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"Il Salotto": intervista a Maurizio Gramegna

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Ciao Maurizio,
grazie davvero per aver accettato il nostro invito ed essere qui nel nostro “Salotto”. Finalmente possiamo farti qualche domanda sul tuo Caduti in volo (clicca qui per la recensione) e sulla tua carriera. Cominciamo…



Caduti in volo è un romanzo che si basa su fatti realmente accaduti: la lotta di compaesani che sono anzitutto uomini, e solo in un secondo tempo partigiani e camicie nere. Quali sono state le tue fonti? Hai raccolto testimonianze nei paesi dell’Oltrepò?
Prima di rispondere voglio ringraziare Gloria e gli amici di Critica Letteraria per l’invito, e per la passione, l’impegno e la non comune competenza che mettono nelle gestione del blog. [n.d.r. grazie!]
Ora passo a rispondere alla domanda. In realtà il racconto è sviluppato intorno ad un unico fatto realmente accaduto, una vicenda familiare che mio padre mi aveva accennato quando ero ragazzo, e mai aveva voluto approfondire, lasciando un velo di mistero nella mia memoria. Si tratta del tradimento di un fascista, Franco, nei confronti di Tino, partigiano, con le conseguenze che riguarderanno Agnese nella sua doppia veste di fidanzata di Franco e sorella di Tino (rimango nel vago per non svelare troppo del racconto). Tutto il resto è imbastito sulla conoscenza del periodo storico, sulla lettura dei testi scritti da chi ha vissuto in prima persona quei fatti, per citarne alcuni quelli di Ugo Scagni e Clemente Ferrario e, su tutti, sulla preziosissima opera “L’altra guerra” del professor Giulio Guderzo. Il periodo storico è ben inquadrato, ma i fatti narrati, così come le imboscate e le azioni partigiane, sono solo frutto della mia fantasia. L’idea di far conoscere la vicenda viene pertanto da lontano, ma si è concretizzata solo quando in me hanno trovato risposta alcune fondamentali domande. Come reagì la gente comune agli eventi della seconda guerra mondiale, della resistenza, del fascismo? Tutto ciò mi ha portato a posizionare l’obiettivo sui sentimenti più che sulle vicende, sulla “paesanità” più che sullo scontro politico.

Qual è il compito dello scrittore che si occupa di fatti storici, al giorno d’oggi? Esiste ancora a tuo parere una funzione morale, se non moralizzatrice?
Mi sono chiesto molte volte che senso avesse scrivere ancora di vicende legate alla Resistenza dopo più di 60 anni dai fatti. La risposta che mi sono data è che forse c’è uno spazio che riguarda la gente comune, coloro che non sono partiti da un’ideologia, ma hanno subìto tutto, il prima e il dopo, coloro che hanno dovuto decidere loro malgrado, e sono i più, se adeguarsi per sopravvivere o rimanere uomini nonostante tutto. Non sono sicuro esista una funzione morale o moralizzatrice, esiste però una sorta di redenzione per ciò che di vero c’è nell’uomo, per i valori dell’amicizia, dell’onestà intellettuale, della parola data. Retorica? Forse, ma ci credo.

Grandi personaggi, i tuoi, nella loro coraggiosa sopravvivenza al dolore. A tuo parere oggi questa forza d’animo esiste ancora?
È indubbiamente cambiata la società, sono diversi i problemi, diverso il modo di affrontarli. Oggi viene prima l’individuo, il vantaggio personale, sia esso economico o di potere. Un tempo, mi pare, veniva prima il dovere, il lavoro, gli affetti. C’è confusione, siamo strattonati dai reality, dalla scandalistica imperante in ogni settore, dalla politica all’economia, giù giù fino alle povere vicende di piazza del piccolo comune; non vedo più verità. Forse è andato perso il concetto di dignità come valore. Certo, per cercare un parallelo con i personaggi, quale padre di famiglia oggi troverebbe la forza di fermarsi ed agire per un bene comune? Siamo troppo abituati a delegare, a chiedere, tutto ci è dovuto. Quella era gente che sapeva di non potersi aspettare nulla, sapeva che il dolore che loro toccava in sorte non avrebbe avuto sostegno alcuno, se non appunto dagli affetti, e riusciva a trovare, lo ripeto, dignità comunque.

Tutti personaggi, e non semplici comparse in Caduti in volo: chi ammiri in particolare?
Non c’è un personaggio che preferisco. Se mi si consente una forzatura: ho grande rispetto per ciascuno di loro. In realtà sono quasi tutti personaggi positivi, se escludiamo Franco, il traditore. E comunque quello che non troverete nel romanzo è un giudizio su di essi. Alessandra Paganardi, in una recensione al libro, mi ha definito “autore equidistante”; credo sia corretto, sia il senso del mio scrivere. Caratterizzare e non giudicare. Ho cercato di mettere in rilievo qualcosa in ciascuno di loro, quasi associandoli a concetti astratti. Così potrei dire che Carlo è l’amicizia, Pietro l’emotività, il comandante partigiano la giustizia, Angelo l’onestà intellettuale, Marta la famiglia, Agnese l’amore, Tino l’uomo. Franco, ovviamente, la viltà. Vi sono poi personaggi all’apparenza minori. Giuseppe e Rina, ad esempio, che incarnano la gente comune, volutamente separati per genere, in quanto gli uomini e le donne hanno avuto durante la resistenza compiti ben precisi. Fossi costretto a fare una scelta, non sul personaggio, ma sulla sua storia, allora credo che sceglierei Agnese. La sua vicenda, il suo “farsi carico”, il suo “immolarsi” all’amore nel senso più alto del termine è esemplare, e va al di là dello spazio e del tempo. Avrei potuto ambientare un racconto su Agnese nel Settecento o nell’Afghanistan dei giorni nostri senza perdere una virgola della sua forza.

Biologo, narratore e poeta: cosa per te è un lavoro e cosa una passione? Come si coniugano?
Ho la fortuna di appassionarmi alle cose, e la testardaggine di approfondirle. Sono un curioso. La biologia è stata una delle mie prime passioni fin da giovanissimo. Fin dalle elementari alla classica domanda “Cosa vuoi fare da grande” rispondevo “Il biologo o il benzinaio”. La sorte ha voluto che seguissi la prima strada, anche se non so se sia stata quella giusta. Questo per dire che quello che faccio di solito ha un suo percorso, una maturazione, non amo l’improvvisazione. Come detto la mia formazione è scientifica, non umanistica, e ciò mi ha sempre posto un dubbio di inadeguatezza nei confronti dello scrivere. L’evidenza sta nel fatto che le prime pubblicazioni, prima di poesia e poi di narrativa, a parte due libri di storia locale su Portalbera, mio paese d’origine, arrivano verso i quarant’anni. Mi chiedi poi come si coniughino i due aspetti. Mi pare siano distinti l’uno dall’altro. L’unico aspetto che unisce biologia, poesia e narrativa sono il rigore, la serietà ed il rispetto con cui affronto ciascuno di essi.

Nella tua giornata qual è il tempo prediletto per la poesia, e quale per la narrazione (ammesso che si possano considerare abitudini)?
Non ho molto tempo libero purtroppo, ma trovo sempre un momento per una lettura, sia essa poesia o narrativa. Di norma è la sera inoltrata o la notte il tempo dedicato alla lettura, anche perché prima ho da fare con i miei due bimbi. Devo però dire che proprio grazie a loro ho un altro momento di lettura; quasi un rito. Ogni sera, accompagnandoli a letto, leggo loro favole e racconti che scegliamo insieme di volta in volta. Adoro farlo, e ritengo sia un ottimo modo per avvicinarli alla letteratura, … e poi me lo chiedono!

Pensiamo ora alla tua collaborazione con la rivista letteraria «La Mosca di Milano»: come consideri quest’esperienza?
È un’opportunità meravigliosa. E non tanto perché si entra in contatto con gli “addetti al settore”, quanto perché ho incontrato persone che affrontano la letteratura con grande competenza e serietà, con l’amore per il pensiero e la curiosità per l’altro. Mi apre la mente confrontarmi con loro. Non c’è “mestiere”, solo schiettezza, apertura ed umiltà.

Possiamo fare gli sfacciati e chiederti se hai qualche nuovo progetto? Ci regali un’anticipazione?
Sto lavorando ad una raccolta di poesie. È ancora presto per dire quando, ma credo che una pubblicazione sia prossima. Sarà un passo importante per me, per i temi che tratto nei testi e per la struttura che ho in mente per l’opera. Spero di poterne parlare meglio in futuro.

Grazie mille per la tua gentilezza e per la disponibilità, ma anche per l’amicizia che ci dimostri. A presto!
Intervista a cura di Gloria M. Ghioni