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E se ti perdi, il danno è...

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Se ti perdi tuo danno
di Renzo Brollo
Cicorivolta Edizioni, 2007

225 pp.
€ 12,50

“E Dio se ne sta appollaiato su di un trespolo, chi mangia alla sua destra, chi mangia alla sua sinistra. Comunque tutti mangiano.”

Renzo Brollo, con “Se ti perdi tuo danno”, scrive quella che principalmente è un’opera deistica, dedicata a Dio, su Dio e per Dio. Non è una provocazione, di quelle lapidarie e assai poco costruttive che oggi vanno tanto - troppo? - di moda, e che inequivocabilmente pongono Dio come capro espiatorio di processi ambigui, velleitari e ormai tristemente crepuscolari.
La presenza di Dio è centellinata dal Brollo in maniera intelligente; e il processo di livellazione della struttura deistica a quella romanzesca è frutto di congetture autoriali, da parte di chi “Se ti perdi tuo danno” l’ha scritto, intelligenti e soprattutto volte a rendere l’opera stessa fruibile per tutti.

Se ti perdi, tuo danno. Dove possiamo perderci? Dove si perdono i protagonisti dell’opera? La perdizione dei protagonisti nei meandri della loro psiche, nell’accartocciarsi delle loro certezze, nell’ingigantirsi delle loro legittime paure. Il romanzo è glaciale, imperturbabile e ghiacciato come le montagne e il fiume Salzach sapientemente descritti; una continua sinestesia che prova ad addentrarsi nelle pelli dei protagonisti, superficialmente avvezzi a vivere delle esistenze che loro malgrado ribalteranno del tutto quelli che erano dei punti saldi nel proprio vivere, dalle scelte sessuali alla fiducia nelle persone ritenute care. E la morte non sta soltanto nel grottesco (ma inevitabilmente necessario) mestiere svolto dai due protagonisti del libro, ma nei pensieri che vivacemente e drammaticamente corrono veloci e ineffabili dentro le menti di tutti gli altri personaggi, consapevoli di essere vittime di un destino (divino, e vaffanbrodo al laicismo disperato e sbandierato di chiunque) che si prende assolutamente gioco di ogni essere umano, al quale non è riservata né dignità nel dolore, né termine di sofferenza. I parallelismi tra le diverse storie (tutte legate da un medesimo fil rouge, s’intende...) permettono al bravo Brollo di dipingere una tela di dolori, frustrazioni e sentimenti che aumenta la sua intensità pagina dopo pagina, respirando sul collo di Hans, dei due protagonisti, di Luigi e della sua sventurata e pragmatica signora. Di una donna morta in maniera silenziosa, in punta di piedi, per non disturbare il marito.Di un prete che ammette le sue lacune davanti a Dio e ai suoi fedeli, di due scavezzacollo crucchi pronti perfino a svitare i cardini di una tomba per ottenere del danaro. Se ci perdiamo, è danno di tutti. Possiamo forse essere sicuri di trovare rimedio a tutto questo male che è nocivo per noi? Forse. La speranza non è di certo l’ultima a morire, può aiutarci molto prima. Il pietismo, la buona volontà, non sono soltanto robetta per prelati.

Se ti perdi tuo danno è un romanzo forte, che si fa desiderare per circa trenta pagine prima di gettarsi dentro le cornee dei suoi lettori, per poi non abbandonarti più, e che tenta in tutti i modi (e nel mio caso vi è riuscito) di provocarti, di stimolarti e di entrare nella storia per cercare di modificare e salvare tutto ciò che di negativo intravedi. Non riesci a riparare guasti nocivi ai protagonisti, ma il finale, colmo di bontà umana, e freddo come solo una terra vergine e poco disposta ad accogliere l’uomo come quella al confine tra Austria e Germania, è - se non conciliante - disposto a far credere a sé stesso e a noi lettori che sì, forse davanti al dolore aiutarsi è possibile. Certo, bisogna però tener presente quella scritta che, imponente e temeraria, campeggia sulla nostra t-shirt sbiadita. Se ti perdi tuo danno.

Giuseppe Paternò di Raddusa