Libri Sotto L'Ombrellone - luglio



Foto di ©Debora Lambruschini - luglio 2015

Cari amici lettori,
buone ferie! Tanti di voi salutano oggi gli uffici e i posti di lavoro. E cosa c'è di meglio per festeggiare di un po' di consigli di lettura? Se avete ancora tempo per scegliere qualcosa di meno scontato da mettere in valigia, ecco le nostre idee, sempre corredate da link a recensioni e altri contributi per vedere se l'opera fa per voi.

Ottime letture estive! 
La Redazione

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#CriticaNera - Il diavolo non fa i coperchi (e a volte nemmeno i romanzi)

L'antiesorcista
di Paolo Grugni
Novecento Editore, 2015

pp. 227
€ 9,90


Metto subito le mani avanti: non sono religioso. Né credente né praticante. Non ho nessun sacramento oltre al battesimo, e spesso mi viene la tentazione di "lavare via" anche quello. Non ho mai fatto catechismo.  Non vado mai a messa se non ai matrimoni e ai funerali, e in entrambi i casi più o meno con lo stesso spirito (ben poco santo). Non stravedo per papa Francesco, "il papa dellaggente" a capo di una Chiesa che, tolto il sorrisone bonario e accattivante del suo attuale pontefice, sta bene attenta a non schiodarsi dalle posizioni mantenute negli ultimi duecento anni su tutti i temi più scottanti del dibattito pubblico moderno (eutanasia, aborto, matrimoni gay, fecondazione assistita). Per non parlare di quei piccoli fastidiucci delle tasse sui patrimoni immobiliari ecclesiastici. Fino ad arrivare al concetto stesso di Dio che, per come la vedo io, ai fini del naturale sviluppo della vita umana sulla Terra storicamente o quotidianamente intesa, più che indimostrabile è inutile; ragion per cui non ho mai avuto altro dio all'infuori di me. Quanto al problema dell'aldilà, quando si proporrà spero di essere riuscito a togliermi abbastanza sfizi in questo mondo da non dovermi preoccupare troppo di quello che troverò o non troverò nell'altro.

Nosadello? Quella cosa che succede mentre voi siete a Ibiza

Oceano Padano
di Mirko Volpi
Contromano Laterza, 2015

pp. 172
€ 13,00




«Viaggiare mi è sempre sembrata un'inutile violenza» (p. 18). Parte con un'asserzione apparentemente blasfema per tutti i travel-addicted contemporanei, la nuova opera di Mirko Volpi (che disdegnerebbe il prestito inglese appena impiegato proprio per un sorriso dispettoso). Eppure Mirko Volpi è tutt'altro che blasfemo: semplicemente è devoto ai Lari di Nosadello, paesino conosciuto da pochi, frazione di Pandino, vicino a Crema. Un posto sperduto tra i campi di mais della pianura padana, o dell'Oceano Padano, come lo chiama l'autore. Un Oceano fatto di tante piccole Isole, disseminate eppure ben collegate da stradine che, tra un fosso l'altro, disegnano una ragnatela imprevedibile, percorsa da trattori e mietitrebbie. Isole che lottano (o forse no) per assomigliarsi e per distinguersi: se è indubbio che «la gente dell'Oceano Padano è gente a cui scorre il burro nelle vene» (p. 39), è anche vero che vi scorre un burro diverso, con una vocale più o meno chiusa, un matto del paese peculiare, una tradizione popolare autoctona difesa, un modo un po' diverso di fare la cassoeula. Non sapete cos'è la cassoeula? Occasione per scoprire il suo inconfondibile profumo in Oceano Padano e poi, magari, di andare a mangiarla quest'autunno a Nosadello. 

Feticismo e masochismo alla caccia dell’essere umano: Il Richiamo del corno di Sarban


Il richiamo del corno
di Sarban
traduzione di Roberto Colajanni
Adelphi Edizioni
pp. 174

€ 18













Nel 1951 Ernst Jünger ha scritto Il Trattato del Ribelle (Der Waldgang), un saggio socio-politico in cui, facendo leva sul concetto di “passare nel bosco”, ovvero di “darsi alla macchia”, si ragiona sulle modalità e sulle possibilità di un uomo di dichiararsi “libero ed indipendente” durante un periodo/ luogo in cui domina la tirannia e il totalitarismo. Il richiamo del corno (The Sound of His Horn) è stato scritto da Sarban (pseudonimo che in parsi significa  “carovaniere”), il cui vero nome è John William Wall, ed è, nella formula del racconto lungo, una sorta di “controcanto non volontario” all’opera di Jünger. Da un certo punto di vista infatti, se nel libro del pensatore tedesco l’uomo, in determinati momenti, “per potersi dire veramente libero deve passare il bosco”, nel libro del diplomatico inglese “per potersi dire veramente schiavo si deve passare il bosco”. Tra l’uno e l’altro nonostante siano usciti ad un solo anno di differenza, si registra una  diversa visione del mondo: tanto Jünger era un profondamente modernista e convinto che i miti antichi avrebbero salvato la contemporaneità, tanto Sarban/Wall era un medioevista, convinto che solo nelle inquietanti fiabe e leggende si poteva rintracciare un briciolo di verità. Una verità,  ça va sans dire, terrifica e tenebrosa come lo squillo di un corno nel cuore della foresta nera.

"Esistere è bersi senza sete". Gli anni di Annie Ernaux

Gli anni
di Annie Ernaux
L'orma, 2015
traduzione di Lorenzo Flabbi

pp. 276
€ 16


«Salvare qualcosa del tempo in cui non saremo mai più.»
La motivazione che spinge Annie Ernaux alla narrazione de Gli anni, recentemente tradotto da Lorenzo Flabbi per L'orma ma uscito in Francia già nel 2008, è costantemente richiamata nel testo.
È una volontà di scandagliare la memoria per farne emergere pura e cristallina non una verità monolitica, ma i frutti frammentati della propria esistenza.

#ScrittoriInAscolto | Con Maurizio De Giovanni



“Anime di vetro”, Einaudi, è la nuova avventura, l’ottava, del commissario Ricciardi, l’investigatore nato dalla penna napoletanissima di Maurizio De Giovanni.
Maurizio vuoi dare intanto un primo ritratto, specialmente per chi non lo conosce, di questo personaggio?
«Ricciardi è un vecchio amico a cui volere bene, perché pure noi abbiamo di quei momenti ombrosi, ci sentiamo sconfitti, vorremmo, o dovremmo, ma non riusciamo a fare. Sorride poco, è un meridionale atipico perfino nei tratti visto che è un cilentano, peraltro non di mare, dagli occhi verdi».

Napoli perché? Oltre a esserti familiare, cosa ha in più per accogliere le storie di Ricciardi?
«La Napoli fascista del commissario Ricciardi è una città forzatamente sottoposta a ritocco d’immagine dal regime. Eppure si profilano baraccopoli come oggi potrebbero essere a Caracas. Ma le scopri uscendo dalla retorica. Ricciardi le vede perché è tutto meno che retorico. Napoli fa da protagonista e non da sfondo alle storie di questo commissario. Bologna è lo sfondo perfetto per i libri di Carlo Lucarelli, Napoli invece scavalca la barriera e diventa un personaggio. Con le sue caratteristiche di metropoli sudamericana, di disordine, fantasia e tolleranza. Ho scelto un cilentano, non a caso, perché va comunque guardata da fuori».

Mercato dell’arte, bazar dei sentimenti: La pianista di Van Gogh di Carlo Ferrucci

La pianista di Van Gogh
di Carlo Ferrucci
Rogas Edizioni

pp. 236
14,50 €

La storia, la grande storia dell’arte, della musica, della pittura e delle arti in genere è fatta di piccoli gesti, che divengono capitali col passare dei tempi. Ma non è sempre così. Quando il 29 luglio (un giorno di caldo e di morte) a Auvers-sur-Oise, Vincent Van Gogh decise di usare un vecchio revolver preso in prestito per “scacciare i corvi e i cani che lo distoglievano dalla realizzazione del quadro” il mondo dell’Arte non venne scosso in alcun modo. Infatti la detonazione di uno strumento pensato per uccidere, seppur condotta attraverso un metodo piuttosto discutibile (dato che l'olandese rimase mezzo morto ed agonizzante, non avendo avuto quello che si poteva dire una "grande mira") da parte di un pittore misconosciuto sarebbe passata sotto silenzio se il mondo, al di là dei ristretti cerchi dei mercati e delle aste, non fosse esso stesso su un baratro. Questa è la storia de La pianista di Van Gogh di Carlo Ferrucci, edito da Rogas Edizioni: il vecchio mondo sta per morire e alcuni, tra quelli vi fu Vincent Van Gogh, l’avevano capito prima del tempo. Il colpo di pistola del pittore è il primo vagito della grande morte che porterò il secolo nuovo. Margherita, la “pianista di Van Gogh”, animo candido da “piccolo mondo antico” intuisce soltanto che tutto sarà spazzato via” e proprio per questo, nonostante qualche titubanza, non muove un passo: l’onda d’urto è troppo carica di magia e di arte per potersi scansare.

Il Salotto | Giorgio Manacorda, tra tragedia e poesia.




Poeta e romanziere, germanista e critico militante, drammaturgo e pittore: Giorgio Manacorda è tutto questo. Esponente di una generazione che ha vissuto nella gioventù matura il Sessantotto, e che ha potuto conoscere una società letteraria ancora in salute. Scoperto come poeta da Pasolini, ha esordito come romanziere nel 2012 con Il corridoio di legno (Voland) che ha avuto ottimi riscontri di critica. La sua scrittura, molto fluida e spesso icastica, ha la capacità di sondare tensioni intime dell’umano rielaborando in modo originale elementi della letteratura più apprezzata. Giorgio Manacorda è quindi un cosmo denso di esperienze e letture che ispira più di una curiosità.

Come prima cosa, in omaggio al blog che ci ospita, Le voglio chiedere: che cosa L’ha spinta a scrivere un’Apologia del critico militante (Castelvecchi, 2006)?
L’occasione è stata la prefazione a una grande antologia dedicata alla critica militante curata da Paolo Febbraro. Io ho fatto molto il critico militante, sia sui quotidiani (La Stampa, La Repubblica, ecc.), sia con il mio annuario della poesia (sempre Castelvecchi, almeno fino a un certo punto). Penso che senza la critica militante (l’unica vera critica letteraria) rischia di scomparire la letteratura. D’altronde, se nessuno si prende il rischio del giudizio di valore avendo gli strumenti per leggere e motivare, restano solo soffietti editoriali (per carità, legittimi) e chiacchiere da bar o da salotto. Senza il critico militante non si costruisce l’edificio della letteratura, ovvero il canone.

#CritiComics | "Moby Dick" di Olivier Jouvray e Pierre Alary

Moby Dick
di Olivier Jouvray e Pierre Alary
Kleiner Flug, 2015

Traduzione di Stefano Visinoni

pp. 124
€ 15.00


Lo ammetto: "Moby Dick" è il mio libro preferito. Non solo è uno dei pochi libri che rileggo con continuità, ma lo faccio sempre volentieri, consapevole di scoprire ogni volta qualcosa che mi era sfuggito alla precedente lettura. Siccome sono anche noioso, ammetto candidamente che le parti del libro che preferisco sono quelle in cui Melville si mette a descrivere la balena, i suoi processi di lavorazione e l'uso che se ne faceva all'epoca. 

Quelle, sono pagine straordinarie perché sembrano saggistica ma sono letteratura. Melville per raccontarci la balena parte dall'uomo, descrivendo la caccia e i riti a essa collegata, la vita a bordo della baleniera e soprattutto gli usi che gli esseri umani fanno dei prodotti della lavorazione (dall'olio per lampade alle stecche per bustini). Melville la prende alla lontana e man mano che si avvicina alla balena, le dà corpo evitando quasi del tutto le descrizioni della creatura, ma raccontandoci la furia, l'utilità, l'immensità e la forza del cetaceo. Se il demone Achab è descritto per filo e per segno (nel corpo e nell'animo), Moby Dick è una divinità rappresentabile solo tramite porzioni del suo corpo e scampoli della sua Storia.

Evelyn: dalle Juvenilia, un ironico romanzo breve di Jane Austen


Foto di Debora Lambruschini


Evelyn
di Jane Austen
Rogas edizioni, giugno 2015

Edizione tradotto e curata da Adalgisa Marrocco
testo inglese a fronte

pp. 77
€ 7,90



Pochi testi sono stati oggetto di inesauribile curiosità e desiderio di riscrittura, rivisitazione, trasposizione dalla pagina scritta a forme artistiche anche molto diverse, come l’opera di Jane Austen; di fronte ai romanzi dell’autrice inglese (e per certi versi potremmo dire alla stessa personalità della scrittrice) sembra davvero che mai nessuno abbia provato sentimenti simili al timore reverenziale che accompagna, per esempio, una scrittrice come Virginia Woolf (a sua volta grande estimatrice della Austen). Banalmente: siamo portati a riferirci all’autrice di Pride and Prejudice con inusuale confidenza, la cara zia Jane, mentre mai e poi mai ci passerebbe per la testa di azzardare tanta informalità con la Woolf. Di fatto, quelle storie così intime, domestiche e famigliari in cui la Austen racconta sentimenti e fatti comuni mediante la straordinaria ironia ed arguzia che caratterizzano le sue opere, sono state oggetto di appassionate letture ed altrettanto appassionate riscritture (spesso davvero dissacranti), pellegrinaggi alla ricerca dei luoghi reali che hanno ispirato i romanzi (penso, per esempio, all’interessante viaggio sentimentale compiuto dalle sorelle Hill nel 1901, raccontato in Jane Austen: i luoghi e gli amici, pubblicato lo scorso anno ancora una volta da Jo March edizioni), trasposizioni televisive e cinematografiche di ogni tipo. Segno naturalmente di un interesse mai diminuito nei confronti dell’opera austeniana, capace di dialogare con i suoi lettori a distanza di due secoli e prestarsi ad innumerevoli forme di reinterpretazione: a volte è attualizzazione di situazioni e personaggi e la fonte originale è lo spunto per raccontare una storia ambientata nel mondo contemporaneo (vedi per esempio libri e film della serie di Bridget Jones, in cui l’influenza del mondo austeniano è chiara fin dal nome del protagonista maschile, Darcy), altre – piuttosto interessanti – il pretesto per raccontare un ambiente in qualche modo familiare ai lettori da un punto di vista del tutto nuovo (e qui mi riferisco a Longbourn house, edito lo scorso anno da Einaudi). La figura della stessa autrice è stata oggetto di alcune interessanti analisi, in forma di saggi o film che miravano a ricostruirne una biografia spesso romanzata, in linea con l’ideale che nel tempo i suoi lettori hanno costruito. Potremmo andare avanti su questa strada per pagine e pagine, tanto sembra costante ed inesauribile l’interesse nei confronti della Austen e della sua opera, ma non è questa la sede o quanto meno lo scopo attuale.

Ovunque tu sarai. Fioly Bocca scava nel dolore dell'assenza.

Ovunque tu sarai
di Fioly Bocca
Giunti Editore


pagg. 156 
euro 12,00



Il tema di questo delizioso quanto delicato romanzo di Fioly Bocca è l’assenza. Quella improvvisa, dolorosa e lacerante. L’assenza della persona cara, l’assenza della figura materna, l’assenza devastante della sicurezza della quotidianità.  Un tutto pieno e un tutto vuoto che è quasi ossimorico, se pensiamo al titolo ben scelto dell’opera, che è anche la chiave di volta dell’intera trama, quando la stessa protagonista ne diventerà consapevole. 
Ho le nocche rosse, a forza di tormentarle con i denti. Rimetto il tablet nella borsa, e mentre mi alzo in piedi mi rendo conto di avere i muscoli irrigiditi dalla tensione. Comincio a camminare e ripenso a quello che ho scritto, a quanto è lontano dalla verità. Ci sono giorni perfetti per essere felici: imparo che la disperazione si nutre di iperboli.

Pietra dopo pietra, voce dopo voce per demolire i luoghi comuni: "Arabi senza Dio" di Brian Whitaker

Arabi senza Dio
di Brian Whitaker
traduzione di Giordano Vintaloro
Corpo 60

pp. 252
6,90 (formato ebook)


Arabi senza Dio può essere un piccolo grande esercizio di stile condotto dal noto giornalista britannico Brian Whitaker e pubblicato in Italia, con la traduzione di Giordano Vintaloro, per Corpo 60. Ho usato la frase “esercizio di stile” non come potrebbe essere utilizzata nel disegno tecnico bensì sulla falsariga degli Exercices de style di Raymond Queneau. Ovvero fondamentalmente in questo libro si riporta sempre una medesima frase, “Io sono ateo pur provenendo dal mondo arabo” , declinata e bilanciata poi dalle spiegazioni e motivazioni più disparate. Ed è che solo dalla ripetizione della realtà con n piccole e infinite differenze si può afferrare il reale: il mondo arabo è molto più complesso e variegato di quanto sembra.

Mogli e figlie: l'ultimo regalo di Elizabeth Gaskell

Foto di Debora Lambruschini
Mogli e figlie
di Elizabeth Gaskell
Jo March edizioni, Maggio 2015

traduzione di Mara Barbuni
pp.684
€  19.00

Il contributo che la casa editrice umbra Jo March ha dato nella riscoperta nel nostro Paese di un’autrice del calibro di Elizabeth Gaskell, è qualcosa per cui non smetteremo mai di essere grati e che qui ho più volte citato; tra le voci femminili più interessanti della narrativa vittoriana, Gaskell gode infatti negli ultimi anni di rinnovato interesse anche in Italia, grazie soprattutto alle recenti traduzioni di alcuni dei suoi romanzi più noti, quali Nord e Sud, Gli innamorati di Sylvia e da pochi mesi Mogli e figlie, l’ultima opera parzialmente incompiuta della scrittrice inglese. Un rinnovato interesse che è auspicabile faccia parte di un progetto di recupero completo dell’intera bibliografia di una scrittrice apprezzata da pubblico e critica, stimata dai contemporanei e letta con immutato piacere anche oggi, esempio di un contesto letterario tanto variegato ed estremamente interessante come quello vittoriano. Wives and daughters è rimasto l’ultimo romanzo incompiuto della Gaskell, improvvisamente scomparsa, la cui pubblicazione sul Cornhill Magazine era iniziata nell’agosto del 1864 per concludersi un anno dopo la scomparsa dell’autrice avvenuta nel 1865; trama ed epilogo che fortunatamente erano già chiaramente delineati e che, insieme a lettere e conversazioni raccolte dall’editore della rivista, Frederick Greenwood, hanno permesso a questi di scrivere quel capitolo finale che la Gaskell non aveva fatto in tempo a trasporre sulla carta, ma che facilmente intuiamo come unico epilogo possibile a questa storia.
La signora Gaskell fu senza dubbio una delle interpreti più capaci e attente del periodo mid victorian, il cui sguardo critico non ha mancato di osservare contraddizioni, conflittualità e problematiche di una società complessa, in cui convenzioni, rigide regole sociali e all’apparenza insuperabili differenze di classe si accompagnano a scoperte scientifiche e tecnologiche, nuove possibilità, stimoli culturali e aperture verso una maggior democratizzazione – politica, sociale, culturale – ma anche a sofferenza, divario sociale, oppressione, conflitti. Un dualismo che spesso l’autrice ha rappresentato nella dicotomia città – campagna: l’una frenetica, inquinata, feroce, a tratti alienante, ma anche così ricca di stimoli, opportunità economiche e sociali; l’altra fatta di vite semplici, legate ai ritmi naturali, da cui spesso è necessario allontanarsi per sfuggire alla povertà, luogo dell’infanzia e della bellezza, della lirica, degli anni spensierati e ingenui, mondo chiuso e limitato.

Quando l'amore avvelena: "L'amore cattivo" di Francesca Mazzucato


L'amore cattivo
di Francesca Mazzucato
Giraldi Editore, 2015

pp.209
€ 12,50 (cartaceo)




Per esprimere certi concetti, a volte, non è necessario prendere a prestito termini complicati. Bastano parole elementari, come quelle che usano i bambini.
Nel caso dell'amore, per esempio. C'è l'amore buono, quello che fa stare bene, rende felici, e c'è l'amore cattivo che avvelena l'esistenza.
Non poteva scegliere titolo più efficace Francesca Mazzucato per il suo nuovo romanzo che racconta questo sentimento pericoloso dal quale sgorgano ferite interiori ed esteriori.
Lo racconta in modo intenso ed efficace, declinandolo secondo le diverse sfumature in cui si può incontrare. Perché è amore cattivo non solo quello tra due amanti, può esistere anche nei rapporti tra genitori e figli, tra fratelli, ecc.

#LectorInFabula | 1001 libri da leggere prima di diventare grandi





1001 libri da leggere prima di diventare grandi

a cura di Julia Eccleshare
Atlante, 2010
pp. 960
€ 35,00














“Non esistono forse giorni della nostra infanzia che abbiamo vissuto intensamente quanto quelli che crediamo di aver perduto senza viverli, i giorni trascorsi in compagnia di un libro molto caro” 
(M. Proust)



La gioia di ritrovarci circondati da tutti i libri che abbiamo amato, e da quelli che sappiamo attenderci nel futuro prossimo ad un passo da noi, è un emozione che ogni lettore conosce bene. Quando si è piccoli, leggere è iniziazione a una nuova realtà e ad una delle esperienze più significative dell’intera esistenza. Il grande volume di cui mi accingo a raccontarvi, sarà prezioso soprattutto per chi lo avvicinerà senza timore, non così raro, di essere adulto. Curato da Julia Eccleshare, già firma prestigiosa del Guardian per la letteratura e l’infanzia è consulente editoriale di lovereading4kids, da molti, non a torto, è considerato la “bibbia” per la letteratura per ragazzi.  Strutturato come una guida, 1001 titoli, divisi per 5 diverse fasce di età, provenienti dalle tradizioni letterarie di ogni luogo e tempo, presenta una scheda per ogni libro insieme a copertine delle edizioni originali e illustrazioni a tutta pagina. 

XXI SECOLO di Paolo Zardi



XXI SECOLO
di Paolo Zardi
Neo edizioni, 2015

Cadeva una pioggerellina solforica, oleosa – merda liquida, il cui tonfo si mescolava al vago profumo di un principio di primavera. Gli alberi, che ormai credeva rassegnati a un inverno perpetuo, avevano concesso qualche foglia qua e là, straccetti grigi e mesti, il minimo sindacale per riaffermare lo status di esseri viventi.

 Darwin la chiama lotta per la sopravvivenza, ma poco ha a che fare. Il panorama è dell’apatia, evasione e abbandono del Paese in uno status di rassegnazione simile ad un ictus, che colpisce e riduce all’immobilità, stato vegetativo diffuso e silenzioso, come quello di Eleonore, la moglie del protagonista. 
Il protagonista è anonimo (alla maniera di quelli dei racconti), di cui Zardi, evidentemente, vuole ben definire  il ruolo ma non l’identità; è un uomo che va in giro a parlare di acqua morta e depurarla con un filtro portatile, “in tempi d’ira”, di gente becera, un uomo qualunque: 
troppo brutto per la tragedia, troppo bello per la farsa, terribilmente noioso per la commedia.

"Controfigura" di Luigi Fontanella

Controfigura
di Luigi Fontanella,
Marsilio, 2009

pp. 174


Il romanzo Controfigura  si snoda all’interno di un quadro memoriale che ha per protagonista Lucio Grimaldi. Durante lo svelamento di luoghi e ricordi della propria giovinezza, l’uomo ritrova casualmente un vecchio taccuino e una stilografica a inchiostro azzurro. Bastano questi oggetti, ormai desueti, a far riemergere una “mobilitazione psichica”, un andirivieni di emozioni “buone e sbagliate” che conducono Lucio a inseguire il sogno della stesura del suo primo romanzo. Quei fogli bianchi ritrovati hanno ancora il sapore dei tanti viaggi che l’uomo avrebbe voluto fare, il “furore dei Grandi Progetti” ideati, ma non ancora realizzati, e soprattutto quel taccuino lo riporta ai travolgimenti d’amore, a quella strana eccitazione che deve ora, dopo tanti anni, fissare nella memoria di una carta stampata.
Senza accorgermene stavo decidendo che avrei ripreso queste note e avrei tentato oggi di ricostruire il percorso di quel romanzo appena abbozzato. Del resto, potrei chiedermi, non avevo forse conservato questi fogli perché un giorno ritornassero a me?[1]
Quelle poche annotazioni riportano Lucio nella Roma degli anni ’70 quando, da poco laureato, era alla ricerca di un lavoro. Il mondo delle relazioni umane gli gravita attorno in un alternarsi di conoscenze e affinità umane e diviene fonte per la stesura del romanzo. Sono le donne, soprattutto, a tracciare l’iter memoriale dell’autore, le loro peculiarità caratteriali e le “forme” d’intelligenza. Elsa, ad esempio, inaugura la serie di ritratti che rinviano all’ampio scenario femminile che da sempre lo attrae: è una ragazza ricca, frivola, avara, quasi di una tirchieria inusitata, tanto che Lucio la ricorda come una megalomane, avvinghiata al denaro e a tutto ciò che crea guadagno e successo. Il campo della memoria si restringe quando al ricordo si associa ben presto la fine di un qualsiasi incontro, rapporto o relazione.

«Se si vuole una cosa è giusto prendersela»: sì, ma cosa?

Meno di zero
di Bret Easton Ellis
Einaudi, 2012

Traduzione di Marisa Caramella
pp.  186
€  10

Prima edizione originale: 1985




E mentre l'ascensore ci porta giù, oltre il secondo piano, oltre il primo, ancora più giù, mi rendo conto che i soldi non c'entrano. Che quello che voglio è toccare il fondo. (p. 153)

Il primo romanzo di Bret Easton Ellis, Meno di Zero, liberamente ispirato alla canzone di Elvis Costello (Less Than Zero, appunto), buca il panorama letterario del 1985 portando un ritratto disincantato della generazione di chi ha tutto ed eppure non vuole né sente niente. I giovani protagonisti, alle prese con sesso, droga e un po' di buona musica, passano il tempo - o meglio, lo spendono - con loro amici-spacciatori e amici-amanti. Di loro interessa ben poco: certo, Muriel è anoressica e la frase risuona nella testa del protagonista Clay, ma nessuno ferma la ragazza davanti alla sua prima devastante iniezione di eroina. O addirittura ci si chiama per andare a deridere un morto per overdose in un vicolo. E si viene a patti con la propria dignità pur di pagare debiti di droga... Poi c'è Blair, quella che tutti considerano la ragazza di Clay, tranne Clay stesso. Lei è rimasta nonostante la partenza del ragazzo per il collage e tre mesi di silenzio totale: una cosa inspiegabile, certo, agli occhi di chi non si vuole concedere di provare nulla. Perché Clay è così: vuole solo l'esagerazione che autodistrugge, quel misto di spavalderia e sputo sulla vita che è insieme incosciente e nichilista.

#CritiComics | "La distanza": partitura per pause di cuore, strade di mare e incontri di stelle



La distanza
di Lorenzo Urciullo (Colapesce) 
e Alessandro Baronciani
Bao Publishing, 2015
 

pp. 200
€ 16 cartaceo






Il maestro di pianoforte, qualsiasi maestro di pianoforte, durante una delle lezioni introduttive, dice sempre una frase che pochi considerano importante  ma che ha una portata capitale non soltanto nella musica occidentale, ma anche nella vita di ogni latitudine: “Nella musica contano più le pause delle note”. Apparentemente un controsenso, in realtà no. Le pause, nella partitura musicale, sono nate grazie al lento lavorio dei monaci nel Medioevo, e segnano un momento di silenzio ben delimitato. Allo stesso modo le distanze, fisiche e ideali, nei rapporti e nelle vite delle persone, segnano un preciso momento di separazione. La distanza, graphic novel edita da Bao Publishing e scritta da Lorenzo Urcillo meglio noto come Colapesce e da Alessandro Baronciani, si traduce proprio in questo modo: una pausa piena di sole, distanze da colmare e vuoti a, meravigliosamente, perdere.

L'Emilia rossa e il terrorismo nero: il 1977 noir di Paolo Grugni

L'odore acido di quei giorni
di Paolo Grugni
Laurana, 2011

pp. 288
€ 16,50


Tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta l'Italia è stata in guerra. Una guerra senza nome: non la troverete nella classica scansione cronologica degli eventi bellici del nostro bellissimo e orribile Paese. Per non concederle ufficialità, si è preferito ricorrere alla più generica etichetta di "Anni di piombo", efficace, sì, nell'idea di definire un certo periodo storico con il nome comunemente associato al metallo delle pallottole. Ma non sufficiente. Una guerra è una guerra, e quella combattuta in Italia in quegli anni fu una guerra civile in piena regola. Attentati, atti dimostrativi, omicidi politici, riunioni clandestine, cospirazioni, trame sovversive, servizi segreti inquinati o deviati, doppio e triplo gioco, logge massoniche (la P2), scontri tra estremismi opposti nell'ideologia (neri e rossi, fascisti e comunisti) ma omologhi nei metodi e negli scopi, la nascita di un Movimento autonomo che vuole porsi come alternativa a tutti (PCI, DC, sindacalismo opportunista) e che perciò tutti ostacolano. Fino all'intervento dell'esercito che, con l'avanzata minacciosa dei carri armati inviati da Cossiga nel marzo del 1977, cala il sipario sugli scontri di Bologna – che ormai, spogliando l'ipocrisia delle parole del loro ultimo velo, sarebbe ora di chiamare con il più veritiero nome di "battaglia di Bologna".

#CriticaNera - L'esordio dell'ispettore Gerri. Al secolo Gregorio Esposito, forse

I figli sono pezzi di cuore
di Giorgia Lepore
E/O, 2015

pp. 198
16



C’era bisogno di un nuovo ispettore nella letteratura italiana? Che cosa dobbiamo ancora scoprire di così torbido? In effetti, la società, non un modello di specchiata trasparenza, offre materiale in abbondanza ma, insomma, siamo un paese levantino, almeno per una bella fetta, quindi perché sorprenderci. Dal Levante che più Levante non si può, ecco Giorgia Lepore, la nuova firma noir di E/O, una casa editrice che, bisogna dirlo, raramente sbaglia un colpo.

Il Salotto | Intervista a Lavinia Petti

Foto di ©Stefano Granato
 Non semper somnia fallacia sunt, 
ovvero dialogo libero su Napoli, la letteratura 
e tutti gli sbagli di giovinezza

Abbiamo intervistato Lavinia Petti, giovane autrice napoletana del fortunato Il ladro di nebbia edito da Longanesi. Il ladro di nebbia è un romanzo molto atipico, almeno per quanto concerne le coordinate italiane, dato che si articola come una sorta di storia fantasy in salsa napoletana, dove non c'è un confine netto e preciso tra ciò "che si sogna, ciò che si ricorda, ciò che si vive e ciò che sui scrive". Uno splendido esercizio meta-letterario se si vuole ma condotto attraverso un approccio il quanto più diretto e fruibile per tutti. Lavinia Petti, come Il suo ladro di nebbia, non appare il classico profilo da scrittore poseur ma appare una giovane donna curiosa di scoprire il mondo ed anche se stessa. 

La prima cosa che si scorge nel tuo romanzo è la voglia, anzi l’esigenza, di ridonare a Napoli una patina di magia che, complice la cronaca, troppo spesso negli ultimi tempi pare aver perso. È così oppure hai semplicemente usato “una Napoli ideale, scaturita dai tuoi sogni”?

C’è una cosa che mi preme particolarmente specificare quando parlo di questo romanzo: l’ho scritto a diciassette anni. Non lo dico perché mi si perdonino gli errori, ma per sottolineare quante realtà diverse si addensano al suo interno e quante dinamiche sgambettano dietro ogni passaggio. Al principio ho descritto Napoli nel modo che ritenevo più semplice, quello che mi risultava più familiare: fantasticando. Dopo dieci anni ho dato un senso a tutto ciò e adesso so esattamente quello che voglio: questa città ha bisogno di ricordare quali sono i suoi sogni, dove si nascondono, perché stanno dormendo, e di scoprire come e quando si risveglieranno. Il ladro di nebbia, da questo punto di vista, è solo l’inizio.

Introduzione allo stupore: "Sette brevi lezioni di fisica" di Carlo Rovelli

Sette brevi lezioni di fisica
di Carlo Rovelli
Adelphi, Milano, 2014

pp. 88
€ 10,00

Nella Premessa Rovelli chiarisce subito: “Queste lezioni sono state scritte per chi la scienza moderna non la conosce o la conosce poco”. Pur avendo fatto il liceo scientifico mi considero dunque tra i destinatari del libro, e mi perdoni la mia insegnante di fisica. Per non incorrere in errori nell’esporre la materia trattata, e per la facilità nel trovare aforismi felici ed esemplificativi della prosa dell'autore, farò largo uso di citazioni dal testo.
Queste Sette brevi lezioni di fisica sono molto abbordabili: Rovelli è attento al fattore umano, inserisce il contenuto scientifico in una cornice più ampia, mischiandolo a riflessioni personali e ad elementi biografici o privati, come quando parla dei suoi studi su libri mangiucchiati dai topi.


Poetica delle storie perdute e ritrovate: Il ladro di nebbia di Lavinia Petti


Il ladro di nebbia
di Lavinia Petti
Longanesi, 2015
 

pp. 420
€ 14.90 (cartaceo)




Nel capitolo VIII della Poetica, Aristotele, parlando dell’unità d’azione, precisa che per dare coesione al narrato non bisogna concentrarsi su un solo personaggio, dato che non tutte le azioni di un solo personaggio sono, de facto, rilevanti per dare i contorni di una giusta drammaturgia. Nell’Odissea, ad esempio, si può tralasciare di raccontare la finta pazzia di Odisseo, mentre è fondamentale ragionare e parlare intorno alla sfida lanciata dall’itacese al dio Poseidone. 
Nel romanzo Il ladro di nebbia, edito da Longanesi, Lavinia Petti sembra disinteressarsi del precetto aristotelico, alla stregua, né più né meno, di quanto fece, secondo la tradizione orfica, il dio Phanes. Phanes, emerso dall’uovo cosmico deposto da Chronos (il Tempo) e da Ananke (la Necessità) generò tutto quanto, "lo scibile e il non scibile". Poi egli si disinteressò del potere, dato che era “già tutto” e lasciò lo scettro a sua figlia Nyx (la Notte) che poi, a sua volta, lo cedette ad Urano. Lavinia Petti, in una storia che contiene già tutto, appunto si disinteressa di raccontare: semplicemente, come una bambina che vede il padre intagliare la zucca di Halloween nel giardino di un faro alla fine del mondo, sorride e si perde nelle storie. Il ladro di nebbia è un libro di storie perdute e di storie ritrovate.

"La primavera di Giovanni Scipioni" di Luca Rachetta

La primavera di Giovanni Scipioni
di Luca Rachetta 
Edizioni Creativa, 2014

pp. 95


Il nuovo racconto di Luca Rachetta riprende la saga della famiglia Scipioni (romanzo uscito nel 2009). Riannodando le fila della storia familiare di Giovanni, il racconto continua la crisi del cinquantenne medio finalmente separatosi dalla moglie, dal futuro sentimentale ed esistenziale da reinventare.

Docente in una scuola superiore, Giovanni intraprende una relazione con una collega, Lauretta, dopo la fine del suo matrimonio con Elsa. I tentativi di tenere all’oscuro i colleghi della relazione e la stessa vita scolastica vissuta a fasi alterne contribuiscono ad accrescere una situazione di disagio psicologico e tragicomica vissuta dal protagonista. Il personaggio riflette talvolta “sofisticamente”, ed il suo ragionare come accade nel seguente passo quando riflette sul comportamento del bidello, tende sempre al tentativo di controllo per via intellettuale di determinati stati d’animo.

"E la vita in generale?". La risposta, di solito, è una scrollata di spalle.

La vita in generale
di Tito Faraci
Feltrinelli, 2015

pp. 208
15 (cartaceo)
€ 9,90 (ebook)


"Gli americani hanno quel modo di dire: attento a quello che vuoi, perché potresti ottenerlo. A Milano puoi diventare proprio tutto. Un avvocato, un batterista, un giornalista, un manager, una velina, un dentista, un cabarettista, un imprenditore, uno zoologo, un attore... e un barbone, sì. Un clochard, che suona bene. Milano ti dà tutto quello che vuoi. Prego, accomodati. Ma non vedi le note in piccolo, in fondo al contratto." (p. 63)
Confesso di aver aperto La vita in generale con grandi aspettative: molti riconoscono in Tito Faraci un dio dei fumetti, e in tanti lo seguono su Twitter, dove lui ha sempre una battuta salace, un motto intelligente, una riflessione giornaliera. Più difficile era immaginarlo narratore: non perché non sappia raccontare grandi storie - in fondo, ci è abituato! -, ma perché nell'universo dei possibili non riuscivamo a capire in quale genere si sarebbe messo alla prova. Da un lato, Tito è un grande lettore di opere d'azione (mi viene in mente la sua passione per Lee Child e l'hard boiled, ad esempio), ma dall'altro il titolo che mi ha confessato in anteprima, a pochi passi da Irvine Welsh, faceva pensare a ben altro... Sì, non sto delirando: in un locale milanese, mentre festeggiavamo l'uscita del nuovo romanzo di Welsh, Tito mi ha rivelato che il romanzo si sarebbe chiamato La vita in generale, titolo che mi ha subito incuriosito. Ovviamente le domande sono fioccate, ma c'era ancora la doverosa riservatezza pre-pubblicazione. 
Poi, finalmente, il libro. Fin dalle prime pagine, ci si immerge in una Milano che è «folla innumerevole e dispersa, formicaio senza geometria» (p. 103), in cui è facile far perdere le proprie tracce, se la vita tracima e si scende dal ring quotidiano.

Canti carnascialeschi da lago: Nemmeno Houdini di Alessio Mussinelli

Nemmeno Houdini
di Alessio Mussinelli
Fazi Editore, 2015
 

pp. 312
€ 14.90


La vita in un paese, per di più in paese di lago, può davvero essere noiosa e ripetitiva come una storia di cui si conosce già il finale e per di più la si è sentita ripetere all’infinito da persone note e stranote. Eppure, a volte, in certi momenti storici, causati forse dall’inattesa piega degli eventi o da motivi più grandi, le cose cambiano e, come quando la banda arriva a “spazzare il grigio” dalle vie paesane, così Nemmeno Houdini, secondo romanzo di Alessio Mussinelli uscito per Fazi Editore, si configura: un canto carnascialesco, reale e assurdo come una mascherata notturno, che increspa, sconvolge e scuote le acque lacustri. Il mattino dopo sarà tutto uguale a prima ma questa notte il mondo è capovolto. Niente eterno ritorno dell’uguale, ma continuo rinnovarsi dello stupore, come una magia, come un gioco di prestigio, come nemmeno Houdini saprebbe fare.

#ScrittorinAscolto - Alla Cascina Cuccagna con Loredana Limone

Un terremoto a Borgo Propizio
di Loredana Limone
Salani 2015 
pp. 387
€ 15.90 

Alle 8 del mattino sono già operativa: telefonate, agende degli appuntamenti da riempire, personaggi spesso difficili da gestire, circondata dalle ultime collezioni di abiti e accessori (lavoro presso un marchio di moda).
Per quanto mi piaccia lavorare in questo ambiente un po’ patinato, raramente le mie giornate si concludono a chiacchierare insieme a un’autrice, un’agente, una responsabile ufficio stampa e un gruppo di lettori appassionati. E poi, chiacchierare di cosa? Di un libro, della sua nascita e della magia della narrazione. Non potrei chiedere di meglio!
In un pomeriggio ancora non troppo caldo, alla Cascina Cuccagna di Milano, Loredana Limone ha incontrato alcuni blogger per raccontare il suo ultimo libro, Un terremoto a Borgo Propizio, la terza parte della saga omonima.
Ogni autore è a sé, non si sa mai cosa aspettarsi. Loredana Limone è uno di quelli che faticano a nascondere l’entusiasmo per la scrittura, complice il clima rilassato e la merenda a base di sfoglie alla crema e, guarda caso, limonata fresca!

Vanishing Girls: Ragazze che scompaiono

Foto di Debora Lambruschini
Ragazze che scompaiono
di Lauren Oliver
Safarà Editore, Maggio 2015

traduzione di Martina Lunardelli

pp. 375
€ 18.00



Una delle etichette in ambito letterario che ancor meno di altre sopporto è quella di romanzo “young adult”: una categorizzazione evanescente, come lo è il target di riferimento per pubblicazioni di questo tipo e che in genere difficilmente attraggono la mia curiosità di lettrice. Non tanto  perchè ho superato – ahimè – da qualche anno il periodo dell’adolescenza e post adolescenza o perchè non sia capace di provare ancora dopotutto una certa empatia con alcune questioni legate a quell’età terribile e sfuggente. Ma perchè, molto banalmente, ho sempre ritenuto che, con le sole eccezioni dei libri per l’infanzia e la manualistica – quest’ultima per sua natura destinata ad un pubblico decisamente mirato - , un buon libro è tale proprio quando aspira a rivolgersi ad un pubblico eterogeneo, libero da vincoli di età, sesso, appartenenza sociale, epoca.. Ovviamente è un compito arduo e un criterio che personalmente non sono portata ad applicare in maniera assoluta; un libro poi tocca corde emotive profonde e personali e spesso è determinante il momento in cui esso capita tra le nostre mani. Eppure, consapevole dei limiti di questa banalissima osservazione, sono sempre convinta che un’opera di narrativa che si presenti così vincolata ad un pubblico tanto definito – e nel caso del romanzo della Oliver, ci tengo già a sottolinearlo, l’etichetta di young adult coincide perfettamente con il target di lettori cui è destinato – ne riveli in qualche modo tutte le mancanze, le debolezze. Una categoria che a volte regala piacevoli sorprese, mentre altre sembra soltanto seguire le mode letterarie del momento percorrendo – fino allo sfinimento – strade note e finendo col ripetere schemi che in quel momento sembrano incontrare l’interesse del pubblico. È stato così per vampiri, licantropi e demoni vari, cui ha fatto seguito la riscoperta del genere distopico con esiti non sempre felici, romanzi presto finiti nel dimenticatoio o incapaci di catturare un pubblico più consapevole ed esigente, rimanendo mera evasione per un lettore adolescente o pseudo tale. E ancor più delle altre categorie letterarie anche l’etichetta young adult è labile, dai confini indefiniti, applicabile a tutto e niente.

Il Salotto | Incontro con Jonathan Galassi a Milano

Con Jonathan Galassi all'hotel TownHouse
Immaginate di voler da sempre lavorare tra i libri e con i libri e che il momento più tragico dei vostri traslochi consista nel trasferire i libri da una casa all'altra. Ecco, avrete una pur pallida idea della felicità ricevendo il comunicato stampa in anteprima da Guanda in cui si annunciava l'uscita di "La Musa" (leggi la recensione), l'esordio narrativo di Jonathan Galassi, il cui nome è subito accostato all'editoria culturale americana, e dal 1986 alla Farrar, Straus & Giroux, dove ricopre anche il ruolo di presidente. In più, Galassi non era un nome nuovo per me: lo avevo incontrato in uno splendido corso universitario di Letterature Comparate, in cui Montale veniva analizzato nelle sue traduzioni americane. E chi era il traduttore? Galassi, appunto. Infine, aggiungete che Galassi ha parlato in vari incontri del futuro dell'editoria, e quindi ha uno sguardo lucido sul presente che può permettere ipotesi su quanto accadrà.

La proposta di incontrare Jonathan Galassi a Milano, al bellissimo TownHouse della Galleria, è stata un'occasione unica. Se la sua competenza era nota, non avevo idea di quanto potesse essere piacevole, simpatico e disponibile nelle interviste. E dunque eccoci, per quasi un'ora di chiacchierata in una mattina afosa milanese...