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IV - Pino Roveredo - raccontato da Gloria M. Ghioni

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Pino Roveredo è stato a Pavia,
nell'Aula Scarpa dell'Ateneo, alle h. 17.30 di lunedì 22 febbraio.

Ha presentato l'incontro: Giuseppe Polimeni, docente di Storia della Lingua Italiana presso l'Università degli Studi di Pavia.
Si ringrazia Costantino Leanti che ha organizzato quest'incontro della sua affermata rassegna "Quattro chiacchiere con...".


Pino Roveredo è un uomo che ha tanto da raccontare, e non si risparmia. Stretto nella sua cravatta, parla di un suo passato senza cravatte, figlio gemello di due genitori sordomuti, che gli hanno insegnato a crescere manifestando le proprie emozioni senza parlare, ma con l'immediatezza dell'abbraccio e la sincerità di uno sguardo. Con la voce rotta, lo scrittore risponde alle domande di Giuseppe Polimeni, che con grande sensibilità pone quesiti dalla difficile risposta: e così torna la sua adolescenza difficile in istituto, plasmato da una educazione coercitiva (che, dice Pino, mi farà senza dubbio incontrare i miei compagni in qualche istituto psichiatrico, o in carcere). Senza scudi difensivi, viene anche raccontata la difficile battaglia contro l'alcolismo, vinta non dalla forza di volontà, ma perché "un giorno capisci che hai un prezzo da pagare, e paghi". In queste esperienze poliedriche, la scrittura è sempre stata compagna, anche se qualche operaio, collega di lavoro di Pino, è scoppiato a ridere alla sua rivelazione: "Ho scritto un libro". Neanche la vittoria del Premio Campiello nel 2005 con l'acclamato Mandami a dire (Milano, Bompiani) cambia il carattere umile di Pino Roveredo, che con grande ironia riesce a tenere la platea col fiato sospeso per un'ora e mezza, e non senza commozione.

Pino risponde con gioia alle domande poste sempre con grande discrezione: ripercorre insieme ai presenti le tappe fondamentali della sua produzione, discute - anzi, chiacchiera - dei suoi libri e non tradisce mai le aspettative dei presenti. E' un autore, e prima ancora una persona, che non si nasconde dietro alle parole, ma che sente la bellissima urgenza di comunicare, evitando l'autoreferenzialità e mirando a lasciare una sensazione forte negli spettatori.
E di sensazioni ce ne sono tante: ammirazione per quelle storie che sono state sempre prima esperienze vissute, commozione per il difficile cammino che Pino sta percorrendo giorno dopo giorno, plauso per un "salvato dalla scrittura" (da qui il titolo dell'incontro), curiosità per le sue opere non ancora lette,...

Un incontro intenso, denso, gustato dal primo all'ultimo minuto. Abbiamo comprato quasi tutti una copia del nuovo libro, Attenti alle rose, sempre edito per Bompiani nel 2009. Ora non resta che leggerlo, e ogni tanto tornare a guardare quella dedica che incide la prima pagina: "A Gloria. Con gioia, Pino Roveredo".

L'aspettativa è alta.
A lettura conclusa, vi racconterò cosa ne penso.
Per ora, non ho ancora smesso di applaudire.

GMG