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"Claire Clairmont" - Marco Tornar

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Claire Clairmont 
di Marco Tornar
Solfanelli Editore

«Miss Clairmont! Aspettatemi!» le gridai dietro…L’inseguii per tutta l’estensione della boscaglia, superammo due ponti, uno dopo l’altro…Arrivati ad una spiaggia deserta, la figura si rivelò una ragazza. Si guardò intorno spaesata, sotto l’ombrellino aperto, il colore degli occhi identico a quello del mare, il cui fragore si levava a pochi passi.[1]

In un’ambientazione ottocentesca, in una Firenze impreziosita dai dettagli artistici, in una città luogo del “bello e del sublime,” accanto alla protagonista del romanzo, Claire Clairmont, lo scrittore si immedesima nel ruolo dell’affascinante e colto erudito americano dell’Ottocento, Edward Silsbee, affascinato dal carisma della donna.
Claire è la sorellastra di Mary Shelley che giunge in Italia per  trascorrere una vacanza assieme al poeta marito Shelley, nel mitico soggiorno condiviso con George Gordon Byron. Il romanzo, inizialmente, è giocato sulla seduzione architettata da Edward  per sorprendere e conquistare l’ammirevole donna. La lettura del romanzo offre al lettore la possibilità di immergersi nel clima ottocentesco borghese italiano attraverso alcuni accadimenti, seppur verosimili, che rinviano ai reali fatti  che precedono l’epilogo storico della famiglia Shelley; la stessa qualità narrativa della scrittura permette al lettore un avvicinamento significativo ad un passato tale, che i quadri cittadini borghesi descritti ci appaiono intrisi quasi di contemporaneità: la stessa precarietà del vivere di Claire in un paese per lei straniero, le attente descrizioni degli interni testimoni del corteggiamento di Edward, (delicato ma al contempo ardito) le azioni  cadenzate che appaiono in antitesi con l’immagine della gente che affolla le piazze della città, quasi indifferente alle bellezze dell’arte fiorentina, danno una resa sul piano della narrazione convincente, proiettando il romanzo più sul versante della modernità.
Nel limpido mattino inoltrato ripensai alle ordinate ondate verdi sui prati provocate dalle mie parti dal vento. Che razza di richiamo, mi chiesi, era quello che in una delle più celebri piazze al mondo sospingeva un insieme considerevole di individui? Non avrei potuto farmi la stessa domanda in una moderna metropoli, la mia Boston ad esempio, New York o Londra. Ero a Firenze. […] Che significato si poteva trarre qui da gente troppo affaccendata – per giunta in inezie – e assolutamente incurante della grande Arte  che svettava tra chiese, monumenti, edifici?[2]
Ben presto Edward si rende conto che ha a che fare con un ambiente ben diverso dal proprio, e l’avvicinamento alla donna e a ciò che la circonda è un percorso irto di difficoltà per le distanze generazionali, ad esempio tra zia e nipote, per l’oscurità che pervade l’“universo domestico” chiuso forse fintamente borghese, in cui si trova coinvolta Claire, per gli atteggiamenti freddi che la famiglia e le amicizie le riservano.
Squarci di vita si rianimavano al minimo gesto di mani, al più impercettibile cenno di occhi. Io a cosa avevo rinunciato? Stavo commettendo l’errore di familiarizzare con tutto affezionandomi alla veneranda inquilina di Palazzo Crociato come alle immagini scaturite dalla sua memoria, aleggianti nella penombra di antichi quadri e drappeggi. E con quale diritto? Che pretese potevo accampare in un universo domestico chiuso e concentrato in un culto retto dall’equilibrio di speculari poli, quelli dell’anziana zia e della giovanissima nipote, essendo l’altra una specie di elemento anomalo? Che poteva vantare uno sconosciuto giunto da oltreoceano più della propria buonafede nel presentarsi?[3]
Mr Silsbee ama trascorrere il tempo con Claire: li accomuna una passione per l’arte e la cultura. Non solo. I loro dialoghi, a tratti divergono verso conversazioni di tipo filosofico argomentativo: discutono sul materialismo, sui romanzi dell’Ottocento francese ( il richiamo è a Madame Bovary e al Il tempo ritrovato di Proust); la donna interloquisce con l’uomo, e nel contempo recita i versi del poeta inglese Coleridge.
Ma è un’altra donna ad essere destinata al fidanzamento con Edward:
Tanto discreta da non cercare di rompere il mio riserbo, Georgina si limitava a lanciarmi languidi sguardi sbattendo veloce le palpebre, sicché ogni volta, nell’attutita musica di cristalli e posate, confusa al brusio che si levava da capotavola – il moto delle sue ciglia sopperiva quello delle ali di un angelo, l’angelo della conservazione, disceso in soccorso presso di noi. Triste, silenzioso, osservavo la tavolata, a una luce diversa da quella dell’ovvietà.[4]
Attraverso lo svolgersi del racconto, si conferma la grande passione della famiglia Shelley per l’Italia. Firenze, in particolare, ma anche Napoli e il Vesuvio, luoghi privilegiati, punti d’incrocio, tracce storiche, testimonianze di un amore perenne dei protagonisti del romanzo, nei confronti della cultura e della società italiana di quel tempo.
Ad un certo punto della narrazione un carteggio diventa l’oggetto misterioso, ambiguo, denso di interrogativi da dipanare attraverso il prosieguo degli accadimenti.
Piano piano viene ricomposta la vita di Claire, la corrispondenza con il poeta Shelley, le vicende amorose di lord Byron, una figlia “segreta” frutto di una grande passione che precocemente scompare, sono al centro del romanzo. Le preziose descrizioni e le comparazioni arricchiscono la narrazione: l’autunno contrapposto alla morte, le questioni sociali contrapposte a quelle della chiesa cattolica romana; la personalità di Edward si rafforza con lo svelarsi degli accadimenti e attraverso la risoluzione del mistero riguardo le lettere inquietanti  si giunge ad una sicurezza amorosa anche di Claire che finalmente può uscire dall’oblio ed entrare a pieno titolo nella storia.
Ma il mondo è fatto per essere percorso da esseri volatili, innocenti?Gabbiani colombe o angeli che siano?[5]
Un romanzo che nasce dal desiderio di raccontare una vicenda, quella di una donna, Claire Clairmont, seppur ampliata e modificata in alcuni frangenti, ma biograficamente attendibile; un racconto che dimostra come sia possibile scrivere un bel romanzo dando spazio  ad una creatività rispettosa del passato,  ma molto moderna, appassionante e con un plot narrativo in cui emergono dall’oblio e dalla storia figure femminili che sono da sempre esistite.   




[1] M. TORNAR, Claire Clairmont, CS,  Solfanelli Editore, 2010, p. 35
[2] Ivi, pp. 19-20
[3] Ivi, p. 68
[4] Ivi, p. 155.
[5] Ivi, p.176.