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Un bambino, un cane, e il bisogno – tutto umano – di sentirsi amati: "Un fratellino. Storia di Nanni e di Mario" di Rosella Postorino

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Un fratellino. Storia di Nanni e di Mario.
di Rosella Postorino
(con illustrazioni di Francesco Tassinari)
Salani Editore, settembre 2025

pp. 127
€ 15,90 (cartaceo) 
€ 9,99 (ebook)

 

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«Se lo sai che voglio un fratellino, perché non me l’hai fatto?» (p. 11)

Mario ha otto anni e un desiderio da realizzare: vuole un fratellino. Per insegnargli tutte le cose che lui ha già imparato, «tipo sputare la carne nel tovagliolo» (p. 9) senza farsi scoprire dai genitori; per «fare le gare di nuoto e vincere almeno contro di lui», per difenderlo quando qualcuno cercherà di rubargli la merenda  e perché «se hai un fratellino e ti svegli nel buio dopo aver fatto un brutto sogno, puoi ficcarti nel suo letto e sentirti al sicuro» (p. 11).

Per questo, colpevolizza i suoi genitori senza realmente comprendere perché Nanni nome che lui ha già scelto per il futuro fratellino – non sia ancora arrivato. Poi, una domenica, finalmente Nanni si materializza nella vita di Mario, sebbene in una forma completamente diversa da quella che lui aveva sempre immaginato...

«Mi chiamo Nanni. Io non lo avevo mai avuto, un nome. Che qualcuno abbia scelto un nome per me mi fa squagliare la pancia. Significa che mi aspettavano, che mi pensavano anche quando eravamo lontani. Anche quando non ci conoscevamo, e io neppure sapevo della loro esistenza. Avremmo potuto non conoscerci mai e invece adesso siamo qui, tutti e tre insieme, e certe sere ululiamo all’unisono. Quel nome è il segno di un progetto, di un desiderio, e quel desiderio ero io. Quel nome, ecco, ha cambiato il mio destino.» (p. 84)

Il loro primo incontro avviene nel rifugio per cani randagi dove Nanni è ospitato: le sue giornate, scandite da un profondissimo senso di solitudine, mitigato solo dalle attenzioni della giovane volontaria Blonde, trascorrono nel tentativo di sopravvivere alla prepotenza dei compagni e allo stress causato dalle visite dei forestieri, che periodicamente arrivano per scegliere un cucciolo. Ognuno di loro si presenta al rifugio con una foto sullo smartphone e con le idee ben chiare, perché ha già scelto chi portare con sé. Sarà forse a causa della sua foto malriuscita che Nanni si trova ancora lì mentre i suoi fratelli, uno a uno, sono stati già portati via? «In foto il mio muso non era né triste né felice, era un po’ da rimbambito, a esser sinceri. Ma non l’avevo dato certo io il permesso di postare lo scatto. A saperlo, avrei abbozzato un sorriso.» (p. 21)

E sarà forse la paura di non essere scelto a renderlo così schivo ed evitante, anche quando al canile arriveranno Mario e la sua famiglia e sembreranno interessarsi proprio a lui?

«Blonde, mandali via, non è possibile che vogliano me, c’è un errore. Se in due anni nessuno mi ha mai scelto, un motivo ci sarà. E se questi ora insistono, dev’esserci qualcosa sotto.» (p. 26)

Ma, nonostante le remore, «si va a casa» e inizia la loro convivenza che, per un primo periodo, continua a essere ostacolata dall’atteggiamento oppositivo di Nanni:

«Il cane si è acciambellato all’ingresso e non si è più mosso. Ci siamo seduti a terra per accarezzarlo e parlargli con calma, tipo quando io ero piccolo e facevo i capricci e mamma e papà si armavano di pazienza. Lui è rimasto rigido, si è finto morto. Ha guardato sempre altrove, mai noi. Gli abbiamo messo da parte una ciotola d’acqua e ha bevuto. Allora gli abbiamo dato da mangiare: ha mangiato, ma non ha mai alzato la testa.» (pp. 31-32)

Piano piano, grazie alla pazienza e all’affetto di Mario e dei suoi genitori, Nanni riuscirà a sentirsi parte della famiglia: si abituerà così a venire chiamato «batuffolo», all’odore di «marmocchio», a dormire con Mario, persino a praticare yoga accanto alla mamma, agli abbracci, alle carezze e a scodinzolare talmente forte da credere che gli si steccherà la coda, perché – si sa –  «è difficile trattenersi quando si è felici» (p. 65).

Ma, quando tutto sembra ormai andare per il verso giusto, ritornerà in lui la paura dell’abbandono e dell’esclusione, come conseguenza della bella notizia che la mamma sta finalmente aspettando "quel fratellino” un tempo tanto desiderato da tutta la famiglia. Le certezze di Nanni cominceranno così a sgretolarsi, lasciando nuovamente spazio alle sue umanissime fragilità…

«Da quando deve arrivare sto’ fratellino sono tutti strani! Non so più nemmeno come mi chiamo. Vorrei che non arrivasse mai. Un cane è un cane, ed è figlio di un cane, anzi di una cagna, e fa cose da cani. Non è un fratellino. Vorrei che non ci fosse nessuno, nella pancia. Non voglio restare solo come un cane.» (p. 98)

A questo punto, terrorizzato dall’idea di essere messo da parte, Nanni esprime un desiderio: «Vorrei che il fratellino sparisse, e che tutti si scordassero di lui». Ma, per averlo espresso, presto si troverà costretto a fare i conti con il  suo senso di colpa, altra tematica rilevante del romanzo.

 

La complessità dei legami umani e il bisogno di sentirsi accettati e amati rappresentano, dunque, il nucleo centrale della commovente e tenera storia narrata da Rosella Postorino, nel suo ultimo romanzo per bambini Un fratellino. Storia di Nanni e di Mario; una storia che fornisce importati spunti di riflessione anche agli adulti, perché le fragilità del cagnolino Nanni sono proprio le stesse di ogni essere umano: la paura della solitudine, del rifiuto e dell’abbandono. Il desiderio di sentirsi scelti è, infatti, universale

A raccontarcela sono gli stessi Nanni e Mario: una scelta davvero efficace perché la narrazione interna a due voci, oltre a mettere i piccoli lettori di fronte ai differenti punti di vista, gli consente di seguire – e sentire più profondamente – l’evoluzione del legame fra Mario e Nanni, e di entrare in empatia con i due protagonisti principali. Anche l’idea di umanizzare un cane – richiamando e superando la tradizione favolistica greco-latina – per affidargli emozioni e paure che spesso, negli essere umani, affiorano già durante l’infanzia, contribuisce a rendere allettante, per i lettori in erba, l’incontro con Un fratellino. Così come le bellissime illustrazioni di Francesco Tassinari,  ingrediente prezioso del romanzo.


Un altro punto di forza che, a mio parere, fa sì che il lettore si senta accolto nella storia è la scrittura di Rosella Postorino: lo stile deciso dell’autrice de Le assaggiatrici si avvicina, infatti,  al mondo dei bambini grazie a una scrittura che si fa lieve, tenera e ironica, ma senza perdere lo spessore e l’originalità che la contraddistinguono. Uno stile sincero e comunicativo, dove sentimenti, paure e emozioni sgorgano, come un fiume in piena, attraverso i monologhi interiori di un cane molto “umano”, assillato dalla paura di restare «solo come un cane». Per farla breve, il cruccio di ogni essere umano. Un romanzo semplice e diretto, che ci ricorda che i sentimenti e l’intelligenza emotiva si apprendono sin da bambini e che vanno sempre coltivati perché rappresentano le fondamenta per la costruzione di relazioni significative: un messaggio molto importante, da apprendere prima possibile, anche attraverso una bella lettura per bambini.


Sappiamo bene che impresa titanica, ai giorni nostri, rappresenti per un autore conquistare i piccoli lettori: bisogna saper parlare con il cuore ai loro cuori; scegliere un linguaggio sufficientemente semplice da essere compreso ma che, allo stesso tempo, sappia incuriosire; creare personaggi affascinanti, divertenti e mai scontati; ma anche riuscire a scrivere una storia di qualità che, nella sua semplicità, non rappresenti soltanto intrattenimento, ma possa trasmettere insegnamenti significativi e sappia rispondere a quei bisogni emotivi che emergono già nella tenera età.

Ma se a scrivere quella storia è una penna brillante e un’autrice sensibile come Rosella Postorino, il risultato è assicurato, come conferma Un fratellino. Storia di Nanni e di Mario: un libro da scegliere, per far appassionare i bambini alla lettura e nutrire l'intelligenza emotiva.

«Mario, diamogli tempo, Abbiamo scelto lui, ricordi? Da quando abbiamo visto la foto, è sempre stato lui, per noi…» (p. 24)

 

Federica Malara