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Biblioteche, piazze del sapere

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Le piazze del sapere. Biblioteche e libertà
di Antonella Agnoli
Laterza 2009

pp. 172
€ 18,00 


Parlare di Biblioteche significa orientarsi all'interno di una serie di luoghi comuni, positivi o negativi. Sta di fatto che in un paese in crisi come il nostro, in cui non si riconosce il sostanziale apporto della cultura, le biblioteche vivono un momento drammatico.
Molto si è detto in proposito e sembra che l'unico problema sia legato alla sfera economica. Indubbiamente i tagli alle strutture bibliotecarie sono ingenti e vergognosi perché l'Italia è stato il centro della cultura, dell'arte e della conservazione libraria per secoli, se solo pensiamo a cosa sono state le abbazie benedettine del nostro territorio nazionale, Montecassino per fare solo un nome, le grandi esperienze tipografiche/editoriali, con punte di eccellenza come i Manuzio, e molto altro ancora.

Dicevamo che a nostro avviso il problema non risiede solo nell'aspetto economico. L'idea è maturata dalla lettura del saggio di Antonella Agnoli, Le piazze del sapere. Biblioteche e libertà dell'editrice Laterza.

Questo saggio di architettura bibliotecaria e di biblioteconomia divulgativa non fa altro che analizzare in positivo tutto ciò che la biblioteca dovrebbe essere nel nostro contesto attuale e che in realtà non sono, fatte alcune debite eccezioni.

Nei suoi capitoli, con i dati alla mano e facendo interloquire più ambiti disciplinari (sociologia, prossemica, architettura, design...) l'Autore mette in chiaro alcune caratteristiche della biblioteca del futuro (e viene incontro al lettore con una scheda di 17 punti da non dimenticare, pp. 157-159).

L'aspetto principale che emerge, anche grazie alle esperienze personali di Antonella Agnoli, è quello di valutare due realtà bibliotecarie innovative, sogno di ogni utente, ovvero gli Idea Store di Londra e la Biblioteca san Giovanni di Pesaro diffusamente indicati e descritti nel volume. Si ribadisce che non sono modelli da trapiantare dovunque ma che si tratta, in ogni caso, di scelte vincenti applicate alle biblioteche per le loro caratteristiche moderne, a partire dall'arredamento, dall'eliminazione delle barriere, alla leggibilità delle strutture; in poche parole come rendere piacevole la biblioteca e liberarla dell'aurea di sacralità elitaria e di ieratico intellettualismo che le allontana da un popolo che legge sempre meno o è poco invogliato ed educato a cimentarsi con le pagine di un libro.

La sconfitta che si percepisce nel leggere il testo dell'Agnoli sta nel constatare quanto le realtà bibliotecarie che frequentiamo normalmente non corrispondono a ciò che viene descritto nel libro. Commessi maleducati, bibliotecari-funzionari che non sanno vedere al di là della propria “professionalità”, mobilio inadatto, atteggiamenti che distolgono piuttosto che attirare, e tanta retorica per la salvaguardia del libro e delle strutture di conservazione più vicina all'estremo tentativo di preservare “musei librari” piuttosto che luoghi vivi di scambio e di produzione culturale.

Dal sottotitolo, che si crede reinterpreti un gustoso libretto di Luciano Canfora Libri e libertà, si percepisce l'idea di fondo che guida la trattazione. Le piazze erano il luogo di incontro, di scambio, il luogo dell'esercizio della democrazia e del dialogo tra culture. Nella società contemporanea in cui le piazze sembrano svuotarsi in favore di altri centri di aggregazione, le biblioteche per sopravvivere dovrebbero essere ristrutturate come vere e proprie piazze, luoghi dove fermarsi, rilassarsi, apprendere e condividere. Questo vuol dire pensare diversamente gli arredi, il vocabolario, le strutture, il personale e, in generale, le specifiche intrinseche ad ogni singola realtà bibliotecaria.mInoltre nel testo vengono evidenziati i rischi connessi per esempio a tentativi di ristrutturazione esterna ma senza uno studio adeguato per conoscere le vere esigenze degli utenti, la tentazione di rinnovare gli ambienti quando poi la biblioteca rimane “vecchia” e “distante”.

In margine si vedono alcuni limiti dell'esposizione. Il primo consiste nell'adeguamento. Dalla definizione del mondo con i termini di liquidità, sembra pericoloso impostare onerose revisioni delle strutture o degli approcci bibliotecari secondo canoni di modernità perché si affaccia minaccioso il rischio che i repentini cambiamenti sociali possano mettere fuori uso studi, impegni e risorse di anni per realtà bibliotecarie che in pochi passaggi generazionali potrebbero diventare nuovamente inadatte. Il secondo è dal punto di vista dell'utente. Molto si dice nel libro degli Idea Store, queste meravigliose piazze del sapere in accordo con i centri commerciali. Accostare però la biblioteca al luogo più alienante che offrono le nostre città sembra un azzardo. L'associazione di idee non farebbe altro che alimentare quel radicale cattivo uso che oggi si fa delle biblioteche, in cui banconi, scaffali e postazioni sono sfruttati in modo sterile secondo le dinamiche consumistiche dei negozi nei centri commerciali. La natura della biblioteca è certamente quella di offrire servizi per la mente ma proprio per questo deve essere lontana da ogni dimensione e dinamica commerciale. Vedere le biblioteche come luoghi in cui si scambiano servizi invece che fucine per la formazione degli intelletti e delle vere libertà sembra deludente, riduttivo e fuorviante.

Ciò non toglie al libro nessun merito compreso quello di metterci in grado di sognare biblioteche più vive, accoglienti, capaci ancora e sempre meglio di instradare sulle vie della scoperta, della ricerca e dello stupore.