Pietra dopo pietra, voce dopo voce per demolire i luoghi comuni: "Arabi senza Dio" di Brian Whitaker

Arabi senza Dio
di Brian Whitaker
traduzione di Giordano Vintaloro
Corpo 60

pp. 252
6,90 (formato ebook)


Arabi senza Dio può essere un piccolo grande esercizio di stile condotto dal noto giornalista britannico Brian Whitaker e pubblicato in Italia, con la traduzione di Giordano Vintaloro, per Corpo 60. Ho usato la frase “esercizio di stile” non come potrebbe essere utilizzata nel disegno tecnico bensì sulla falsariga degli Exercices de style di Raymond Queneau. Ovvero fondamentalmente in questo libro si riporta sempre una medesima frase, “Io sono ateo pur provenendo dal mondo arabo” , declinata e bilanciata poi dalle spiegazioni e motivazioni più disparate. Ed è che solo dalla ripetizione della realtà con n piccole e infinite differenze si può afferrare il reale: il mondo arabo è molto più complesso e variegato di quanto sembra.

Il libro si presenta, seppur sia di facile lettura, di non immediato approccio. Nel senso che la documentazione molto fitta di testimonianze non sempre è corrisposta con una documentazione bastevole per quanto riguarda le spiegazioni religiose, filosofiche oppure storiche. Detto questo, punto che poi toccherò in seguito, Arabi senza Dio è un libro “da leggere”, soprattutto in questo particolarissimo momento storico.

Uno dei fattori che più potrebbero sorprendere è che non si trovi traccia del Daesh, Stato Islamico, Isis o come dir sì voglia. E naturalmente ciò non è una dimenticanza, ma una precisa scelta, ancora una volta, di stile ma anche di ratio. Ovvero quello che Whitaker descrive è la società musulmana vista nella sua normalità, che magari a noi occidentali potrebbe apparire sorprendente, ma che comunque non sarà mai eccentrica abbastanza rispetto a quello terroristica degli affiliati all’Isis.

Perché quello che nel volume si ribadisce con la forza delle testimonianze, non è tanto che il fenomeno dell’ateismo sia ben presente e anche storicamente radicato nella società musulmana (questo sarebbe un fattore che lascerebbe il fianco esposto a numerose critiche), bensì a sottolineare il fatto che non bisogna immaginare la società araba come un blocco di granito compatto ma piuttosto come tanti granelli di sabbia, gli uni diversi dagli altri, che rimangono uniti nella fede. Fede però che talvolta può venire meno. Il fenomeno dell’ateismo infatti, anche nel mondo musulmano, è, quasi sorprendentemente, molto diffuso.

E allora ecco una carrellata di storie, storie di donne e uomini che, anche da molto giovani, si arrovellano intorno al concetto di Dio, fino a non trovare risposta. In società rigide come sono quelle arabe, l’unico modo per conoscere un pensiero “altro” è accendere il computer e vedere cosa si riesce a trovare su internet. In questo testo c’è anche molto della “rivoluzione tecnologica” che, nonostante qualche bavaglio dei Governi, continua a marciare in Oriente.

Se si deve trovare una pecca ad Arabi senza Dio è che non è stata fatta una scelta importante. Ovvero basarsi solamente sulle testimonianze senza dare spiegazioni sui grandi temi, dalla religione alla filosofia, in maniera troppo sbrigativa. Questo è un libro eminentemente cronachistico, fatto di testimonianze e di interviste, lo spazio la disquisizione intellettuale è precluso, previa un totalmente snaturamento dell’opera stesso.

Nonostante qualche lentezza di troppo “Arabi senza Dio” è un buon strumento per demolire il muro di granito che i Media occidentali ci propinano ogni giorno sulle vicende che accadano dalla Turchia in avanti.
Mattia Nesto