Sapevate che, soprattutto nel Nord Europa, esistono gli one-person-restaurant, con coperti tarati rigorosamente “in base uno”? Farebbero al caso vostro o siete troppo “mediterranei”, e il solo pensiero di pranzare o cenare in pubblico ma vis à vis con voi stessi vi mette a disagio? Magari può intrigarvi di più l'idea di partecipare a un flash mob conviviale: appuntamento nella piazza X della città Y all'ora W, per condividere la tavolata con N avventori perfettamente sconosciuti che però, proprio come voi, si vestiranno di colore Z e si porteranno da casa tutto l'occorrente, commestibile e non, della stessa gamma cromatica. Se è così, può darsi che vi piacciano anche le azioni e gli eventi a tema gastronomico, ormai un classico all'interno di musei e gallerie. Chissà, forse siete tra quelli che possono dire di avere sorbito un'ottima zuppa thai cucinata da Rirkrit Tiravanija, artista simbolo di quell'estetica relazionale teorizzata da Nicolas Bourriaud all'inizio degli anni Novanta e più che mai frequentata ancora oggi. Oppure no, la cucina orientale nemmeno vi piace, ma questo non vi impedisce, prima di gustare qualcosa di buono, di frenare l'impulso primario al sostentamento, fotografare la pietanza o tutto il desco, e condividere “la cosa” su Instagram con l'hashtag #foodie (che poi siete voi). Se questi fenomeni vi stuzzicano – l'intelletto, se non l'appetito – ma, meglio ancora, se la vostra sopportazione a proposito ha varcato la soglia della sazietà, vi consiglio di leggere Pratiche relazionali del cibo. Mangiare nell'epoca dei social di Evelyn Leveghi (postmedia books, 2015). Il saggio vi aiuterà a scegliere da questo menù secondo il vostro maggiore gradimento, o vi porgerà, di contro, un formidabile ammazza-caffè qualora l'offerta “eno-gastro-maniacale”, declinata all'infinito da editoria e palinsesti televisivi, vi risultasse, ormai, invasiva e indigeribile.

Scrittori in ascolto: Hape Kerkeling, un inguaribile ottimista


Corbaccio, venerdì 23 ottobre 2015. Devo ammettere di essere rimasta piacevolmente sorpresa. Dalla lettura di questo libro, All’aria aperta, racconto dell’infanzia perduta del comico e presentatore tedesco Hape Kerkeling alla seconda prova come scrittore (qui la mia recensione), e dall’incontro con lo stesso, venerdì pomeriggio in casa editrice Corbaccio, per la presentazione in anteprima di questo suo lavoro. Piacevolmente sorpresa, dicevo, perché devo ammettere di aver aperto il libro con qualche perplessità, mentre alla fine la lettura si è rivelata interessante; e sorpresa di essermi trovata davanti un uomo divertente – certo, questo era piuttosto prevedibile visto che è un celebre comico –, intelligente, sensibile, pronto a discutere con una manciata di blogger presenti all’evento a porte chiuse con generosità, pazienza, sensibilità. E, molto semplicemente, la prima sorpresa è stata anche scoprire che Kerkeling parla un italiano perfetto! Senza bisogno di interprete, ha parlato in maniera assai fluente, rivelandoci che in realtà da molto tempo la sua vita si divide tra Germania e Umbria, dove trascorre nove mesi l’anno in una casa di proprietà e dove concretamente questo libro – la cui traduzione italiana è la prima in Europa – è stato scritto.

#FFF2015. Camminare con un tesoro cucito sotto la pelle: "La sorella cattiva" di Véronique Ovaldé

La sorella cattiva 
di Véronique Ovaldé


Traduzione italiana di Lorenza Pieri

Minimum Fax, 2015

265 pp., 15 €
e-book € 6,99



Come si chiama quella sensazione di privazione che si prova una volta sfogliata l’ultima pagina di un Libro (l’iniziale maiuscola non è un refuso)? Non si tratta semplicemente di rimanere orfani di una famiglia di personaggi che ci hanno accompagnato più o meno a lungo nel tempo. Significa provare ad arginare un turbinio di emozioni sconosciute ma che, inconsciamente, sappiamo sopite e latenti nella nostra vita. La sorella cattiva ha lasciato questo buco nero al livello della mia pancia, nonostante siano passate più di ventiquattr'ore dalla sua conclusione e nonostante già altre pagine stiano iniziando lasciare il loro segno sulla mia pelle.

L’epidermide di un lettore è fatta un po’ così, attraversata da lunghi solchi di diverse profondità, autostrade e sentieri verso il centro pulsante del nostro io. Il libro della Ovaldé fa dogana al crocevia delle emozioni, conducendo inevitabilmente alla consapevolezza di sé e della propria presenza sul mondo.

Scrittori in ascolto: #FFF2015. Adrien Bosc, costellazioni e destino


24 ottobre 2015, Milano in pieno fermento BOOKCITY 2015. In occasione di questo evento l'Instutiut Français ospita nel bel palazzo di Corso Magenta il Festival de la fiction française, un bel ciclo di incontri con autori francofoni. Oggi è la volta di Adrien Bosc, all'attivo col suo primo libro, tradotto col titolo italiano di Prendere il volo (qui la nostra recensione). Un romanzo poliedrico dove i protagonisti sono le 48 vittime del disastro aereo del Constellation dell'ottobre 1949. Una “moderna Spoon River”, dove la storia di ogni passeggero diventa un romanzo a sé.

Adrien Bosc ha ventinove anni e le sue parole sono cariche e pacate. È intervistato da Marco Missiroli che con una battuta di apertura sottolinea come Bosc sia stato in grado di fare tutto ciò che in Italia si fatica a fare: aprire una propria casa editrice, scrivere un romanzo, vincere un premio importante. Secondo Missiroli molto del successo di Prendere il volo è dovuto a una peculiarità stilistica del romanzo: è scritto in prima persona. Là dove generalmente ci si sarebbe aspettati una terza persona, Bosc entra nel suo romanzo e prende parola. Ecco la rivoluzione che spiega il successo, soprattutto di critica. 

Ma quale è stata la scintilla? Bosc risponde È partito da un fait divers, persino lontano nel tempo e senza alcun rapporto personale, e cerca di tracciare le fila della genesi del suo romanzo. Semplicemente una sera si trova casualmente a vedere un video di una vecchia trasmissione francese, dove era presente come ospite il liutaio che costruì il violino di Genette Neveu, vittima dell'incidente. E da lì torna indietro nel tempo, a questo 1949, consapevole che "ogni storia è il migliore medium per esprimere alcuni elementi che si hanno a cuore". In questo caso: il destino umano, democratico e imperscrutabile. 

Pillole d'autore: quando Bartezzaghi dà buca a Godot



Gli anglofoni hanno come sfida intellettuale quella di finire il cruciverba della domenica del Times, a loro dire impossibile ed indecifrabile. Noi italiani abbiamo il Bartezzaghi, l’incrocio di caselle nere e bianche che ha come scopo quello di ridurre la nostra autostima e farci capire che la nostra cultura generale e linguistica è veramente misera cosa: personalmente, posso vantarmi di averlo finito per ben due volte, ma è meglio se glisso su quante "Settimana Enigmistica" ho dovuto comprare per riuscire nell’impresa. 
Il milanese Stefano Bartezzaghi, classe 1962, è enigmista di stirpe con già il padre, Piero, e il fratello, Alessandro, nel mondo di tautogrammi e sciarade. Oltre a farci impazzire con le sue definizioni orizzontali e verticali, insegna semiotica allo IULM, cura il suo blog “Lessico e Nuvole” sul portale di Repubblica e ci fa addentrare sempre più nel mondo dell’enigmistica con pubblicazioni di genere come Lezioni di enigmistica (Einaudi 2001) oppure L'orizzonte verticale (Einaudi 2007). Dando Buca a Godot. Giochi insonni di personaggi in cerca d’autore, è una raccolta di giochi con le parole a volte suoi, a volte di lettori, letterati e dagli utenti Twitter che hanno spesso risposto agli hastag tematici.   

#CritiComics | Sulla Via della Seta con Marco Polo e Marco Tabilio

Marco Polo. La Via della Seta
di Marco Tabilio

Edizioni BeccoGiallo, 2015

pp. 208
€ 18.00 

Raccontare la vita di un personaggio realmente esistito è come incrociare gli occhi davanti a un bivio finché le due strade (la Storia e la storia) si toccano, si scontrano, nella speranza di farle sovrapporre. E' difficile incrociare gli occhi e ottenere l'effetto giusto, bilanciare l'uno o l'altro elemento per ottenere quell'unica strada formatasi da un'illusione ottica e che, peraltro, ti ha fatto anche venire un poco di mal di testa. 

E Marco Tabilio deve essersi ritrovato con un mal di testa bello forte per riuscire a far convergere tutte queste strade nel suo graphic novel Marco Polo. La Via della Seta. Perché nel caso di Marco Polo non c'è solo il problema di trovare la giusta misura tra racconto storico e narrazione, ma bisogna incrociare anche il terzo occhio per cercare di far combaciare con le prime due, una terza strada, quella de Il Milione e di chi lo ha scritto dopo aver ascoltato la storia dalla viva voce dello stesso Polo: Rustichello da Pisa.

La prospettiva che Marco Tabilio sceglie per raccontare il suo Marco Polo però non è quella di un adattamento de Il Milione e nemmeno quella di una biografia fatta e finita del viaggiatore veneziano.

#FFF2015. Piccole parabole prima dello schianto: "Prendere il volo" di Adrien Bosc


Prendere il volo
di Adrien Bosc

trad. italiana di Laura Bosio
Guanda, 2015



Mi ricordo che la violinista Ginette Neveu 
è morta nello stesso aereo di Marcel Cerdan. 

Georges Perec, Mi ricordo


Sono passati tanti anni da quella tragica notte tra il 27 e il 28 ottobre 1949, quando il potente Constellation, “l'aereo delle star”, finisce la sua corsa schiantandosi contro un promontorio. L'aereo di punta di Air France, il volo F-BAZN, era partito in serata da Parigi, direzione New York: non sarebbe arrivato mai a destinazone. Precipitò sul monte Redondo, Isole Azzorre. Il caso ha voluto che a pilotarlo, quella notte, ci fosse Jean de la Noüe, ex pilota dell'aviazione francese durante la guerra: uno sberleffo del destino che ti fa sopravvivere alle bombe per farti morire in una manovra di routine.

Nessun guasto tecnico, forse un errore umano, forse la fatalità di un attimo o di una rotta maledetta. L'aereo stava semplicemente atterrando per fare rifornimento di gasolio, e poi risalire in cielo e attraversare l'oceano. Le condizioni meteo erano state definite ottime, eppure l'aerero fatica ad atterrare. “I have the field inside”, e invece probabilmente erano luci di una cittadina contro la quale andò a sbattere. Nessun sopravvissuto su quel volo, 37 passeggeri e 11 componenti della flotta per sempre uniti da un destino imperscrutabile, che sembra voler ribattere con presunzione, forse soprattutto in queste occasioni, che di fronte alla morte non ci sono differenze di nessun tipo.

#ScrittoriInAscolto - A tu per tu con... il leone d'oro Wilbur Smith!



Foto di ©GMGhioni

È trascorso un anno da quando abbiamo attraversato l'Egitto insieme al vecchio eroe, Taita, in Dio del deserto. Ora è tempo di approdare a Zanzibar e navigare nelle acque turbolente dell'Oceano per ritrovare i Courteney nel nuovissimo Il leone d'oro (Longanesi), già un bestseller mondiale a pochissimi giorni dall'uscita (il 19 ottobre). Abbiamo incontrato il re dell'avventura al Principe di Savoia, a Milano, per parlare del romanzo in anteprima.

"All'aria aperta", l'ottimismo nonostante tutto

All'aria aperta
di Hape Kerkeling

Corbaccio, 2015
trad. italiana di Alessandra Petrelli

pp. 240, € 16.90 

Grazie a questo libro ho aumentato positivamente la distanza dagli avvenimenti della mia infanzia. […] Senza volerlo ho raccontato la storia di un’infanzia perduta. Forse era giunto il momento di dire tutto.
Il nome di Hape Kerkeling in Italia è legato soprattutto al libro Vado a fare due passi, pubblicato nel 2008 da Corbaccio, racconto del pellegrinaggio lungo la via di Santiago di Compostela compiuto pochi anni prima dall’autore stesso. Non è così in Germania e nel Nord Europa, dove Kerkeling è un nome e soprattutto un volto noto del mondo dello spettacolo: attore, presentatore, comico, sceneggiatore, amatissimo dal pubblico e più volte premiato dalla critica. Un personaggio pubblico che negli anni ha spesso utilizzato la propria fama per partecipare a progetti umanitari importanti, in patria e all’estero. Una carriera brillante alle spalle quindi, quel sogno che fermamente coltivava fin da bambino, riconoscimenti, successi, incontri importanti.

#CritiCINEMA - La grande Suburra

La grande bellezza meets Gomorra. Roma inquinata da Mafia capitale perde l'ultima indulgenza del grottesco messo in scena da Paolo Sorrentino e del suo immaginario patinato e lascia il posto a una sorta di desolata no man's land. Terra di nessuno, e preda di tutti, Roma non è più una città ma assurge ad etichetta del malcostume, simbolo degradato della degenerazione dei tempi.

Un grosso affare di speculazione edilizia lega “Er Samurai” ex membro della Banda della Magliana (Claudio Amendola), un politico destrorso con la passione per droga e minorenni (Pierfrancesco Favino), un faccendiere servile e meschino (Elio Germano), “Numero 8”, capetto della mafia di Ostia (Alessandro Borghi) e una famiglia di rom in ascesa malavitosa.
Non è difficile leggere dietro i nomi fittizi personaggi e situazioni reali.

Sul crinale tra invenzione e realtà Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini scrivevano nel 2013 per Einaudi Stile Libero Suburra, sulfureo ritratto già prossimo alla sceneggiatura di una città corrotta fin (e soprattutto) nel cemento delle sue fondamenta che oggi diventa un film firmato da Stefano Sollima, già regista delle serie Romanzo criminale e Gomorra. E proprio il meccanismo seriale ottimamente congegnato da Sollima riverbera nel film, in un continuo gioco di vasi comunicanti, in maniera forse un po' troppo invasiva: gli appassionati della serie sulla banda della Magliana o sulla saga dei Savastano avranno, più volte durante i 130 minuti della durata, una pesante sensazione di deja-vù.

Torna Vandermeer e l'Autorità di un'Area X senza Controllo


Autorità
di Jeff Vandermeer
Einaudi Editore

Trad. Cristiana Mennella

pp.286
€ 17,00
Nei sogni di Controllo è mattina presto, il cielo blu profondo con appena un fremito di luce. Da una scogliera sta osservando un abisso, una baia, un’insenatura. Non è mai la stessa cosa.
Se vi eravate persi come noi all’interno dell’Area X, seguendo con una certa apprensione le vicissitudini della Biologa, il secondo volume della trilogia di Jeff Vandermeer fa per voi. Dopo Annientamento, il primo dei tre libri che avevamo letto e commentato direttamente con l’autore da Einaudi, arriva Autorità. In questo secondo romanzo impareremo a conoscere meglio la Southern Reach, ovvero il quartier generale delle spedizioni, nato per studiare gli strani fenomeni che riguardano questa Area X i cui contorni appaiono sempre meno netti, in cui si intrecciano vissuti dei partecipanti alle spedizioni, che scopriremo essere in numero davvero superiore ad ogni aspettativa, e scienziati che vi lavorano.
La Southern Reach si era trasformata in un ente obsoleto, una palude che custodiva un segreto dormiente di cui ormai non si preoccupava più nessuno, dato che erano tutti concentrati sul terrorismo e sul collasso ecologico.

La scrittura e il nulla: su "Pomeriggio di uno scrittore" di Peter Handke

Pomeriggio di uno scrittore
di Peter Handke

Traduzione italiana di Giovanna Agabio

Guanda, 2004

88 pp., € 6,50





Scritto nel 1987, questo brevissimo romanzo di Peter Handke si rivela sin dalle prime pagine come un prodotto enigmatico: sulla soglia dell'autobiografia, secondo un metodo che non può che apparire ironico agli occhi di chi considera che si tratta, in fondo, di un lungo trattato sull'esigenza di solitudine dello scrittore, Il Pomeriggio di uno scrittore è un esercizio di bravura, il tentativo di raggiungere quel livello di pura scrittura che contraddistingue la grande letteratura in quanto tale, quella che non può essere inquadrata in nessun genere, in nessuna corrente se non per le esigenze esteriori del mercato editoriale. Lo scrittore austriaco sembra voler fare un passo ulteriore, ovvero riuscire nel creare un'opera che non solo non sia inquadrabile, ma che addirittura non parli di nulla se non della scrittura stessa. Il regno della pura forma, dunque, adocchiato da una distanza permanente attraverso lo sguardo del protagonista – Handke stesso, forse, o forse no – e nelle sue mille riflessioni di un pomeriggio, raccontate in terza persona come a voler immediatamente ironizzare sulla pretesa di chiudere il racconto in una prospettiva rigidamente autobiografica. 

#FFF2015. "Cotto a puntino", un libro di cucina che (finalmente) parla di cucina

Cotto a puntino. Appunti per una cucina migliore
di Guillaume Long

Bao Publishing, 2014

Traduzione di Francesco Savino

pp. 144
€ 15.00 


Sarebbe stato divertente intitolare questo articolo Di cosa parliamo quando parliamo di cucina, ma poi mi sono accorto che avrei dovuto intitolarlo Di cosa parliamo quando parliamo di una cosa di cui è inutile parlare, ora cominciamo a mangiare e stiamocene tutti zitti. Non avrò una visione poetica delle cose e me ne scuso, ma ogni volta che mi trovo davanti a un piatto di verdure cotte non penso mai alla mia infanzia e al grembiulone della mia mamma, ma mi chiedo dove sia finita la mia bistecca.

E' che nel cibo non riesco proprio a vederci nient'altro che il cibo. Quando mangio una bistecca non vengo colto dalle visioni dei miei antenati preistorici che si mangiano il primo mammut arrosto dopo che un fulmine ha colpito un arbusto, penso soltanto alla bistecca. Penso se è cotta bene, se la carne è buona, se quel giorno avevo proprio voglia di carne e non di un secchio di gorgonzola, però oltre alla bistecca non c'è niente. Non c'è poesia, non c'è ricordo, ci siamo solo io e la mia bistecca.

Per questo diffido sempre da chi parla di cibo, soprattutto se lo usa come furbo pretesto per parlare di sé, come se la marmellata di pesche diventi veramente importante solo perché mi ricorda di quando la nonna la preparava (come se la mia nonna fosse l'unica al mondo a fare la marmellata) e non perché è talmente buona che ne mangerei delle quintalate. Mangio per mangiare, non fatemene una colpa se non lo faccio per filosofeggiare.

A questo punto dei miei sproloqui, avrete di certo capito che non sono la persona più accomodante quando si tratta di recensire libri che parlano di cibo. Non molto tempo fa avevo recensito L'eredità - Ricette di famiglia di Squaz, ma quello era un territorio diverso, perché più che del cibo parlava di ricette e costruiva attorno ad esse una narrazione intima senza scadere nella banalità. Cotto a puntino - Appunti per una cucina migliore è invece un libro vero di cucina che contiene ricette, consigli e reportage gastronomici, il tutto tenuto insieme dai disegni di Guillaume Long, fumettista e gastronomo svizzero curatore per Le Monde del blog culinario a fumetti À boire et à manger, di cui questo libro è la prima raccolta.

Meglio soli che male accompagnati, ovvero quando il viaggio aspetta solo te

Come viaggiare da soli. Manuale di travel coaching
di Francesca di Pietro
ebook 8,94 euro



Inutile negarlo. Per noi italiani il viaggiatore solitario è un essere mitologico metà frikkettone-clochard e metà Crocodile Dundee. Davanti al viaggiatore solitario la domanda sorge spontanea: qual è il suo problema? Un giapponese mangia in un café di Parigi, del tutto indifferente al chiasso che lo circonda. Sta leggendo. Chiaramente non è lì per lavoro: lo dice lo zaino davvero troppo grande e soprattutto il libro che tiene tra le mani, qualcosa che sembra essere una specie di giappo-lonely-planet sulla Francia. Ma perché è solo? Quale malattia ha? Davvero è così sfigato da non avere nessuno – proprio nessuno – con cui partire? 

La vita e la morte secondo Édouard Levé

Suicidio
di Édouard Levé
 Bompiani, 2008

pp. 126 
€ 14,00


Traduzione di Sergio Claudio Perroni
1^ edizione originale: 2008 (Suicide)


Non si può entrare in Suicidio alla leggera, dedicargli brandelli di tempo. Bisogna trovare il clima giusto, prenderlo sul serio, immergervisi trattenendo il respiro e arrivare fino in fondo prima di riemergere al mondo - la lunghezza lo consente. Bisogna soprattutto sospendere il (pre)giudizio, cercare di non farsi condizionare da quel che già si sa a proposito del libro. Ma procediamo con ordine.

Un io narrante identificabile con l’autore si rivolge direttamente a un tu, un caro amico che vent’anni prima ha deciso di togliersi la vita. Il testo inizia con il racconto di questa morte inspiegabile: un sabato d’estate un giovane uomo esce di casa con la moglie per andare a giocare una partita di tennis. Con una scusa banale – ha dimenticato la racchetta, dice – rientra in casa, scende nella sua taverna e si spara in bocca con un fucile precedentemente predisposto. Ha lasciato aperto sul tavolo un albo a fumetti recante il suo ultimo messaggio, ma la moglie sconvolta lo ha fatto cadere a terra, perdendo il segno e con questo ogni possibile significato nascosto.

Scrittori in Ascolto - Con Alessandra Monasta a Milano

Al brunch Longanesi

Domenica, 11 ottobre 2015
In casa editrice Longanesi riprendono i brunch con gli autori.

Chi è un esperto fonico forense? Tutti sentiamo parlare di intercettazioni, ma quanti di noi immaginano la vita di sacrifici, privazioni, di... "voci" di chi ci lavora? In più c'è la pressione della libera professione, dell'empiria (una scuola vera e propria non è ancora stata creata, la professione si impara sul campo se si parte dal talento giusto), l'ansia del tribunale e della testimonianza... 
Alessandra Monasta, da poco in libreria per Longanesi con La cacciatrice di bugie (che ho avuto il piacere di leggere in anteprima - queste sono le gioie del lavoro!), ha scelto questa strada quando era giovanissima. O meglio, come racconta agli interessatissimi e curiosi blogger, giornalisti, scrittori e twitstar presenti, è stata quasi prescelta. Lei si era accorta di avere un dono, ovvero l'empatia, che le permetteva di accorgersi delle bugie dall'inflessione, dal tono di voce, dalle pause nel discorso. Quel famoso sesto senso che molti di noi accantonano ha fatto sì che Alessandra venisse scelta ed educata a un ascolto assoluto. 

Il mondo non finisce, l'infanzia sì: "Last days of California" di Mary Miller

Last days of California
di Mary Miller
Clichy, 2014

Traduzione italiana di Sara Reggiani

pp. 260
€ 15,00


Se tutte le famiglie felici si somigliano e ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo, Mary Miller sembra dirci però che nessuna famiglia è molto diversa dalle altre, nemmeno quelle apparentemente più strane. E, aggiungiamo noi, che anche tutte le adolescenze sono simili, persino quelle costrette a confrontarsi con la fine del mondo.

Last days of California racconta il viaggio in auto di una famiglia americana (marito, moglie e due figlie) che da Montgomery, in Alabama, vuole raggiungere la California dove, assieme ad altri eletti, assisterà alla Seconda Venuta del Salvatore, Nostro Signore Gesù Cristo. Una famiglia disfunzionale e incentrata sul fervore religioso del padre, ma percorsa da piccole e grandi divisioni tutt’altro che insolite, a partire da quelle generazionali: in un contesto come quello in cui vivono, infatti, alle figlie basta essere adolescenti per porsi in contrasto alle aspettative parentali. Tra le sorelle, però, esistono differenze: Elise, la maggiore, con la benedizione/maledizione di un corpo perfetto, è totalmente a suo agio nella contemporaneità e si ribella in maniera aperta ed esteriore negli atteggiamenti, nel modo di vestirsi, nel relazionarsi con la religione del padre; è anche incinta, ma ovviamente nessuno lo sa tranne la sorella minore Jess. E’ quest’ultima la voce narrante del libro, nonché la vera forza di un romanzo centrato totalmente sul suo punto di vista: riflessiva e più propensa a comportarsi come i genitori si aspettano, la ragazzina non prova gusto a disobbedire ed anzi ci tiene al loro giudizio. Jess però osserva i parenti con distacco, così come mantiene le distanze dal mondo che le scorre accanto, non perché si crede superiore ma, al contrario, perché prova una continua sensazione di inadeguatezza, si sente un’irrimediabile imbranata e le è impossibile prendere la vita con la disinvoltura di Elise, per la quale infatti nutre sentimenti contrastanti: attaccamento, invidia, biasimo.

Pillole d’autore – "Il buio oltre la siepe" di Harper Lee



Il 2015 è l’anno di Harper Lee. L’autrice rompe il suo silenzio compositivo e cinquantacinque anni dopo la pubblicazione del romanzo che le valse l’assegnazione del premio Pulitzer annuncia la pubblicazione di Go Set a Watchman (Metti una sentinella). Uscito il 14 luglio negli USA e nel Regno Unito, riesce a superare tre milioni di copie nel giro di un paio di settimane: un investimento editoriale ed economico sicuro, al punto che i giornalisti del «Washington Post» hanno aperto un’inchiesta per far luce sulla vicenda.

Un sogno lungo quarantott'ore

Doppio sogno
di Arthur Schnitzler

Tit. orig. Traumnovelle
Fischer - Verlag, 1926
Adelphi, 1977 1a ed. it.

Trad. it. di Giuseppe Farese

pp. 131
€ 8,00




Se si dovesse ricercare una collocazione spazio-temporale al moderno sviluppo d'interesse nei confronti del sogno, la risposta sarebbe senza ombra di dubbio la Vienna del primo Novecento. E non solo perché vi si aggirava meditabondo il padre della psicanalisi, Sigmund Freud, ma anche perché tra gli oziosi - in senso buono - avventori del cafè Griensteidl di sogno si parlava spesso e volentieri. Si trattava, tra gli altri, di artisti, poeti ed intellettuali del calibro di Hugo von Hofmannsthal, Hermann Bahr, Karl Kraus, Stefan Zweig e - per l'appunto - Arthur Schnitzler. A quest'ultimo, medico di professione, si deve forse l'opera più conosciuta di quel periodo, Doppio sogno, da cui fu tratto nel 1999 Eyes wide shut di Stanley Kubrick. Già in un appunto del 1907 Schnitzler abbozzava le prime linee di una Doppelgeschichte, una doppia storia, cui Farese fa evidente riferimento nella sua traduzione del titolo originale Traumnovelle (lett.: novella del sogno). La trama è piuttosto semplice:

“Un giovane uomo sposato, un medico? Dal suo paziente, che è appena morto. Un'unica figlia. Continua a vagare nella notte, incontra una specie di tenuta nobiliare oppure arriva in un altro modo in un castello, un palazzo, dove si sta tenendo un ballo [in maschera], al cui culmine non cadono le maschere, ma i vestiti. Desidera una delle donne, è già pronto a fuggire con lei, un amante lo sfida, escono nel prato, duello, lui uccide l'uomo e subito riconosce [nel cadavere] un amico. A casa. Cosa le dirà? Lei dorme ancora. Si sveglia. Ora lei gli racconta il suo sogno.”1

"Trecento secondi" di Patrizia Fortunati

Trecento secondi
di Patrizia Fortunati
Falco Editore, 2015

pp. 174


Sono stanco. Stanco e svuotato. Non ho più niente dentro. Nemmeno la paura che mi ha tenuto con gli occhi sbarrati per troppi anni, né la rabbia e l'odio che mi hanno tenuto a galla le troppe volte che stavo per affondare. Mi hanno tolto tutto.  
Bastano trecento secondi, il tempo di leggere le ventuno pagine dell'accusa più infamante, per mandare in frantumi la vita di un uomo.
Non si dilunga in logorroiche quanto inutili perifrasi Paolo Mazzini, voce narrante di questo romanzo, ma sferra, anzi, una sorta di fendente al cuore di chi intuisce la presenza di un dolore immane, troppo lacerante e troppo profondo per poter essere compreso nella sua vera essenza. Si può forse tentare di coglierne un riflesso neutralizzando l'ego e cedendo il passo a un'immedesimazione che è figlia dell'ascolto compassionevole.
Ha 26 anni quando conosce Francesca, che all'epoca è iscritta al primo anno di Matematica. Entrambi sono giovani e spensierati, perlomeno all'apparenza poiché, di fatto, si sentono profondamente soli.

"La vendetta veste Prada": il ritorno del diavolo più fashion della letteratura

La vendetta veste Prada. Il ritorno del diavolo
di Lauren Weisberger

Piemme, 2013

Traduzione di Valentina Daniele

pp. 448, € 19,50


Parigi, il cellulare lanciato nella fontana dorata di Place de la Concorde. Con questa indimenticabile immagine della trasposizione cinematografica de Il diavolo veste Prada, Andy Sachs ci aveva fatto credere quasi dieci anni prima di essersi finalmente liberata della diabolica direttrice Miranda Pristley e della distruttiva esperienza come sua assistente a Runway, la rivista in grado di influenzare le nuove tendenze di moda.


Andy adesso ha quasi 30 anni e sta per sposare Max Harrison, l'ambito scapolo d'oro "con i capelli neri e folti, gli occhi verdi penetranti" e "quel sorriso diabolico che la faceva impazzire", amministratore delegato della Harrison Media Holdings, una delle società più prestigiose e redditizie degli Stati Uniti. The Plunge, la patinatissima rivista dedicata ai matrimoni delle star che ha lanciato insieme a Emily Charlton, l'ex collega-nemica e prima segretaria extraordinaire di Runway adesso sua compagna inseparabile, l'ha portata al successo professionale. Una vita quasi perfetta quella di Andy: Miranda, il diavolo vestito Prada, fa parte ormai solo dei vecchi fantasmi che le fanno visita negli incubi peggiori.


Ma se nemmeno l'acqua santa riesce a distruggere il diavolo, figuriamoci quella della fontana parigina: Miranda riemergerà dagli inferi con la sua "leggendaria maleducazione" per vendicarsi di quell'assistente che amava liquidare con uno dei suoi "E' tutto" e che ha osato mollarla nel bel mezzo delle sfilate parigine.

#FFF2015. "Il meraviglioso viaggi di Octavio": tra sogno e realtà, un esordio sorprendente

Il meraviglioso viaggio di Octavio
di Miguel Bonnefoy

66thand22nd,  2015
trad. di Francesca Bononi

pp. 116, € 16 (ebook  8,49)


La prima cosa che colpisce di questo breve libro è senza dubbio la bellissima edizione: grafica di copertina e illustrazioni ad evocare il mondo immaginato da Bonnefoy in questo romanzo. Immediatamente dopo, la storia: onirica, avventurosa, così profondamente costruita intorno a quel realismo magico che è stata a lungo la cifra stilistica di tanta letteratura sudamericana e che il giovane autore di questa storia riprende con successo.

Nato a Parigi nel 1986 da genitori sudamericani (il padre cileno, la madre venezuelana), Bonnefoy ha passato l’infanzia diviso tra Francia e America Latina, due realtà e culture estremamente diverse ma entrambe in qualche modo fondamentali per la sua formazione come scrittore. In lingua francese questo breve romanzo viene scritto, in lingua spagnola non è tanto difficile immaginare potrebbe essere nato nella mente dell’autore. Ed è un prestigioso premio letterario francese, il Prix Edmée de la Rochefoucauld per l’opera prima, che Bonnefoy si è aggiudicato, conquistando con il suo romanzo d’esordio pubblico e critica. L’opera, uscita in Francia ad inizio anno, è stata presto tradotta in italiano (dalla casa editrice indipendente 66thand2nd, di cui non mi stancherò mai di lodare l’attenzione nella cura della grafica di questo libro) suscitando un certo interesse anche tra i lettori nostrani, che potranno presto incontrare il suo autore in un ricco tour nell'ambito del Festival della Narrativa Francese (a Roma, Padova, Piacenza, Pisa e Venezia: qui tutte le date), di cui CriticaLetteraria è media partner.

"Contati le dita" di Alessio Pracanica. Una fiaba elettorale tra ironia e amara verità.

Contati le dita. Una fiaba elettorale
di Alessio Pracanica
Barion, 2015



pp. 218
€ 15,00

Siamo a Cariddi, immaginario e desolato paesino del messinese da cui i giovani emigrano e non c'è campo per il cellulare, nel pieno della campagna elettorale per la carica del nuovo sindaco. Si sfidano Giuseppe Saglimbeni, conosciuto come Contati-le-dita (perché dopo avergli stretto la mano è meglio verificare che non vi abbia rubato un dito), e Italo Bosco, integerrimo professore in pensione, che durante la sua lunga carriera scolastica ha bocciato almeno la metà dei suoi concittadini.
La sfida tra i due si fa sempre più infuocata e si inasprisce quando la fazione di Contati-le-dita gioca la carta di una nuova fabbrica che dovrebbe risollevare le sorti del paesello. Arriva un ingegnere da Milano per iniziare ad organizzare i lavori, ma Italo Bosco nutre molti sospetti sulla salubrità dell'operazione. Ma pare che tutti gli altri abitanti siano più sensibili ai vantaggi economici che alle implicazioni ecologiche, e uno alla volta anche i sostenitori di Italo lo abbandonano. Anche la bella Svetlana, la badante della di lui vecchissima madre, se ne va, sedotta da Contati-le-dita.

#CriticaNera - Leonardo Padura Fuentes, "Addio Hemingway"

Addio Hemingway (Adiós, Hemingway, 2001)
di Leonardo Padura Fuentes
traduzione italiana di Roberta Bovaia
Il Saggiatore, 2008
pagine 196



Il Conde sentì un fremito che non provava dai tempi in cui era poliziotto. Ma sarà vero che non si smette di essere poliziotto, si chiese, benché conoscesse la risposta: né uno sbirro, né un figlio di puttana, né un finocchio, né un assassino possono godere del privilegio di definirsi ex.

Sono passati otto anni da quando il Tenente Mario Conde ha lasciato la polizia cubana dopo aver avvertito "la dolorosa necessità di scrivere", ma lo stesso non esita a riprendere l'attività investigativa quando il suo collega di un tempo Palacios, detective scrupoloso ma oberato dal lavoro, gli propone di far luce su un cold case del tutto particolare. Un devastante temporale (siamo ai Caraibi, i temporali sono devastanti per definizione) ha sradicato un albero e ha portato alla luce i resti di un uomo che, secondo il medico legale, è stato ucciso con due colpi di arma da fuoco sul finire degli anni Cinquanta.