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"Smith&Wesson" di Alessandro Baricco

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Smith&Wesson
di Alessandro Baricco
Feltrinelli, 2014

pp.108
€ 10,00



PRIMO MOVIMENTO, Allegro.

Non lontano dalle cascate del Niagara, anno 1902. 

Interno di una baracca povera, incasinata ma dignitosa. 

Un uomo sdraiato sul letto. Non sta necessariamente dormendo. È lì tranquillo. 

Bussano alla porta. 

Una pièce teatrale in due atti che inizia bene, con un movimento Allegro.
Se la copertina vi fa subito pensare alla storia di Horace Smith e Daniel Wesson, fondatori della celebre azienda statunitense di armi leggere, vi dico subito che i personaggi hanno tutta un'altra storia.
Siamo a Niagara Falls, all'alba del Novecento, e questi Smith e Wesson sono due tipi bizzarri con un passato di tentativi e fallimenti vari.
Il primo si improvvisa inventore e meteorologo e cerca di prevedere le condizioni del tempo raccogliendo meticolosamente su tabelle i ricordi della gente. 
Il secondo è nato e cresciuto vicino alle cascate del Niagara e in città è conosciuto come il Pescatore, perché raccoglie i corpi delle persone che si tolgono la vita gettandosi nel fiume. 
Del fiume ha una mappa precisa in testa, costruita a forza di provare e di percorrere strade diverse; dopo decenni ne conosce ogni angolo.
Per caso o per fortuna, Smith&Wesson si ritrovano in una baracca fatiscente e l'azione sembra fermatasi, giunta allo stesso punto morto delle loro vite del tutto bloccate. 
Ma ecco che bussa alla porta Rachel Green, una giovane inviata del San Fernando Chronicle che è in cerca di una notizia da prima pagina e di un'occasione, la prima vera della sua vita. 
RACHEL Son qui perché non la voglio dar vinta a quei porci, non voglio tornare a casa da mio padre e non desidero rinunciare ai miei sogni. Son qui perché se mi arrendo questa volta mi arrenderò tutta la vita. 
SMITH Quindi? 
RACHEL Ho un piano, e voi due mi servite. 
WESSON Noi due.  
RACHEL Non ci sono notizie in questo spettacolare buco di culo? Bene. Allora la notizia la creo io. Ecco quello che ho pensato. 
WESSON Sarebbe? 
RACHEL Faremo accadere qui qualcosa che non è mai successo prima. 
Niagara Falls, "il buco di culo" famoso per le lune di miele, diventa così il luogo in cui tentare un'impresa impossibile che dia la svolta definitiva al viaggio di tre personaggi che si aspettavano tanto dalla vita e non hanno ancora combinato niente. 
È il tema dell'uomo alle prese con il tempo che scorre, che cerca di non far scivolare la propria esistenza nell'oblio. Il tutto è ribadito ancora di più dal confronto con una natura imponente che non smette per un attimo - con la sua bellezza minacciosa - di ricordare all'uomo che la miseria è un destino che riguarda quasi solo lui. 

A livello puramente strutturale Baricco, in quanto esperto di scrittura, confeziona un testo che nel complesso funziona, anche se perde man mano gran parte dell'energia iniziale, purtroppo assente anche nel momento culminante dell'azione finale. 
La parte centrale del testo appare la più statica e appiattisce i nostri eroi, impegnati nella preparazione di una grande impresa che pare quasi non generare azione nella loro coscienze, nella loro interiorità. 
Le storie dei tre personaggi hanno un valore e potrebbero anche incuriosire e affascinare il lettore che progressivamente le perde di vista e smette di chiedersi quali malefatte abbia combinato Smith in passato o quanto sia stato duro per Wesson convivere con il fantasma ingombrante del padre o per Rachel fuggire da casa. 
Li troviamo lì, trascinati in un'impresa che somiglia più a un meccanismo automatico che a un'azione che genera cambiamento. 

Interessante piuttosto lo spazio che l'Autore si riserva nel dare le indicazioni al possibile regista e anche al lettore; dà delle indicazioni spesso incredibilmente dettagliate ma spesso in chiusura fa un passo indietro e lascia tutto aperto:
Altro tempo. Poi Smith si mette seduto. Armeggia un altro po', tira fuori il suo quaderno delle tabelle. Se lo rigira un po' in mano. Si volta verso Wesson. Wesson si tira su e lo guarda. Non fa alcun cenno. Smith apre il quaderno. Poi inizia a leggere, piano, quasi tra sé e sé, ma in modo distinto e udibile. Durante la lettura Wesson e Rachel continuano a stare sdraiati, muovendosi di tanto in tanto, come bambini che non riescono ad addormentarsi. 

[Ovviamente tutto ciò non va preso necessariamente alla lettera: dà l'idea di un effetto che si vuole ottenere: poi ogni sistema è buono.]

Ci ricorda così quello che è uno degli aspetti più interessanti della scrittura per il teatro: che la rappresentazione è solo una delle mille versioni di una storia, uno mondo possibile tra gli altri e che il lettore ha sempre (e nel teatro più che mai) il diritto di immaginarsi il colore dei capelli di Rachel, le movenze irrequiete di Smith, il sorriso triste di Wesson.


Rimane alla fine l'impressione di una storia accennata, di un cambiamento possibile che non è realmente avvenuto. Forse è un po' quell'attitudine dei personaggi di Baricco ad aspettare "che sia troppo tardi". 
O forse è la solita bella scrittura - in certi momenti un po' troppo compiaciuta - che non sempre basta a se stessa.

Claudia Consoli