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Memorie di Mémoires

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Memorie di Adriano
di Marguerite Yourcenar
traduzione di Lidia Storoni Mazzolani
Einaudi, Torino 1988

pp. 333
€ 14.00


Avevo diciassette anni quando mi si offrì la prima occasione di recensire Memorie di Adriano per il giornale del liceo.
Sono passati quasi venti anni da quella mia trepidante terza pagina. La passione mai estinta per il capolavoro di Marguerite Yourcenar mi risalta oggi in grembo, amplificata sotto la lente telescopica del mio vissuto, tra episodici fasti e ineludibili miserie.
Ad ogni lettura, il sortilegio si ripete : mi addentro nel testo e, fatalmente, ho l’impressione che un drammatico affresco archeologico prenda forma e si animi sotto i miei occhi.
Non è un intreccio romanzesco vero e proprio, quanto piuttosto un fluire di eventi , di fatti esteriori strutturati nelle trame di un singolare tessuto connettivo : il vissuto del personaggio altro non è che un misto di artificio narrativo e di fatti storici puntualmente documentati.
Questo è genio. Questa è l’immortalità della letteratura che incontra e celebra l’immortalità della memoria storica e la esalta, conferendole tutto il dinamismo della cronaca e le infinite sfumature della lirica.

Per chi non l’avesse letto ancora, Memorie di Adriano è un romanzo scritto in forma epistolare , narrato in prima persona dal protagonista, l’imperatore romano Adriano, ultrasessantenne e gravemente malato. Si tratta di una lunghissima lettera divisa in sei parti, indirizzata al giovane Marco Aurelio ( che diverrà anch’esso imperatore, filosofo, per giunta ), un denso resoconto di accadimenti, un’occhiata retrospettiva autobiografica raccontata con minuzia ma senza pedanteria, in un sapiente miscuglio di aneddoti e meditazioni sulla vita.
Adriano filosofo, Adriano cultore della bellezza, dell’arte e della poesia, dell’astronomia e della musica, sovrano illuminato e pacifico, astuto leader e diplomatico multisfaccettato , funambolo delle relazioni umane per sua stessa ammissione.
Accanto a questo ritratto monumentale, pubblico, si distende la sua proiezione umana, intima, fragile e caduca, investita episodicamente dalla meschinità , prerogativa sua come degli uomini qualunque ,travolta dal suo stesso fanatismo e dalla superstizione, pedaggio alla contingenza, redenta dal senso del dovere e dall’impegno politico, come si conviene a un uomo di potere coscienzioso e integro.

In questo romanzo, potremmo dire, traspare, per sommi ma eloquenti cenni, tutta la vita di Marguerite Yourcenar, finissima classicista e viaggiatrice, al pari del suo personaggio, rigorosa filologa e delicata poetessa, acuta e infallibile scrutatrice dell’animo umano, indimenticabile prima donna accademica di Francia.

Memorie di Adriano, apparso nel 1951, è stato il frutto di una lunga gestazione intellettuale, cominciata nel 1924, quando la giovane Marguerite visitò per la prima volta la villa dell’imperatore romano a Tivoli. Fu allora che iniziò a redigere i famosi taccuini di appunti da cui poi prese forma l’opera artistica compiuta.
Saranno dunque sessant’anni di vita l’anno prossimo, sessant’anni celebrati ampiamente da generazioni di lettori grati ed entusiasti, dalle innumerevoli citazioni , da trasposizioni teatrali e persino cinematografiche ( è di quest’anno il film Memoirs of Hadrian del regista John Boorman, già uscito negli USA ).
Io mi permetto, più modestamente, ma non meno appassionatamente, di dedicare la mia personale celebrazione ai lettori di Critica Letteraria , confidando che il genio di Marguerite Yourcenar dialoghi con loro così come sta facendo con me da tanti anni e come, sono certa, continuerà a fare sempre.
Lvxita